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Comunicato Stampa

giovedì 13 Marzo 2008

Comunicato Stampa

MISSIONE PECHINO: L’ANALISI DI ALESSANDRO VOCALELLI, DIRETTORE DEL CORRIERE DELLO SPORT

Su Missione Pechino il parere di Alessandro Vocalelli, direttore del Corriere dello Sport.

Da sempre avvenimento unico, che purtroppo è servito anche per contrapporre schieramenti politici mondiali (si pensi ai boicottaggi) le Olimpiadi di Pechino rappresentano un autentico evento: per i giornalisti, un’occasione per un ruolo da testimoni sul campo come raramente si ha la possibilità di fare in un paese in cui i diritti civili rappresentano un problema: come stai attrezzando la Missione Pechino?

Il genocidio in Darfur, l’appoggio alla giunta militare birmana, l’oppressione del popolo tibetano, la negazione dei diritti civili. Queste sono le cause principali che i sostenitori del boicottaggio portano come elementi determinanti per una decisione. La Cina risponde contestando agli occidentali l’aggressione in Iraq ed Afghanistan, Guantanamo, Abu Graib. Sostiene che un boicottaggio è già in atto,  quello dell’Unione Europea che ha decretato l’embargo sulle forniture di armi dopo il massacro di Piazza Tienanmen nel 1989. C’è poi la  considerazione generale che altrove, cioè al di fuori dello sport, sarebbe ben più difficile trovare la forza per boicottare. La Cina sostiene l’economia europea e quella americana, è l’unica che può bloccare una recessione mondiale. Colpendola, si avrebbero ritorsioni difficilmente  arginabili.
Ed è anche una forza politicamente riconosciuta, essendo membro permanente del Consiglio delle Nazioni Unite. Lo sport appare ai  politici come l’unico campo in cui non si correrebbero rischi, quindi l’unico praticabile. Credo che la posizione più giusta sia invece quella  indicata dal Dalai Lama, contrario al boicottaggio olimpico e favorevole ad un’esplorazione mondiale della Cina. I Giochi, dice, sono un’occasione unica per favorire i contatti, la circolazione di idee fra noi e loro.
Magari avendo l’illusione di seminare in quel popolo una necessità di cambiamento. E’ con questo spirito di conoscenza diretta, di testimoni del tempo ed esploratori di una realtà così complessa che i  giornalisti del Corriere dello Sport-Stadio si stanno preparando a quella che voi chiamate Missione Olimpica.

Temi che i giornalisti inviati alle Olimpiadi di Cina 2008 saranno osservati molto speciali? E c’è la consapevolezza che il concetto di libertà e diritto di critica, anche per chi vive lì e avrà occasioni di incontro con colleghi che vengono da tutto il mondo, creerà loro problemi? Insomma, due mondi sotto lo stesso tetto: cosa ne verrà a fuori secondo te?

L’incontro tra due mondi così diversi è il fascino più grande che questa Olimpiade possa proporci. Dovremo andare in Cina senza avere la presunzione propria degli Occidentali di essere gli unici portatori  del verbo, i paladini del giusto. La curiosità dovrà essere la molla per allargare la nostra conoscenza. Non dovremo percorrere l’avventura  cinese correndo in parallelo, senza mai incontrarci. E’ un’occasione unica  per godere di uno scambio di idee con un popolo che molti di noi conoscono solo tramite i resoconti di terze persone. L’occhio del mondo sarà  sulla Cina, non penso che loro vorranno correre il rischio di esporsi a una
drammatica condanna andando a negare in questa occasione le libertà di circolazione della parola, delle idee.

Come sempre, ma ancora di piu’ nelle ultime edizioni, la Festa dello Sport è soprattutto uno show televisivo ma è chiaro che il racconto, la storia, l’aspetto curioso fanno la differenza tra un giornale e l’altro, che sia televisivo, radiofonico, scritto, via internet.

Che l’Olimpiade sia un fenomeno legato in maniera addirittura imbarazzante alla televisione è un dato di fatto. Del resto non si  pagano 894 milioni di dollari (come ha fatto il network americano NBC) per  avere i diritti se poi non si ha intenzione di sfruttarli appieno. Il potere televisivo su quella che dovrebbe essere una festa dello sport è  totale, al punto da infliggere pesanti variazioni al programma gare,  arrivando a far disputare (ad esempio) le finali di nuoto al mattino. Assurdo: chiunque abbia mai frequentato una piscina, senza essere tecnico o  medico, sa che un nuotatore rende meno in quegli orari rispetto a gare   fissate nel pomeriggio. Ma i fusi orari sono importanti e il “prime  time” (l’orario serale di maggiore ascolto negli States) comanda. I giornali hanno il compito di superare l’impatto devastante della diretta tv, devono  scavare nella storia che in quel momento è stata scritta. Difficilmente il  profilo umano del personaggio viene fuori dalla televisione, giustamente   impegnata a raccontare in presa diretta l’evento. Saranno quei personaggi, le  loro storie, i loro segreti a fare da filo conduttore dei resoconti dei  nostri inviati a Pechino. Da loro vorrei anche un inquadramento generale  della vicenda olimpica, mi aspetto una sorta di reportage continuo di  quello che vedono. Atleti e contesto in cui si muovono dovranno essere una  sola cosa. Sarà difficile, ma sono sicuro che non mi deluderanno.

Quale ruolo hanno in questo appuntamento così speciali le organizzazioni di categoria (sindacali, gruppi di specializzazione, associazioni per la libera stampa, Ordini professionali) e cosa si dovrebbe fare in sede preventiva?

Credo che l’unica mossa possibile in sede preventiva sia quella di trasformare questa occasione in un evento socializzante. I giornalisti italiani che andranno in Cina dovranno sentirsi parte del gruppo che rappresentano, le organizzazioni di categoria fino all’Ordine professionale dovranno semplicemente osservare da una tribuna  neutrale che i codici di comportamento internazionale siano rispettati e garantire appoggio politico nel caso in cui questi non lo siano.

FONTE: USSI


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