ROMA,
07 marzo 2016 -
La pattuglia rosa della Nazionale italiana si sta allenando con
costanza con un solo obiettivo, la regata di qualificazione olimpica di fine
maggio a Lucerna, ultima chiamata per tutti coloro che devono ancora
strappare un pass a cinque cerchi per Rio de Janeiro 2016. Rio 2016,
vent’anni esatti dopo quello che è a oggi il miglior risultato di sempre mai
ottenuto ad un Olimpiade (Atlanta ’96) da un equipaggio femminile azzurro, il
quarto posto – per appena 27 centesimi! – del doppio Pesi Leggeri della
triestina Martina Orzan (CMM Nazario Sauro) e della pisana Lisa Bertini
(Canottieri Sodini Nilo), le protagoniste del secondo appuntamento della
rubrica "La mia Olimpiade" tenuta da Niccolò Bagnoli. Così vicine in barca e
al sogno olimpico, così lontane oggi nel perseguimento della passione
remiera: Martina è Direttore Sportivo del CC Saturnia, i cui colori sono la
sua seconda pelle e per i quali si diletta ancora a gareggiare da Master,
mentre Lisa appesi i remi al chiodo ha sposato Danilo Fraquelli (fratello di
Stefano, tecnico della SC Lario e della Nazionale, e vincitore in carriera
di un oro, due argenti e due bronzi ai Mondiali tra i Pesi Leggeri su
quattro senza e otto) con il quale oggi, dopo qualche anno trascorso a Como,
gestisce una libreria a Castiglion della Pescaia, in Maremma.
Per entrambe, il ricordo di Atlanta è ancora forte. “Fu tutto molto
emozionante – esordisce Martina – fu bellissima l’esperienza del Villaggio
Olimpico, conoscere gli atleti degli altri sport, ricordo che dovevamo
schivare i gavettoni dei pallavolisti, quella era l’Italia di Zorzi e del CT
Velasco (argento dopo una tiratissima finale con l’Olanda, ndr). L’atmosfera
era sempre particolarmente emozionante, non dimenticherò mai il vedere gli
atleti di tutte le nazioni con le divise pronti per andare alla sfilata, che
a noi non toccò perché iniziavamo le gare il giorno dopo”. Anche per Lisa
quello del Villaggio Olimpico è un ricordo indelebile: “Era un mondo
parallelo, uno spettacolo, ci veniva riservato un trattamento eccezionale.
Purtroppo ricordo bene anche la mensa, con cibi di ogni genere che noi
povere pielle potevamo solo ammirare con invidia. L’organizzazione era
strepitosa, maniacale, al punto che la notte prima della finale ci fecero
dormire in una magnifica villa vicinissima al campo di regata, così da non
perdere tempo nei trasferimenti”.
Già, la finale, un’amara medaglia di legno per appena 27 centesimi: “Un
dispiacere immenso - dice Martina - anche perché fai un’Olimpiade, e non sai
se ne farai un’altra. La marcia di avvicinamento a quella gara fu molto
difficile, intanto perché io e Lisa dovevamo tenere il peso, e poi le gare
preolimpiche erano andate male, e questo aveva creato un po’ di tensione.
Poi però entrammo in finale e arrivò quel quarto posto. Un risultato, al di
là dell’amarezza, comunque importantissimo, come l'intera l’esperienza
olimpica, che ti rimane addosso per tutta la vita. A distanza di venti anni,
ancora oggi mi riconoscono e si ricordano di quella gara. Essere un’atleta
di livello olimpico significa anche lasciare delle tracce indelebili”. La
difficoltà del percorso che portò Orzan e Bertini a formare il doppio
leggero per Atlanta se la ricorda bene anche Lisa: “Non qualificammo insieme
la barca, lei ci riuscì mentre io ai Mondiali feci il singolo. Poi poco
prima della fine del 1995 ci misero insieme in raduno, dove lavorammo a
testa bassa per uniformarci perché non solo non avevamo mai remato insieme,
ma avevamo una palata differente, misure antropometriche differenti.
Lavorammo tantissimo, ma l’obiettivo comune ci unì molto, finché poi non mi
confermarono che avrei fatto il doppio con lei ad Atlanta, un sogno che si
realizzava”.
Venti anni dopo Atlanta toccherà a Rio de Janeiro, che potrebbe essere il
teatro di una nuova impresa azzurra. Un’Olimpiade, quella brasiliana, che
Martina e Lisa vivono in maniera ovviamente diversa, essendo una ancora
dentro il mondo remiero, mentre l’altra né è completamente al di fuori.
Martina Orzan per la spedizione azzurra sogna sempre: “Risultati di alto
profilo, spero naturalmente che si possa ottenere il massimo. Alle ragazze
che si stanno preparando per le qualificazioni di Lucerna dico di credere in
sé stesse al di là di ciò che dicono gli altri. Inseguire i Giochi OIimpici
è prima di tutto una gara contro sé stessi che non con gli avversari, per
coronare il proprio sogno”. Lisa Bertini invece, che smise dopo Atlanta:
“Perché volevo studiare e mettere su famiglia, anche se poi ricominciai
qualche anno dopo, ma smisi in breve tempo perché la voglia non era quella
di prima”, continua a informarsi tramite il cognato Stefano: “E naturalmente
faccio il tifo per il doppio pielle femminile, chiunque lo farà. Credo che
Milani e Sancassani – Betta ebbi modo di conoscerla addirittura quando
ancora vogavo – siano anche più forti di noi, hanno un grande palmares e
senza gli intoppi avuti dal punto di vista fisico avrebbero potuto vincere
ancora di più. In generale, penso, e spero, che il doppio leggero femminile
a Rio possa fare un miracolo”.
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