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La Sardegna al Festival dei Giovani: parlano i rappresentanti

sabato 2 Luglio 2011

La Sardegna al Festival dei Giovani: parlano i rappresentanti

RAVENNA, 02 luglio 2011 Intervista multipla ai responsabili delle quattro società presenti a questo Festival dei Giovani. Parliamo con Lorenzo Zucca, della Canottieri Ichnusa di Cagliari, Nino Ruggiu, della Sannio Bosa, Maria Stefania Campesi, della Tula Elettra, e Eric Bullegas, della Terramaini.

Per cominciare parliamo un po’ del canottaggio in Sardegna. Numeri, società, gare.
LZ:
“Il canottaggio non è molto diffuso in Sardegna e spesso arrivano allo sport del remo ragazzi delusi da altre attività. Io personalmente cerco di far leva su queste delusioni, facendo capire ai ragazzi che il canottaggio è uno sport diverso. Costa molto sacrificio, ma dà grande soddisfazioni. Ci sono società sarde che hanno un numero di atleti abbastanza grande, come la Canottieri Sannio Bosa e la Canottieri Tula Elettra, e a questa manifestazione siamo venuti con loro. Con grande sacrificio personale, ognuno di noi ha portato il suo contributo al canottaggio sardo”.
EB: “Per quanto riguarda la realtà sarda in generale sono molto critico, forse il più critico. Non esiste il Comitato Regionale FIC per la Sardegna. Ci vogliono otto società per fondare un comitato e la nostra ottava si è appena affiliata, la Canottieri Olbia. Aspettiamo che faccia venti punti. Per quanto riguarda l’attività regionale, abbiamo problemi con i ragazzi poco stimolati dallo sport, tutto questo va ovviamente al di fuori del contesto sardo”.

La realtà sarda è un po’ lontana dalle scene nazionali. Le motivazioni e, soprattutto, le possibili soluzioni quali sono?
LZ:
“L’isolamento per noi è abbastanza pesante, fare una trasferta è abbastanza dura. Come tutti sappiamo, il canottaggio costa e per noi costa ancora di più. Abbiamo fatto un unico carrello e lo abbiamo imbarcato da Olbia verso Livorno, per poi portarlo fino a Ravenna. Un viaggio non semplice e, soprattutto, non breve”.
NR: “Inoltre abbiamo poche risorse per viaggiare. Il comitato ci dà una mano. Ma qualcosa si sta muovendo, stiamo crescendo di numero e la gente è sempre più interessata al nostro sport”.
LZ: Ogni tanto ci arrivano dei finanziamenti da enti pubblici, ma non sempre, anzi quasi mai, bastano. Dobbiamo spesso chiedere aiuto ad altro società italiane. La collaborazione con altre società, nel nostro caso specifico l’Argus di Genova, è importantissima per noi. Riusciamo ad uscire dalla nostra realtà in questo modo. Il rapporto di amicizia del canottaggio è unico. Spesso, per poter fare le gare, chiedo in prestito le barche, in modo da non doverle portare da casa. È questo che cerco di trasmettere ai miei ragazzi ogni giorno, l’amicizia. Non conosco bene altre realtà sportive, ma i rapporti che si creano sul campo di canottaggio sono unici”.
EB: La distanza è uno dei problemi principali. I costi di trasporto sono alti e difficilmente riusciamo ad assicurare una costante affluenza. Abbiamo bisogno di più aiuti per decollare. Ti faccio un esempio, per fare il corso di allenatore di secondo livello un ragazzo deve spendere tra viaggio, vitto e alloggio circa tremila euro. Per risolvere il problema, si potrebbero, a mio avviso, affidare ad allenatori locali i corsi di secondo livello, in modo da non doversi spostare”.


Uno dei problemi principali è quindi il trasporto delle attrezzature e il costo delle trasferte, come avevamo immaginato. Per quanto riguarda gli atleti, come vivono la loro realtà?
NR:
A livello competitivo il nostro problema principale è che non avendo possibilità di confronto con gli altri, spesso si trovano a competere con atleti che non hanno mai visto prima. Sono abituati alle regionali a gareggiare sempre con le stesse persone e quando si affacciano sul panorama nazionale, non sempre è facile”.
LZ:
Nonostante la nostra società sia tra le venti centenarie d’Italia, abbiamo sempre avuto numerose difficoltà proprio per la mancanza di confronto. Piano piano con ragazzi volenterosi e determinati, come Salua Jammoul, stiamo cercando di uscire da questo isolamento. Salua quest’anno sta tenendo alto il suo ed il nostro valore, nonostante alcuni problemi durante l’anno, e spero continui a farlo”.

