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Comunicato Stampa

giovedì 19 Giugno 2008

Comunicato Stampa

Il comitato olimpico Usa voleva tenerlo a casa «per il suo bene»
Kendall come Pistorius, disabile mentale lotta per partecipare alle Paralimpiadi
L’America si commuove per la partecipazione di un 19enne alle Paralympics di Pechino

di Ennio Caretto

WASHINGTON (Usa), 19 giugno 2008 – Una storia commuove l’America. Ne è protagonista un disabile di 19 anni, potenzialmente il campione di nuoto a farfalla alle speciali Olimpiadi di Pechino a settembre. Si chiama Kendall Bailey, è alto due metri circa, e soffre di gravi malattie non solo fisiche ma anche mentali, tra cui l’autismo. Kendall è scheletrico e ha le capacità intellettuali di un bambino dell’asilo, ma in acqua trova una forza incredibile e recupera la propria umanità.

LA BATTAGLIA DELLA MADRE – La madre adottiva, Connie Shaw, racconta che il figlio ha dedicato la vita alla realizzazione del suo sogno: partecipare alle Paralympics, le Olimpiadi per paraplegici. Ma è sorto un ostacolo inatteso: il Comitato olimpico americano ha cercato di impedirglielo. «Nell’interesse psichico del ragazzo» ad aprile ha chiesto al Comitato olimpico internazionale di escludere Kendall dai giochi. Si è innescato così un acceso dibattito sulle menomazioni mentali: a differenza di quelle fisiche, possono impedire a un atleta disabile di partecipare ai Giochi? Fortunatamente per Kendall, la risposta del Comitato olimpico internazionale, giunta i giorni scorsi, è stata un netto «no», non nel suo caso: le menomazioni mentali del giovane, ha ribattuto, non sono tali da renderlo un pericolo per se o gli altri.

«ORA PREGO CHE VINCA» – Il Comitato olimpico americano non si è arreso, afferma di temere che una volta a Pechino venga impedito a Kendall di nuotare, e che ciò inneschi in lui una crisi irreversibile, fisica e psicologica. Ma per Connie Shaw, che aveva mobilitato il mondo dello sport americano, è stata una grande vittoria, almeno al momento. «Grazie a Dio – ha detto al New York Times – mio figlio non si è reso conto di nulla, non ha mai capito che rischiava l’esclusione dai giochi. Il suo sogno è rimasto intatto. Prego che vinca una medaglia».

CERBIATTO E DELFINO – In un articolo su Kendall, il New York Times lo descrive come un incrocio tra un cerbiatto e un delfino, disarticolato quando cammina – può fare solo percorsi brevi – ma perfettamente a suo agio in acqua un elemento che lo sorregge dall’infanzia. Parla a fatica, non riesce a concentrarsi che per qualche secondo, se è in preda all’ira o alla paura scala alberi e tetti, dove rimane per ore. Ma nel corso degli anni, ha vinto molte medaglie di nuoto, che porta anche a letto, la cui coperta è una bandiera a stelle e strisce. E ripete a tutti che andrà a Pechino, mostrando la maglia «Team Usa».

UNA GRANDE FAMIGLIA – «Se avessi perso la battaglia con il nostro Comitato olimpico, se fossi rimasta senza l’aiuto degli sportivi, per lui sarebbe stata la fine – ha rilevato la madre -. I Giochi sono la ragione della sua esistenza, hanno portato a un lievissimo miglioramento delle sue condizioni». Una storia di amore materno, oltre che di speranza e perseveranza di un disabile. Connie Shaw aveva già due figli quando adottò Kendall poco dopo la nascita. Capì nel giro di pochi mesi che non sarebbe mai stato normale – «sembrava una bambola di stracci» dice – e si dedicò innanzitutto a lui. Una dedizione che le costò il matrimonio ma che non le impedì di ricostruirsi una vita. Connie si risposò, ebbe altri tre figli, trovò sostegno nel secondo marito e nella nuova, grande famiglia. A Pechino a settembre saranno tutti insieme.

FONTE: CORRIERE DELLA SERA

Nella foto: Atleti disabili si allenano in vista delle Paralympics (Ap)
 


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