Focus sulle Società Remiere: la Polisportiva Canottieri Milano
Focus sulle Società Remiere: la Polisportiva Canottieri Milano
ROMA, 24 dicembre 2020 – Torniamo al Nord, in Lombardia, per conoscere la Polisportiva Canottieri Milano del Presidente Paolo Invernizzi. Dalla Darsena all’attuale sede, lungo il Naviglio Grande, dal 1890 la Polisportiva Canottieri Milano ha regalato allo sport italiano titoli olimpici, mondiali e internazionali nelle più diverse discipline: canottaggio, nuoto, tuffi, pallanuoto, basket e tennis. Tutti sport in cui si è particolarmente distinta, ma non gli unici praticati. Una storia ultracentenaria ricca di episodi sportivi e sociali che hanno influenzato lo sport Italiano a livello nazionale e internazionale, ma che hanno anche lasciato importanti impronte nella storia del capoluogo lombardo. Con queste premesse, l’antica società milanese affronta i suoi secondi cento anni di vita con rinnovato vigore e con la volontà di continuare a contribuire attivamente alla diffusione dello sport, senza tralasciare però il suo impegno sociale all’interno della comunità cittadina.
Il 2020, infatti, è l’anno in cui sono stati celebrati i 130 anni di storia dell’idea del fondatore Guido Alessandro Bonnet, Consigliere della “Forza e Coraggio”, di portare a Milano sul Naviglio lo sport del remo. Un’idea che allora sembrava folle e che, invece, si è rivelata vincente: al canottaggio si sono presto aggiunti il nuoto, la pallanuoto, il tennis, il basket (qui ha iniziato Sandro Gamba e con lui altri futuri protagonisti della pallacanestro internazionale e tra i suoi soci annovera Ettore Messina) e in tempi più recenti l’atletica. Ed ha legato la sua storia a quella di Milano, come protagonista di iniziative sportive e non solo. Tra i tanti olimpionici del canottaggio ricordiamo Pietro Annoni, Erminio Dones (Anversa 1920), Mario Moretti, Osvaldo Paroli (Los Angeles 1932), Rino Croce (Montreal 1976) e Donata Minorati (Los Angeles 1984). Insomma, un sodalizio davvero effervescente in tutte le sue attività sportive e sociali.
Dopo questo breve excursus entriamo nel vivo del dialogo col Presidente Paolo Invernizzi, in compagnia del Consigliere Davide Ronchi e del Direttore Sportivo della Sezione Canottaggio Filippo Moscatelli. Al Presidente Invernizzi chiediamo se questi lockdown hanno lasciato strascichi ed ora come sta vivendo questa seconda ondata pandemica: “Non vorrei tediarvi con discorsi già sentiti poiché è evidente che il 2020, caratterizzato principalmente dal susseguirsi di lockdown, è stato una fase della vita dove tutti sono stati colpiti in maniera improvvisa e violenta. La nostra società, oltre ad essere un rinomato circolo di canottaggio, è anche un club privato vissuto da soci di tutte le età, e con diversi interessi, che trascorrono le proprie giornate tra le nostre mura affrontando i propri impegni professionali e familiari oltre che sportivi. Canottieri Milano è un circolo polisportivo che ospita spazi ricreativi finalizzati alla comunione e alla socializzazione e, come potete capire dal semplice significato di queste due parole, gran parte della nostra finalità è andata perduta e l’impatto di questo avvenimento non è da sottovalutare, soprattutto perché si parla di supporto verso i nostri atleti che al momento manca.
Siamo inoltre una società finalizzata all’avviamento sportivo, tramite corsi per bambini e ragazzi per tutti gli sport che pratichiamo. Siamo impegnati anche in corsi per adulti, per cui non mettiamo limite di età. Il lockdown, e i conseguenti decreti che limitano la comunione dei locali sportivi e la vicinanza tra le persone, come è successo per tanti circoli italici, non ci ha permesso di continuare con la programmazione dei corsi come tutti gli anni che, grazie all’enorme richiesta, occupano la nostra palestra fino alle 11 di sera. Non fare corsi si traduce in una perdita, oltre che di ‘scopo sociale’, anche di introiti che sono finalizzati al mantenimento della società e agli investimenti verso le squadre agonistiche. La situazione evidentemente non è delle più rosee e il protrarsi di queste condizioni non farà altro che aggravare i nostri conti, ma confidiamo nel nostro spirito e crediamo non sia il caso di darsi per vinti. L’agonismo sta andando avanti tra incontri on-line, attrezzature portate a casa dagli atleti e le limitate visite alla nostra struttura che, al momento di questa intervista, sono limitate ai tesserati atleti”.
