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Comunicato Stampa

domenica 15 Giugno 2008

Comunicato Stampa

PROFESSIONE DISABILE

POZNAN, 15 giugno 2008 – “Lo ritengo un doping, un aumentare artificialmente le proprie prestazioni con mezzi estranei alle capacità personali”. Il dottor Piero Poli – medaglia d’oro olimpica sul quadruplo ai Giochi Olimpici di Seul 1988, primario ortopedico al Policlinico di Erba (CO), classificatore della Federazione Internazionale di Canottaggio per l’adaptive rowing – sul caso Pistorius, il corridore sudafricano senza gambe che ha avuto via libera  – se farà i tempi minimi previsti – per partecipare (con arti artificiali), alle Olimpiadi di Pechino, ha le idee ben chiare.
Intanto potrebbe presentarsi in Cina con protesi ancor più sofisticate delle attuali e poi è un precedente molto pericoloso: c’è gente che per una vittoria non arretra di fronte a nulla, rischia la vita dopandosi massicciamente, non mi stupirei affatto che qualcuno si facesse tagliare un piede ed applicare un’appendice che lo mandasse più veloce. E il fenomeno mediatico che si è creato attorno al caso Pistorius potrebbe rivelarsi micidiale”.
Disabile lui stesso per una drammatica caduta in mountain-bike da cui è uscito fortunatamente vivo pur se claudicante, Poli conosce male e malati a fondo, come tanti medici benefattori dell’umanità dolente che riscattano ogni giorno silenziosamente una professione su cui altri operatori della sanità gettano fango a palate. E’ tornato dall’Africa più povera, quella in cui gli ospedali si riempiono solo quando arriva un medico alla Poli che opera gratis; o in cui gli ammalati che non riescono a pagarsi le cure vengono tenuti “prigionieri” fino al riscatto dei parenti o di missionari laici (“ne ho liberati due, pagando io, questa estate”), come Piero.
A Poznan l’olimpionico di vent’anni fa è stato chiamato dalla Federazione Internazionale a metter mano alle classificazioni dei disabili che gareggiano: “Abbiamo tre categorie ma sono poche, ce ne vorrebbero almeno quattro per non creare disparità fastidiose. E poi occorre tenere gli occhi bene aperti, si presenta gente sana che dice si essere disabile esibendo certificazioni fasulle o che non dicono niente, magari scritte in lingue poco conosciute. Si rischia di mandare in gara – e qui torna il discorso di cosa può fare uno per vincere una medaglia d’oro – persone più sane di un pesce”. A Pechino, nei Giochi Paraolimpici, invece il dottor “Seul” seguirà il team azzurro degli adaptive: “In Italia si sta facendo un buon lavoro con i disabili, non siamo ai livelli dei Paesi anglosassoni, ma sicuramente tra i primi del mondo”. Mens sana in un corpo ancora pieno di coraggio.


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