Entriamo ora nello specifico delle singole esperienze. Analizziamo le singole realtà societarie e cerchiamo un eventuale confronto.
MSC:
Il nostro è un circolo che conta poche persone al di fuori degli atleti. Con difficoltà tesseriamo persone che non siano genitori o tecnici. Ci autofinanziamo e ogni tanto arrivano contributi dagli enti pubblici. Quest’anno l’Enel, la cui sede è sulle rive del lago del Coghinas, ci sta costruendo un ricovero per le barche. Fino ad oggi le nostre attrezzature sono state esposte alle intemperie del meteo. Le speranze per il futuro sono di avere più possibilità per concentrarsi su atleti e attrezzature.
Ragazzi grandi non ne abbiamo tanti. Siamo un paese molto piccolo e già alle superiori i ragazzi devono spostarsi al di fuori del nostro centro. Non parliamo dell’università, vanno via tutti. Mi piacerebbe tanto allenare una squadra master”.
NR: “Per quanto riguarda gli sponsor e le possibilità di collaborazione, noi andiamo avanti con autofinanziamenti, le quote degli atleti e dei soci. Poi arrivano contributi pubblici e infine qualcosa la stiamo ottenendo anche grazie a privati”.
LZ: “Ovviamente nessuno di noi è un allenatore professionista,cioè che può dedicarsi tutto il giorno allo sport. A volte servirebbe una figura più professionale. Il lavoro ci da la pagnotta, il canottaggio ci da il piacere dello sport. Anche noi risentiamo dell’abbandono del canottaggio nelle categorie superiori, in quanto gli impegni, scolastici e sportivi, spesso si scontrano”.
EB: In città come Cagliari con quattro società remiere, il discorso è diverso. Non c’è solo il canottaggio, inoltre in città non ci si muove con la stessa facilità con cui ci si muove in paese. Noi ci alleniamo in un canale che è stato bonificato, ma è comunque un vecchio scarico di fogna. Stiamo lavorando con una ventina di ragazzi, ma non nascondo che è dura, molto dura”.

In un piccolo paese come Tula, come nasce la Canottieri Tula Elettra?
MSC:
La nostra esperienza è nata per caso. Non ho mai fatto canottaggio, nè visto, nè amato, prima di entrarci in contatto qualche anno fa con dei corsi organizzati dal comune ad Olbia, in collaborazione con la Canottieri Olbia. Mi misero in contatto con il responsabile ed iniziò una collaborazione interessante. Ci diede due barche e io e mia cugina abbiamo iniziato l’attività. Ormai sono vent’anni e siamo ancora qui”.

Ed il progetto Remare a Scuola, che sta prendendo piede in tutta la penisola, regala nuove leve anche alle vostre squadre? O state pensando a qualcosa di alternativo?
NR:
Noi iniziamo quest’anno il progetto Remare a Scuola alle superiori di Bosa. È il primo anno che proviamo a proporre un’attività del genere. Speriamo bene”.
MSC: “Quest’anno abbiamo molti bambini che arrivano dal progetto Remare a Scuola che abbiamo avviato nella scuola del nostro paese, purtroppo non siamo riusciti, con grande dispiacere, a partecipare all’evento nazionale conclusivo del progetto. Ci siamo rimasti tutti molto male, avevamo preparato ben quattro equipaggi, ma purtroppo per i soliti motivi economici non siamo riusciti a partire”.
EB: Stiamo facendo dei progetti di propaganda, ma sono sempre proporzionati alle nostre possibilità. Poi tra i nostri circoli ci sono numerose differenze, operiamo in contesti molto diversi. Sia Stefania sia Nino lavorano in piccoli paesi che offrono una rosa di sport molto ridotta e quindi inevitabilmente hanno squadre molto più numerose. Anche io ho lavorato in un contesto simile, a Sant’Antio, e ho avuto anche novanta ragazzini. Era molto facile portare avanti il reclutamento”.

 
Nelle foto: Maria Stefania Campesi con i suoi atleti della Tula Elettra; Gli atleti della Terramaini con l’allenatore Eric Bullegas; Saula Jammoul (Ichnusa) con Flaminia Petri (Tevere Remo)