Al Consigliere Davide Ronchi chiediamo, invece, se la pandemia da Covid-19 abbia generato un certo cambiamento nelle nostre abitudini, in genere, e nei canottieri in particolare: “La pandemia ha avuto un impatto su tutti noi in generale, sia che si tratti di canottieri, tennisti, nuotatori o persone comuni. Inizialmente le nostre abitudini sono state cambiate forzatamente, tanto che la risposta della popolazione è stata dura e contrastata. Il passare del tempo e la comprensione la gravità della situazione ha permesso a tutti di accettare sempre di più la necessità di comportarsi diversamente. Ora ci troviamo nella situazione di sentirci a disagio nel semplice guardare una scena di un film in cui le persone girano per strade affollate senza mascherine sul volto e questo non significa altro che ci si abitua inevitabilmente a tutto, l’importante è mantenere la lucidità e sapere come agire e comportarsi. I nostri canottieri sono spiriti liberi, abituati a prendere la barca praticamente in centro a Milano e remare verso fuori allontanandosi dai rumori della città e dal caos, sentendo la temperatura scendere e vedendo il panorama allargarsi sempre di più.
Costringere tra le mura di casa atleti abituati a dedicare metà della loro assunzione calorica quotidiana su una barca, credo sia una condanna inaspettata e fin troppo dura. Io credo inoltre che lo sport, anche durante l’allenamento, sia confronto e sfida e che perdere la possibilità anche solo di far remoergometro fianco a fianco, tirandosi a vicenda, sia una delle più grandi perdite ai fini della crescita degli spiriti e delle qualità fisiologiche. Spero, come tutti, che il momento passi e che ciò a cui ci siamo “abituati” ora possa un giorno essere un capitolo di un libro di storia e che le nostre vite possano tornare a essere ciò che noi abbiamo sempre considerato normale”. Tornando al Presidente Invernizzi chiediamo se la sua società ha ripristinato i progetti iniziali e se li ha sviluppati ulteriormente: “La Canottieri Milano è una realtà secolare che ha sempre avuto come fine ultimo produrre sport di qualità sul territorio milanese. La ‘produzione’ di atleti per noi non è sempre stata una costante, ma più una condizione ciclica che ha alternato alti livelli a momenti di ricostruzione.
A metà 2018 abbiamo deciso, insieme alla dirigenza della sezione Canottaggio, di cambiare in toto la squadra dei tecnici della squadra Ragazzi, Junior e Under 23. Il cambio ha avuto subito un forte impatto sulla qualità del lavoro svolto arrivando a portare, nel giro di un semplice anno, due titoli italiani che mancavano in società da diverso tempo. La squadra tecnica giovanile non ha richiesto invece alcuna modifica poiché è anni che porta ottimi risultati in termini di piazzamento al Festival dei Giovani e in classifica finale. Con il passaggio alla stagione 2019/2020 abbiamo cercato e trovato un nuovo innesto per la squadra tecnica dell’agonismo che ora conta Luca Manzoli come riferimento principale e Piero Sfiligoi come secondo. Purtroppo il lockdown e l’annullamento delle gare hanno colpito duramente la preparazione in barca e la finalizzazione della fase invernale. Ciò ci ha sfortunatamente portato a non riuscire a mantenere il livello in termini di campionati italiani conquistati.
