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Istanbul non è Pinarella

giovedì 21 Ottobre 2010

Istanbul non è Pinarella

Istanbul non è Pinarella

ISTANBUL, 21 ottobre 2010 – Che cosa ci vuole per andare a Istanbul?  Beh…un biglietto aereo, un albergo prenotato, e le idee chiare di dove si sta andando.

Eh si, perchè non stiamo andando a Pinarella di Cervia, ma in una delle capitali più popolose al mondo, con una storia ed una cultura millenarie. Una metropoli di 16 milioni di abitanti con razze e religioni diverse, con tutti i problemi che questo comporta. E qui mi fermo.
Aereo affollatissimo da Roma con uomini d’affari, ma soprattutto tanti turisti italiani che hanno scelto come meta la Turchia.

La prima visione davvero impressionante è la vista di Istanbul dall’alto, la vastità di una città in parte europea ed in parte asiatica, con una parte per così dire antica ed una modernissima.

Mi accoglie una temperatura ben diversa (oltre 20°) da quella lasciata a casa (7°), ed una fila chilometrica per il controllo dei passaporti.

Dimenticavo un aspetto interessante dei documenti per l’espatrio: la carta di identità elettronica con l’estensione cartacea della sua validità, non è accettata in tutti gli Stati. Carino il fatto che te lo vengano a dire al controllo documenti a Roma, con centinaia di persone che rumoreggiano alle tue spalle mentre l’agente di pubblica sicurezza si assenta per chiedere informazioni. Ok, si può passare, ma a mio rischio e pericolo, dice lei. Questo significa, che una volta messo piede sul suolo turco, potrebbero anche rimandarmi indietro…Proseguiamo.

Passato il controllo turco è la volta del recupero bagagli che avviene senza ulteriori traumi. Una breve sosta al bancomat per prelevare valuta locale, e poi fuori…all’avventura…con sole due indicazioni: Byotell e World Rowing Championship: tanto conosciuta la prima, come altrettanto sconosciuta la seconda.

A Istanbul non è necessario cercare un taxi.

Sì, perchè già da prima che tu esca dall’aeroporto, al tuo passare te lo chiedono…”Taxi?…” Faccio finta di niente e vado dritto sparato al parcheggio dei taxi. Mi hanno detto che si deve contrattare sul prezzo…e sul prezzo contatterò!!

“Taxi?”

“Byotell…how much?”

E giù una cifra che mi sembra un po’ altina…

“Nooo…too much…”

E il tassista…(ve la faccio in italiano… perchè in inglese non voglio fare una figuraccia…ma giuro che parlavo inglese, non a gesti, in italiano, o scandendo le sillabe…) “E mo’ ti mando chi parla meglio di me…”

Si avvicina un signore distintissimo, che in inglese “forbito” mi spiega che il Byotell si trova nella parte asiatica, mentre l’aeroporto di Ataturk in quella europea, che sono quasi una 50ina di km di distanza e che il prezzo era ragionevole…

Contratta…Contratta…Accetta…Accetta.

Accetto e salgo.

Traffico pazzesco, nel quale il tassista si destreggia con una mano sola (ad oltre 100 km/h) perchè l’altra impegnata con il cellulare. Clacson, sorpassi, mentre sulla superstrada, alle volte anche in centro della carreggiata, improvvisati ambulanti vendono ciambelle, acqua, frutta…

Si alternano case di vecchia fattura a recenti grattacieli, mentre i minareti hanno la stessa frequenza che da noi hanno le coop. Passiamo il ponte sul Bosforo, e ci addentriamo nella parte asiatica, a questo punto augurandomi che manchi davvero poco. L’uomo sembra sicuro di sé e si addentra, sorpassa, suona, impreca, fino a quando, giungiamo al Byotell. Scendo, e finalmente vado ad impossessarmi di quella che sarà la mia dimora turca per 4 notti.

E se pensavate che la giornata fosse finita, vi sbagliate di grosso, perchè preso possesso della stanza, non rimaneva che scendere al campo di gara.

Taxi.

Chiedo alla reception dell’albergo: “World? Rowing? Coastal? Championship?”

Mai sentito nominare neppure lontanamente, e sì che l’albergo si trova a 5/6 km dal campo di gara.

