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Comunicato Stampa

venerdì 26 Settembre 2008

Comunicato Stampa

TEMPO DA YOLE

TRIESTE, 26 settembre 2008 – Non ho idea in che anno fecero la loro prima apparizione.
Se iniziarono prima i canoè o prima le yole.
Se nacquero prima quelle a 2, a 4, od a 8 vogatori.
Fatto sta che furono le barche che per prime mi accolsero alla mia entrata in una società di canottaggio, la Ginnastica Triestina, 37 anni fa.
Lo spettacolo che si presentava agli occhi del neofita è ben diverso da quello che si presenta oggi a chi per la prima volta varca la soglia di un club remiero.
Legno. Legno scuro, un po’ più chiaro. Marroncino. Legno.
Pesanti da portare in acqua le imbarcazioni più vecchiotte, ma profumate, accoglienti, vive.
La mia prima uscita in Sacchetta la feci proprio con un canoè: l’Adda.
Appena imbarcato, acqua dappertutto: di fianco, davanti, dietro, ed un po’ anche sul fondo della barca. Ma galleggiava! Ed io con  lei.
A questa prima uscita ne seguirono tante tante altre, con barche dal singolo all’otto sempre in legno.
L’anno successivo al quale smisi di remare, fecero capolino le prime barche in fibra.
Delle barche di allora, si portava rispetto.
O forse era chi mi istruiva, mio padre, che voleva avessimo rispetto per queste barche, perché ognuna di queste, dalla più vecchia all’ultima acquistata (e allora non se ne compravano tanto spesso), avevano la loro storia, o la storia di chi le aveva usate.
Ricordo che il canoè più ambito era il Po: una barca che se ne stava per buona parte dell’anno sull’ultimo piano nella sala barche, e veniva usata solo in occasione dei Campionati del Mare, ma la usava soprattutto, l’atleta con possibilità di vittoria.
Io la usai una volta al primo anno junior.
Vinse Moreno Guiggi di Varese il Campionato a Ravenna.
Al ritorno mio padre chiese: “E perché non hai vinto?”
“Forse son partito troppo lento… soli 1000 metri…”
“Potevi partir più forte…” Si girò sui tacchi e mi lasciò senza parole.
Avevo usato il Po, ma non avevo vinto…
 Un’altra barca mitica era la yole a 2 Garda.
“E’ come vogare in 2 senza…” diceva il mio genitore.
Con questa preparava i suoi 2 senza alla Ginnastica.
E chi all’epoca ha camminato veramente, se le ricorda bene, quelle interminabili uscite col Garda.
“Mare da yole” si diceva quando il vento di bora non consentiva le uscite in tipo libero, mentre i mastri d’ascia, spesso anche custodi delle società di canottaggio, si davano da fare per costruire “in casa” i canoè e le yole, complete di remi.
Paolo Gorza e Valerio Filiput alla Ginnastica Triestina, Aldo Bresich alla Canottieri Trieste, furono i più prolifici costruttori di imbarcazioni in tipo regolamentare a Trieste.
Bresich addirittura, costruiva anche i beccaccini (classe Snipe) con i quali il figlio Giorgio vinse il mondiale di classe.
Storie fantastiche di barche e di uomini sulle barche.
Ora il tecnicismo assoluto ha preso il sopravvento anche nel canottaggio. Ed è un fatto normale, ineluttabile, anche se a chi come me fa parte di una famiglia che rema da tre generazioni, rimane un po’ la nostalgia per quegli splendidi capolavori che uscivano dai Cantieri del Conte Gaddo della Gherardesca a Donoratico, dal Salani a Limite sull’Arno, poi da Filippi sempre a Donoratico.
E guarda con invidia, mista ad ammirazione l’ultima yole costruita in Italia (ma forse al mondo), quel gioiello di una yole ad otto vogatori in legno prodotta dal Cantiere Salani, e consegnata tre anni orsono alla Società Canottieri Nettuno di Trieste.
“E’ vero,” racconta Leonardo Salani, “è stata l’ultima yole in legno costruita dal mio Cantiere, ma penso anche l’ultima in assoluto costruita in Italia.” Peccato…

(Cliccare sulle immagini per ingrandirle)


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