Dico questo perché, principalmente, lo ‘smart-rowing’ da casa ha tagliato le gambe alla categoria Under 23 e a quella Senior che aveva vinto due titoli italiani l’anno precedente e perché tanti giovani al passaggio di categoria non hanno avuto la forza per restare nei ranghi ed hanno abbandonato il nostro sport. La Canottieri Milano vanta anche due grandi atleti giovani tra le nostre fila, Beatrice Giuliani e Jacopo Mascitelli, entrambi già medagliati ai mondiali di categoria (Beatrice 2 volte Campionessa del mondo in quattro con e Jacopo vice Campione del Mondo in quattro di coppia) che quest’anno si sarebbero ritrovati nel secondo e ultimo anno di categoria Junior che purtroppo non hanno potuto praticamente vivere. Se dobbiamo citare un rimpianto, il nostro è principalmente questo, non essere riusciti a sfruttare l’entusiasmo dell’annata precedente per fare ancora di più e non essere riusciti a far sfruttare a Bea e Jacopo il loro secondo anno da Junior dopo essere già stati protagonisti l’annata precedente.
A capo della squadra giovanile, Francesco Fumagalli ha sempre mantenuto ottimi livelli di produzione di talenti e risultati. In questo settore non sentiamo ci sia proprio bisogno di investire per un cambiamento, ma solo per ampliare ancora di più le possibilità. Vorrei chiudere questo paragrafo con una nota di positività a seguito delle notizie scoraggianti di cui vi ho parlato poc’anzi. Il cuore della squadra e di questo ciclo di avventura nello sport del canottaggio è ancora vivo e pulsante. Non abbiamo dubbi che ciò che quest’anno ci siamo persi verrà recuperato nei prossimi mesi, appena le condizioni lo permetteranno, sia in termini di partecipazione che di risultati. Andiamo dunque avanti, per nulla intimoriti e citando il nostro motto ‘Per undas ad metam, navigare necesse est, volenti nil difficile’, nulla è arduo per colui che vuole”.
Filippo Moscatelli, Direttore Sportivo della Sezione canottaggio, ci parla di come la squadra agonistica del canottaggio ha affrontato quest’ultima parte della stagione agonistica: “É stato un anno complesso, fatto di ‘via libera’ e ‘fermi tutti!’ che hanno ciclicamente condizionato preparazione e umori. La stagione è stata a suo modo lunga, forse più mentalmente che praticamente poiché è stato più un anno di attesa che si è poi scatenato ed esaurito in un finale col botto con il molto discusso ‘super campionato’. Devo dire che la squadra, dal momento in cui si è riusciti ad effettuare le prime gare e quindi ad esprimere canottaggio in tutte le sue forme, ha ritrovato una unità e una costanza importante grazie soprattutto all’assiduo lavoro dei tecnici che non hanno mai lasciato soli i ragazzi.
Milano è una città molto popolosa, piena di attrattive e molto precisa e funzionale. Mentre cerchiamo di produrre del canottaggio di alto livello, dobbiamo contrastare il richiamo di altre vite, altri impegni o altri interessi che costantemente minano la continuità dell’allenamento. Quest’anno oltre a questo si è aggiunta la modifica sostanziale delle modalità di didattica che ha occupato i nostri ragazzi oltre quanto ci saremmo aspettati in termini di impegno, stress e nuovi orari. Oltretutto costringere ancora dei ragazzi davanti a uno schermo al fine di condividere con i tecnici il loro allenamento ci è sembrato a volte anche scorretto. Abbiamo dovuto quindi riscrivere le nostre modalità, le nostre richieste e la nostra necessità di attenzione. La mancata sicurezza della partecipazione alle gare ha spesso cancellato quella voglia di competizione che spesso permette all’atleta di essere concentrato al massimo su tutti gli aspetti della propria vita. É stato quindi complesso mantenerli uniti e orientati verso l’obiettivo.
Il rush finale, quello conclusosi con i campionati Italiani, è stato costellato di pessime notizie per i due Junior di cui vi ho parlato prima i quali, già selezionati per la squadra azzurra, hanno visto annullare la partecipazione ai campionati mondiali ed europei. Ai campionati Italiani di pochi giorni dopo, complice anche la riapertura delle scuole in presenza, siamo arrivati con tante assenze a causa delle quarantene preventive. Abbiamo però raggiunto un risultato molto importante che è stata la medaglia d’Argento di Beatrice nella specialità del singolo Junior femminile. Una medaglia che ha dato a tutti un enorme orgoglio e che ci ha aiutato a congedare nella maniera migliore una annata storta per tutti. Presidente Invernizzi, secondo lei come si potrebbero aumentare i tesserati nei vari sodalizi e, conseguentemente, anche nella Federazione? “Dipende tutto ovviamente dallo scopo che una società si prefigge. La nostra società per esempio vive di soci di diversa natura, che sono tesserati per la Federazione Italiana Canottaggio, ma che hanno ovviamente opportunità e potenzialità ben diverse, sia per la loro età sia per gli obiettivi che gli vengono proposti. Per aumentare il numero di soci, siano essi giovani e promettenti o adulti e di esperienza, la pratica base è tenere dei corsi a livelli che possano essere frequentati da neofiti o avanzati.