“Shuttle? Bus?…non…no…Taxi…”

Lancio due sms a chi è già sul posto, e da uno dei due ricevo la risposta. “Non sono sicuro, ma credo di tratti di Caddebostan Irmak Okuly, prova e fammi sapere. Buona fortuna.” concludeva il messaggio. Accidenti: e io che sulla carta invece avevo trovato Ragip Pasa Korusu…tutto altro!

Taxi. L’auto gialla si avvicina all’uscita dell’albergo. Stavolta, dopo aver consultato il sito turco del mondiale, mi sono segnato le indicazioni da dare al tassista: Caddebostan, Irmak, Okuly, che giuro non sono tre parolacce in turco.

L’uomo sembra sapere dove andare. Ci rituffiamo nel traffico caotico del pomeriggio, e dopo una mezz’oretta l’autista mi fa capire (eh…ma questo sa l’inglese peggio di me…!) che causa i traffico ha dovuto fare un percorso più lungo ma più scorrevole…

Arrivati nei pressi del campo di gara, e lui non sapendo verso dove andare, cerco di aiutarlo…con in successione: rowing, ship, race, see, accompagnando con ampi gesti a fingere la remata.

“Ah…!” la classica lampadina si accende nella mente del tassista che per confermare di aver capito, mi disegna sul suo taccuino…una barca a vela!

No…ma per fortuna eravamo nei paraggi, infilato un vialetto, ne uscivano persone con i cartellini dell’accreditamento…Finalmente! Fatta! Un gentil giovane mi apre la portiera del taxi e mi indica dove fare l’accreditamento.

Incontro per strada un arbitro croato, che mi indica verso dove andare.

All’accreditamento, più affollato il bancone dalla parte di chi accredita che di chi deve farsi accreditare, e la cosa è presto spiegata:

“Hi! I’m Italian Journalist!” faccio io…aspettandomi di contro la richiesta di un documento, il rito della foto da sistemare sul tesserino, ecc. Invece, da una scatola il responsabile estrae un cartoncino con la scritta PRESS, un altro mi dà un cordoncino, e l’accreditamento è bell’e fatto.

Ok, dai…meglio così…bando alla burocrazia!!

Prendo la strada che porta alla spiaggia, e qui mi fermo, perchè vi racconterò in un altro pezzo quello che ho visto “a mare”.

Per rientrare al Byotell invece, non mi restava che aspettare un taxi che mi riportasse indietro. Per fortuna, ce n’era uno rimasto disoccupato che faceva al caso mio. Auto più moderna delle altre, una Fiat ma un modello sconosciuto. L’uomo partito a razzo si tuffava nel traffico dell’ora di punta, con l’unico difetto che a Istanbul è sempre ora di punta. Strombazza a destra, supera a sinistra, stavolta sembrava andasse meglio. Poi di nuovo le code chilometriche, altri venditori che offrivano la merce. Ad un angolo, il taxi si ferma e l’autista appella l’uomo delle ciambelle posizionato con il suo carretto in posizione strategica, ne ordina due, poi rivolto a me me ne offre una…servizio proprio completo…ma rifiuto…per educazione (si dice così no?) Eccome me la sarei mangiata una volta che nell’abitacolo si spargeva la fragranza “ciambellosa”. Ok dai…di nuovo nel marasma più totale.

Dimenticavo. Ad Istanbul non esistono i sensi unici. Tutte le vie, anche quelle più strette, sono percorse in entrambi i sensi di marcia. Ad un incrocio l’ultima scenetta della giornata. Quadrivio: fila in senso opposto al nostro, vie, tutte e quattro impegnate, ad un certo punto, una donna al volante di un SUV, non lascia passare il nostro taxi che voleva svoltare a sinistra, con conseguente imprecazione del tassista, ma dal camion, che veniva dalla strada che noi volevamo imboccare, scendeva un energumeno che minaccioso si avvicinava al fuoristrada della donzella, apriva la portiera e…se la donna prontamente non la richiudeva non so come sarebbe andata a finire.

Il Byotell era lì a due passi, per fortuna era l’ultimo tragitto della giornata, perchè il prossimo…lo farò a piedi, perchè Istanbul…non è Pinarella!