Comunicato Stampa
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![]() La federazione aveva organizzato un viaggio premio per noi, neo ragazzini campioni, onde consentirci di assistere ai campionati mondiali assoluti, con lo scopo di farci innamorare sempre più del nostro meraviglioso sport. Cavolo se ci sono riusciti! Non posso descrivere quale fosse l’emozione di viaggiare insieme con i nostri eroi azzurri: il quattro senza di De Piccoli, il grande singolista Umberto Ragazzi (come non dimenticare le interminabili sfide con l’amico avversario Marco Marconcini campione del mondo juniores), il gigantesco Rossetto nuovo prodiero del due con. Ci sentivamo un po’ come loro, al loro fianco mi sentivo anch’io campione, camminavo levitando nell’aria a trenta centimetri da terra. L’emozione diventò frenesia quando nel gruppo degli atleti scorsi lui, il mito, l’uomo che era stato capace di salire sul tetto del mondo, il campione olimpico Primo Baran che si accingeva ad affrontare l’ennesima competizione mondiale, penso l’ultima, della sua incredibile carriera sportiva. Lui non sapeva neanche che io esistessi ma io quella emozione, l’ho portata dentro di me per tutta la vita e la custodisco gelosamente. Quell’emozione, insieme con il sudore, la fatica, i calli sulle mani, le sconfitte, le lacrime, le vittorie, mi ha consentito di diventare uomo pur restando ragazzo. Sono trascorsi trentatre anni da allora io sono ancora qui tra tanti meravigliosi amici canottieri che, pazzi come me, amano ancora sfidarsi sui campi di regata ed anche tu, maestro, sei qui tra di noi a dispensare consigli tecnici e soprattutto sorrisi e cordialità, esattamente come allora. Ancora non sai che io esista, ma io sabato mattina rivedendoti ho provato la stessa emozione di tanti anni fa, e sento il dovere di ringraziarti per tutto quello che tu, con l’esempio, hai saputo dare a noi canottieri, ragazzini di tutte le età. Gennaro Fortunato Nella foto: Primo Baran |
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