É evidente poi che se vogliamo costruire per il futuro, dobbiamo rivolgerci principalmente alle fasce di età giovanili che possano crescere praticando il nostro sport e che possano fare una buona carriera agonistica. Questo è ciò che facciamo noi ogni pomeriggio della settimana dalle 14 alle 19. Dall’ora di cena in avanti teniamo invece i corsi per gli adulti che non hanno velleità agonistiche ma che permettono a club complessi come il nostro di reggersi in piedi senza troppi problemi. In tutto avviciniamo al canottaggio circa 450 persone tra bambini, ragazzi e adulti ogni anno. La ricerca del talento invece, può essere svolta direttamente nelle scuole che però qui a Milano è un discorso complesso e pieno di competitors più attraenti. Credo, infine, che una cosa che non va assolutamente ignorata è che, col passare del tempo e con l’avanzamento delle tecnologie e dei metodi comunicativi, l’attenzione e l’interesse delle persone debbano essere ricercate con metodi sempre più scaltri e innovativi. Non si può negare che oggi ci si stanchi molto più velocemente delle cose e che ci si affezioni molto meno a un club e a una pratica sportiva.
Viviamo in un mondo ricco di input che bombardano quotidianamente utilizzatori di smartphone o spettatori televisivi e questo significa che sta cambiando la comunicazione, così come il modo delle persone di definire qualcosa come degno di nota. Purtroppo a malincuore devo dire che offrire a un ragazzo un club in cui passare le sue giornate, mettergli a disposizione dei buoni allenatori e permettergli la migliore esperienza remiera possibile, rischia di non bastare più. La differenza di affezione alla società delle generazioni precedenti e quelle contemporanee è evidente, quindi credo che ci sia il bisogno di modificare le proprie attese da questo punto di vista e di puntare forse a qualcosa di nuovo e più risonante. Credo che l’evoluzione del nostro sport che stiamo vedendo anche in vista di Parigi 2024 sia una strada interessante, a livello nazionale invece dovremmo creare più cultura sportiva, introdurre dei valori più anglosassoni che italiani e cercare di rendere il nostro sport popolare praticandolo dove possa essere più visto”.
Presidente, come vede il futuro del canottaggio nella sua Regione e a livello nazionale? “Il mio club rappresenta Milano, capoluogo della regione Lombardia, per cui ho davvero poco da lamentarmi. Sono convinto del fatto che il Comitato Regionale Lombardo abbia svolto un lavoro egregio negli ultimi 4 anni e che ci troviamo in un bolla di altissimo livello remiero. Guardo con interesse quello che succederà alle prossime elezioni e spero che chiunque andrà a formare il Consiglio possa accorgersi del fatto che avere una posizione conservatrice di questo tempo possa solo farci perdere metri preziosi nei confronti degli altri sport e agli occhi dei tesserati. Bisogna essere progressivi al limite del rivoluzionario, puntare fortissimo su ciò che siamo stati per valere ancora di più in futuro e non temere di perdere dei pezzi”.
Tra le categorie che vanno a formare i tesserati della Federazione, lei ritiene che la categoria master sia in continua crescita e se sì perché? “Il mio pensiero è semplice, più aumentiamo i numeri del nostro sport, meglio è. I Master sono una categoria importante, da valorizzare e figlia della stessa generazione che citavo prima, più affezionata e più resiliente. Sono un ottimo esempio e meritano tutto lo spazio che hanno. Nella nostra Canottieri stiamo cercando di sviluppare la categoria dando dei riferimenti molto simili a quelli dell’agonismo canonico per fare in modo che loro possano sentirsi parte dello stesso gruppo e che possano tirar fuori il meglio da ogni situazione”. Tra gare virtuali e ritorno alla normalità il canottaggio pare essere uscito indenne dall’onda pandemica, anche se ora ci troviamo nel pieno della seconda ondata, ma la sua società è riuscita a mantenere le “vocazioni” remiere e continuare a fare corsi?
