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Francesco Fossi, La ricetta per le Olimpiadi sarà più dura

sabato 7 Maggio 2011

Francesco Fossi, La ricetta per le Olimpiadi sarà più dura

PIEDILUCO, 07 maggio 2011 – Francesco Fossi lo ammette, vive il canottaggio “come una malattia”. Una splendida malattia, raccontata anche nelle vesti di cuoco insieme a Niccolò Mornati ad Antonella Clerici. La stessa che lo ha portato ad essere uno degli atleti migliori della Nazionale e punto fermo del quattro senza “pesante” campione del mondo under 23 nel 2010 e sesto, qualche mese dopo, ai campionati iridati di Karapiro.

Partiamo dalla tua malattia… Ce ne vuoi parlare?
“Lo ammetto, è così. Altrimenti non ci si spiega tante cose, a partire dal periodo in cui studiavo: mi alzavo alle sei meno un quarto per l’allenamento, poi andavo a scuola, facevo i compiti e trovavo pure il tempo per uscire. Tutti chiedono come si fa a sostenere questa vita… perché in realtà, chi non fa canottaggio non può capire. Allenarsi dà un’energia maggiore: i ragazzi normali, magari dopo la scuola sono distrutti, invece noi dobbiamo trovare la forza per fare tutto il resto”.

E tu l’hai sempre trovata…
“Certo! Per esempio, nelle uscite con gli amici c’erano delle volte in cui il sabato sera uscivo e, magari, tornavo prima perché l’indomani avevo l’allenamento. Ma in alcuni casi ho pure fatto delle notti “no stop” fino alla mattina, pronto per iniziare l’allenamento, senza un’ora di sonno alle spalle”.

Riuscivi a fare l’allenamento?
“Sì, anzi… Quando diversifichi e non ti fossilizzi, fai bene al canottaggio perché stacchi mentalmente. Se ti chiudi al circolo, pensando di migliorare, è finita. Anche se, certo, la ricetta per fare bene, per vincere non ce l’ha nessuno”.

Beh, diciamo che, recentemente, a La prova del cuoco, su Raiuno, qualche ricetta l’hai trovata…
“Sì, per battere un altro cuoco è stata trovata, ma per vincere le Olimpiadi è un po’ più dura”.

Ecco, nell’ottica mondiale e olimpica, come va questo quattro senza?
“Al Memorial abbiamo fatto una buona prova, anche se la Serbia ci ha battuti. Ma loro sono più avanti nella preparazione. Sicuramente, siamo ottimisti grazie al nostro affiatamento e al modo in cui abbiamo programmato gli allenamenti in vista dei mondiali”.

Quanto conta l’affiatamento nel canottaggio?
“E’ fondamentale perché oltre alla forza e alla tecnica, in questo sport è necessario avere persone su cui riporre la massima fiducia. E questo è molto bello anche sul piano personale. Noi, tra l’altro, ci conosciamo sin da junior, quando gareggiavamo contro. Poi da under 23 ci hanno messi insieme e là è nato il progetto del quattro senza. Adesso, è bello anche sfidarci a vicenda perché così ci alleniamo di più e diventiamo più forti: e quando saliamo sul quattro senza, la barca va meglio”

Che cosa vi manca per fare un ulteriore salto di qualità?
“Dobbiamo fare qualche passo avanti tecnico e un po’ di pazienza, aspettando che l’allenamento dia i suoi frutti”.

Rispetto ai vostri diretti avversari in campo mondiale siete più giovani?
“Sì, anche se in questo momento c’è un buon ricambio generazionale. Gli equipaggi più forti, però, restano quelli più rodati nel tempo, che già hanno vinto medaglie olimpiche”.

Torniamo alla tv. Ultimamente, diversi atleti della Nazionale, te compreso, sono apparsi sul piccolo schermo. Finalmente si esce dai campi di regata…
“Speriamo che sia un buon modo per far conoscere il canottaggio. Ogni spazio che la Federazione ci trova è un buon modo per pubblicizzare il movimento: perché è questo l’obiettivo, non certo fare televisione”.

E’ anche un modo per avere più tifosi. A proposito, quali sono i tuoi più grandi sostenitori?
“Direi i miei genitori e, sicuramente, i miei compagni di barca… In questi ultimi anni, comunque, ci sentiamo supportati da tutti, anche perché il mondo del canottaggio è piccolo e quindi trovo tante persone pronte a sostenermi, tra allenatori e atleti”.

Oltre al canottaggio, cosa c’è nella vita di Francesco Fossi?
“Mi piace andare in bici e leggere: durante i raduni, c’è tanto tempo libero che sfrutto sui libri. Vorrei anche fare un’esperienza all’estero, ma sicuramente mi piacerebbe tornare poi a Firenze per vivere”.


Stefano Lo Cicero Vaina