Comunicato Stampa
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di Ennio Caretto LA BATTAGLIA DELLA MADRE – La madre adottiva, Connie Shaw, racconta che il figlio ha dedicato la vita alla realizzazione del suo sogno: partecipare alle Paralympics, le Olimpiadi per paraplegici. Ma è sorto un ostacolo inatteso: il Comitato olimpico americano ha cercato di impedirglielo. «Nell’interesse psichico del ragazzo» ad aprile ha chiesto al Comitato olimpico internazionale di escludere Kendall dai giochi. Si è innescato così un acceso dibattito sulle menomazioni mentali: a differenza di quelle fisiche, possono impedire a un atleta disabile di partecipare ai Giochi? Fortunatamente per Kendall, la risposta del Comitato olimpico internazionale, giunta i giorni scorsi, è stata un netto «no», non nel suo caso: le menomazioni mentali del giovane, ha ribattuto, non sono tali da renderlo un pericolo per se o gli altri. «ORA PREGO CHE VINCA» – Il Comitato olimpico americano non si è arreso, afferma di temere che una volta a Pechino venga impedito a Kendall di nuotare, e che ciò inneschi in lui una crisi irreversibile, fisica e psicologica. Ma per Connie Shaw, che aveva mobilitato il mondo dello sport americano, è stata una grande vittoria, almeno al momento. «Grazie a Dio – ha detto al New York Times – mio figlio non si è reso conto di nulla, non ha mai capito che rischiava l’esclusione dai giochi. Il suo sogno è rimasto intatto. Prego che vinca una medaglia». CERBIATTO E DELFINO – In un articolo su Kendall, il New York Times lo descrive come un incrocio tra un cerbiatto e un delfino, disarticolato quando cammina – può fare solo percorsi brevi – ma perfettamente a suo agio in acqua un elemento che lo sorregge dall’infanzia. Parla a fatica, non riesce a concentrarsi che per qualche secondo, se è in preda all’ira o alla paura scala alberi e tetti, dove rimane per ore. Ma nel corso degli anni, ha vinto molte medaglie di nuoto, che porta anche a letto, la cui coperta è una bandiera a stelle e strisce. E ripete a tutti che andrà a Pechino, mostrando la maglia «Team Usa». UNA GRANDE FAMIGLIA – «Se avessi perso la battaglia con il nostro Comitato olimpico, se fossi rimasta senza l’aiuto degli sportivi, per lui sarebbe stata la fine – ha rilevato la madre -. I Giochi sono la ragione della sua esistenza, hanno portato a un lievissimo miglioramento delle sue condizioni». Una storia di amore materno, oltre che di speranza e perseveranza di un disabile. Connie Shaw aveva già due figli quando adottò Kendall poco dopo la nascita. Capì nel giro di pochi mesi che non sarebbe mai stato normale – «sembrava una bambola di stracci» dice – e si dedicò innanzitutto a lui. Una dedizione che le costò il matrimonio ma che non le impedì di ricostruirsi una vita. Connie si risposò, ebbe altri tre figli, trovò sostegno nel secondo marito e nella nuova, grande famiglia. A Pechino a settembre saranno tutti insieme. FONTE: CORRIERE DELLA SERA Nella foto: Atleti disabili si allenano in vista delle Paralympics (Ap) |
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