“Indenne è una parola poco prudente. Tutti speriamo sia così, ma cosa sarà successo lo capiremo davvero quando saremo ufficialmente fuori dalle ondate pandemiche. Al momento la nostra squadra esiste ancora, è allenata da validi e costanti allenatori ed ha subito poche perdite rispetto a quanto in certi momenti abbiamo temuto. Anche i corsi sono ripartiti molto bene, complice sicuramente la voglia di aria aperta delle persone. Siamo molto orgogliosi dei nostri numeri e speriamo di trovare il modo di ampliarli ancora per inserirci sempre di più nel tessuto sociale. Le gare virtuali a mio parare, dovrebbero restare anche quando la situazione sarà più semplice. Sono occasioni di unione e raccolgono anche più iscritti delle gare normali. Spero però che un giorno si potranno effettuare connettendo le palestre delle Canottieri gremite di remoergometri e non persone chiuse tra le proprie quattro mura di casa.
Presidente, nella sua società viene praticato il pararowing e se sì con quali risultati? “I risultati del Pararowing sono entusiasmanti a prescindere dal colore della medaglia. Noi siamo fieri di riuscire a portare avanti questi atleti che si meritano tutto il nostro impegno. Florinda Trombetta è stata una nostra grande atleta e una conoscenza della Federazione, vista la sua partecipazione a Londra 2012, ed ora il suo ‘successore’, in quanto atleta di punta, è Giulio Guerra che, oltre ad essere un validissimo canottiere, è una persona affascinante. Abbiamo sempre fatto Pararowing e continueremo a farlo. Invito i Presidenti che non hanno ancora pensato di sviluppare questo settore di farlo immediatamente”. Cosa significa oggi, e con le normative attuali, essere il Presidente di un sodalizio sportivo e, nella fattispecie, di una società remiera?
“Un celebre modo di dire recita:
Presidente Invernizzi, ci svela qualche aneddoto storico oltre a quali discipline vengono praticate nel suo sodalizio? “La nostra società nasce nel 1890, 130 anni fa, alla fine dell‘800, anni di fermento e di grande devozione allo sport, come si può intuire dalle tante società sportive nate nell’ultima decade del secolo. Nel 1891 eravamo già attivi come organizzatori di gare e la prima in assoluto è stata ospitata dall’Arena di Milano che, pochi forse lo sanno, veniva allagata al fine di realizzare le naumachie, ossia spettacoli di voga e battaglie navali con barche decisamente più grandi delle nostre. Negli anni sono aumentate di numero le pratiche sportive in Canottieri Milano che ora vanta anche nuoto, pallanuoto, corsa, tennis, basket, tuffi e le immancabili bocce alla milanese in diagonale su quattro campi. Il livello di ogni sport è alto, nazionale e internazionale con diverse eccellenze tra cui vorrei citare Elena Bertocchi, che probabilmente conoscete per i suoi recenti exploit nel mondo dei tuffi”.
Presidente, nel concludere questo lungo dialogo a tre voci, secondo lei quale futuro potrà avere il canottaggio indoor, cioè quello praticato sul remoergometro, oramai sdoganato da questa pandemia? “Il canottaggio indoor è una disciplina che a livello internazionale è già molto praticata e seguita, pensate semplicemente ai ‘Crash B’ di Boston e a quante persone vi partecipano. È inoltre un campo di gara più democratico con infiniti record da battere certificati dal produttore dei remoergometri, per cui è anche molto avvincente. Certo non è così spettacolare da vedere, ma tutto è spettacolarizzabile con il giusto contesto. Io credo sia giusto svilupparlo ancora e dargli lo spazio che merita. Cerchiamo di prendere esempio da ciò che succede fuori dall’Italia e non essere sempre gli ultimi a giungere alle medesime conclusioni e facciamoci portatori di una ricerca in questo campo. Ho notato anche che sono molti gli atleti italiani che praticando l’indoor rowing si cimentano anche nel superare i record esistenti e stabilendone dei nuovi. Insomma, credo che il terreno fertile ci sia eccome!”.