Alessandra Patelli

Alessandra Patelli

Sono entrata in contatto col mondo remiero per caso quando sono andata a studiare inglese in America. Vissi tre settimane in una famiglia dove la ragazza praticava canottaggio. Proprio lei mi chiese se volevo provare e io non mi tirai indietro. Ho fatto una settimana intensiva di canottaggio in quella scuola superiore. Al tempo non capivo nulla ne di inglese, ne di voga. Lì, rispetto all’Italia, l’inizio è molto meno soft. Il primo giorno mi misero in quattro con: ricordo che il timoniere mi chiamava con un numero e io non riuscivo a capire se dovessi contare a partire dal capovoga o dal prodiere. Insomma è stato abbastanza scioccante. Feci quattro di coppia e remoergometro. Secondo l’allenatore ero valida e tornata in Italia ho chiesto ai miei di iscrivermi a una società di canottaggio. La più vicina era la Canottieri Sile dove prese il via il mio percorso che poi, negli anni, mi ha portato a partecipare a due Olimpiadi.

Voglio essere onesta, il canottaggio è uno sport di fatica, dove le soddisfazioni non sono poi così tante rispetto al lavoro che richiede. Però è uno sport che a me ha insegnato tantissimo, ad esempio ad affrontare e superare la fatica senza lasciarmi abbattere. Un insegnamento fondamentale a prescindere da cosa si faccia nella vita. Quindi sicuramente è uno sport duro ma è anche bello, unico, che a me ha dato tantissimo e penso che possa insegnare qualcosa a tutti.

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