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Giulia Mignemi, l’oro mancato e un coraggio da purosangue. Papà  Antonio: “Sono un privilegiato…”

domenica 21 Giugno 2015

Giulia Mignemi, l’oro mancato e un coraggio da purosangue. Papà  Antonio: “Sono un privilegiato…”

CATANIA, 21 giugno 2015 – I polmoni che bruciano, il fiato ancora corto, il cuore che batte come un martello mentre un turbine d’emozioni si espande. Felicità e rabbia, soddisfazione e rammarico si accavallano e aggrovigliano per poi sciogliersi con l’applauso del pubblico che accompagna la consegna della medaglia d’argento tricolore. Un alloro importantissimo – il primo della sua ancora acerba carriera – che Giulia Mignemi, atleta dell’Aetna, non dimenticherà mai. Perché non è da tutti salire a quindici anni sul podio di un campionato italiano Ragazzi, soprattutto in singolo, specialità che mette davanti allo specchio il carattere di un canottiere. E non regala niente. Perché basta un’inezia, un imprevisto, e “perdi tutto”. Giulia lo sa. Lo ha imparato domenica scorsa a sue spese, quando il giudice ha dato il via alla gara: all’improvviso la deriva s’impiglia nella cima subacquea che tiene ancorato il barchino di partenza e costringe la Mignemi a numerose manovre prima di partire. E’ per questo che domenica, nel suo sguardo, sul podio, c’è rabbia. La stessa provata da papà Antonio, suo allenatore e primo tifoso, oltre che presidente della minuscola società catanese per cui “corre”. E che da un anno a questa parte “esercita” la sua attività 1.500 km più a Nord, in provincia di Varese. Dove oggi Giulia, Antonio e mamma Stefania vivono insieme.

Antonio, l’argento a un campionato italiano è un risultato eccezionale. Ma resta l’amaro in bocca per questo incidente che ha cambiato le attese.
“Purtroppo sì. Il vento teso ha spostato i barchini di partenza durante l’allineamento: la corda si è tesa e ha ostacolato l’avvio di Giulia. Questo incidente l’ha fatta partire con circa venti secondi di svantaggio. Nonostante tutto, con grande carattere, ha saputo recuperare, ma non è riuscita a prendere la Ravoni, che ha vinto”.
Tempi di qualificazioni e finali alla mano, Giulia era nettamente favorita. “Sì. Lo dimostra il fatto che è stata capace di rosicchiare il distacco finendo quasi a ridosso della vincitrice”. Come hai vissuto quei momenti? “Col duplice stato d’animo di allenatore e papà: vederla ferma in partenza mentre le altre erano partite mi ha fatto vivere con ansia la gara. Non sapevo cosa stesse succedendo, se ci fosse un problema fisico o altro. Poi, quando ha finito la gara, mi ha spiegato. Ovviamente non ho nulla da rimproverare a Giulia, che ha fatto una gara all’inseguimento, dimostrando grande coraggio”.

Altri equipaggi hanno avuto lo stesso problema? “Sì, è capitato anche ad altre barche in lizza per il titolo. Uno, per esempio, vedendo il grande ritardo accumulato, si è ritirato”.
Domenica 28 giugno, a Piediluco, ci sarà la selezione per Mondiali e Coupe de la jeunesse. Ci sarete? “Certo, e là tenteremo di dare il massimo per capire quali possibilità ci sono in chiave Mondiali e Coupe. Credo che già le scelte per la squadra nazionale che andrà ai Mondiali siano state fatte, ma non si sa mai”.
Riuscire a vestire la maglia azzurra sarebbe il coronamento di una stagione di alto livello. Quanto ha inciso il vostro trasferimento sul lago di Varese? “Trasferirmi alle soglie dei cinquant’anni in un’altra città insieme alla mia famiglia è stata una scelta difficile, e dovuta al mio lavoro di insegnante, ma, non ti nascondo, anche al canottaggio. Sapevo che qui a Varese Giulia avrebbe avuto le condizioni logistiche migliori per allenarsi: mi riferisco al lago. Poter uscire in barca in condizioni ottimali, con corsie delineate e un campo di allenamento quasi sempre perfetto ti permette di affinare la tecnica e lavorare in modo completamente diverso rispetto al porto di Catania, dove il moto ondoso è diventato insopportabile. E’ così che Giulia ha fatto il salto di qualità”.
Vesti i panni di papà e allenatore. Un compito difficile… “Certo, non è semplice. Molti mi dicevano che avrei dovuto far seguire mia figlia da un altro allenatore. Invece sta funzionando. E’ chiaro che cerco di capire le sue esigenze, com’è necessario fare con ogni atleta, ma in certi momenti devo fare l’allenatore, non il papà. Devo dire che considero un grande privilegio poter passare così tanto tempo con mia figlia, almeno finché lei avrà voglia di fare canottaggio”.

Stefano Lo Cicero Vaina
Ufficio Stampa FIC Sicilia