Comunicato Stampa
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ROMA, 31 agosto 2008 – Se dovessi pensare a quando ho incontrato Claudio per la prima volta, beh, credo di dover andare a ritroso ed arrivare al 1973 (urca…35 anni fa…!), ultimo anno juniores io, penultimo lui, ad una selezione per i mondiali juniores dove non ci qualificammo nel 2 senza né io, che dopo essermi piazzato 2° nel doppio ai Campionati Italiani, tentai maggior fortuna nel 2 senza, né lui (remava in coppia con un tale Vitaloni), che dopo l’argento agli Italiani, tentò, sul lago di Monate le selezioni. Morale della favola, ci trovammo entrambi, assieme ad altri 8 capovoga degli armi 2° classificati, a far parte del club del Remo Tricolore: una bella iniziativa della Federcanottaggio. In che cosa consisteva? I facenti parte del club, a spese federali venivano spediti nella località dove si svolgeva il mondiale under 18, a seguire le gare, incitare i coetanei della squadra, ad imparare e soprattutto a toccare con mano il canottaggio mondiale. Un impulso, un incitamento, a cercare di allenarsi meglio e di più per far parte l’anno successivo della squadra azzurra in qualità di titolari. Devo dire che la cosa almeno con me funzionò, e con lui, con Claudio, intendo…credo anche. Quell’anno i mondiali si disputarono a Nottingham, alla quarta edizione ufficiale dei Campionati juniores. Il gruppo del Club del Remo Tricolore fu accompagnato in Gran Bretagna dall’allora consigliere federale Luciano Michelazzi, con il quale trascorremmo la settimana dell’impegno iridato. Tuta celeste con bande tricolori e collanina con un ciondolo a forma di remo rigorosamente tricolore, fummo alloggiati presso il College di Nottingham, nella palestra con sacco a pelo e materassino, entusiasti di quello che ci attendeva. Al mattino Luciano ci portava in uno dei tanti ritrovi vicini al College per la colazione, e mia prima esperienza con le uova ed il bacon delle quali eravamo tutti ghiotti. Poi via verso il campo. Attestati sull’erba incitavamo tutti gli equipaggi della nostra nazionale, e senza accorgerci, un po’ alla volta perdevamo la voce… Pranzo nei capannoni predisposti dall’organizzazione sul campo di gara. Le tortine con dentro la carne il pasto principale. Alla sera…non ricordo dove cenavamo…forse nella mensa del College. Era uno dei primi anni di “Azzurri – Italia!!” di Beppe de Capua allora Maestro di Sport che in qualità di accompagnatore faceva in modo, con l’urlo all’unisono dell’intera squadra, di far crollare i muri del collegio britannico. Nelle immediate vicinanze del College c’era la sede del canottaggio, ed ho ricordo di una sera, forse l’ultima, sabato o domenica sera con una festa da ballo pazzesca, gran confusione, e ballo sfrenato sul palco…sì…anche noi…razza di esibizionisti… L’ultima sera, un inconveniente: dovevamo lasciare libera la palestra del College e trovare altra sistemazione per la notte. Ci sistemarono (a noi dieci), in camera assieme ai componenti della nazionale. A me toccò dormire con Marco Marconcini, uno dei tre equipaggi finalisti (l’anno successivo a Ratzeburg vinse il mondiale), un onore…!! Marco fu gentilissimo ed io mi sentii onorato di dividere la camera con lui… Al rientro, io come molti altri, imparai l’alfabeto gestuale, perché dalla mia bocca, non usciva più alcun suono…dopo tanti Italia!! Italia!! lanciati senza badare a spese sul bacino di Nottingham. Da quella volta io e Claudio Romagnoli un po’ ci perdemmo di vista, io a Torino, poi Trieste, poi a Roma, lui a Cremona, per poi ritrovarci da allenatori: di squadre nazionali diverse, poi lui con gli juniores, io con la mia società. A Belgrado, ai mondiali universitari, questa settimana, ancora una trasferta assieme: lui come tecnico responsabile della nazionale italiana assieme a Paolo Di Nardo, io come giornalista, con il rispetto immutato di …35 anni fa. Maurizio Ustolin |
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