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Comunicato Stampa

mercoledì 9 Luglio 2008

Comunicato Stampa

MOUNTAIN ROWING

Trieste, 9 luglio 2008 – Sensibile a tutto ciò che può portare ad un ulteriore sviluppo del remo italiano, il  vicepresidente federale Dario Crozzoli, ha in questi giorni verificato la possibilità di sviluppo del canottaggio praticato sui laghi in montagna.
Altitudine media 1300 metri, non oltre i 1700, in modo da poterlo praticare in massima sicurezza, in ambiente naturalmente climatizzato, sfruttando bacini idrici ancora sconosciuti per il popolo dei rematori italiani (senza disdegnare presenze straniere delle limitrofe Austria, Slovenia e Croazia): un felice connubio tra sport e natura incontaminata, che vede il Friuli Venezia Giulia testa di ponte in questa nuova disciplina.
Il Mountain Rowing parte infatti dalla regione italiana più a nord est, da quella valle del Lumiei nelle Alpi Carniche che vede il  lago di Sauris, in provincia di Udine, uno splendido specchio d’acqua, con l’invaso alla massima portata, vogabile per una lunghezza di quasi 3 km.
E’ di questi giorni l’incontro tra Dario Crozzoli e l’Istituzione comunale del paese friulano.

Nel piccolo palazzo sede del Comune di Sauris, ci riceve il sindaco Stefano Lucchini, che ci fa strada all’ultimo piano, in quella splendida sala consigliare dove fanno bella mostra di sé quadri a tema di pittori locali, nei quali viene rappresentato il piccolo paese carnico, in prevalenza nella stagione invernale. Dopo un po’ al gruppo si aggiunge Daniele Petris, (sindaco della precedente legislatura), ed ora consigliere comunale, personaggio che in passato è stato il promotore di una possibile apertura verso il canottaggio.

A che punto siamo con il canottaggio a Sauris?
“Il nostro progetto inerente il canottaggio sul lago di Sauris, in realtà non si è mai fermato.” Esordisce il primo cittadino, “grazie ai contributi ricevuti, abbiamo acquisito l’immobile dell’ex segheria: pianoterra e due piani proprio sul lago, dal quale (con progetto già pronto ed approvato), saranno ricavati una sala funzionale a pianterreno (utilizzabile anche come palestra), e due piani come foresteria. Il tutto dovrebbe essere pronto a primavera 2009. A nemmeno 100 metri di distanzanza, è di proprietà del Comune anche uno stavolo.

Che cos’è uno stavolo?
Lo Stávolo è una costruzione rurale di montagna, tipica della Carnia e del Canal del Ferro. Distinti dalle malghe e casere, che generalmente si trovano a quote superiori, gli stávoli furono in origine costruiti in legno che fu in seguito affiancato dalla pietra. Erano utilizzati dai pastori per alloggiarvi, in caso d’intemperie, le proprie greggi o mandrie che portavano al pascolo nella bella stagione. Il loro uso era notevole nel XIX sec. e nel primo ‘900. Sono anche utilizzati per immagazinare l’erba prodotta dallo sfalcio dei prati alpini: questi sfalci, nei mesi invernali quando la neve è abbondante, vengono caricati su dei slittini e, attraverso delle piste ben tracciate (simili a quelle sportive, coi margini rialzati), calati a valle. Si possono trovare edifici più essenziali ad un solo piano o a due piani. In quest’utimi stávoli, il piano terra accoglieva gli animali (ovini, caprini, equini e successivamente sempre più i bovini), quello superiore era adibito a provvisorio alloggio per l’uomo.

Oltre alle foresterie…
“Alla fine del prato che arriva a lambire la sponda del lago c’è già un pontile (della Ingemar, 12 X 5 metri), acquistato con i primi finanziamenti della Comunità Montana. A circa 500 metri di distanza, sempre nella frazione de La Maina, un’altra casa (già arredata), che sovrasta il lago, sarà a disposizione del Progetto per il canottaggio, potendo ospitare, sui 3 piani, una ventina di persone.”

Qual è il rapporto con il gestore del lago?
“All’Enel, è subentrato Edipower, con il quale abbiamo instaurato un ottimo rapporto di collaborazione. In passato, l’acqua del lago da Sauris passava al lago di Verzegnis, e a quello di Cavazzo, per poi arrivare alla pianura e soddisfare le necessità delle coltivazioni in quanto ad irrigazione. Un accordo con Edipower, potrebbe definire il livello dell’acqua dell’invaso nei mesi estivi, rendendolo fruibile da parte dei canottieri”

Prende quindi la parola il vicepresidente Crozzoli.

“La Federazione Italiana Canottaggio non può che guardare con interesse e simpatia alle nuove possibilità di sviluppo per il nostro sport. Il canottaggio in montagna coniuga l’aspetto sportivo  con l’ambiente incontaminato, a contatto con la natura, reale caratteristica e vanto per una disciplina come la nostra. Per una società di canottaggio, continuare a praticare lo sport della voga in montagna dove l’aria è più salubre, abbinando alle uscite in barca le attività turistico sportive è una risorsa importante e insostituibile. Oggi è una giornata importante perché abbiamo gettato le basi per l’ipotesi di una fattiva collaborazione tra Comune di Sauris e Federazione Italiana Canottaggio, con un Progetto che dovrebbe partire con l’estate 2009. Giugno, luglio, agosto, settembre, un lungo periodo nel quale le società italiane potranno trasferirsi in montagna e continuare a praticare il canottaggio, con la prospettiva di condizioni (anche economiche) estremamente vantaggiose.”

La parola ritorna poi a Lucchini:

Un bel paese, che vive di che cosa, oltre al turismo?
“Sauris è stato dichiarato polo regionale per lo sci, ma tra le sue varie attività, una delle principali è quella del prosciuttificio Wolf (salumi affumicati), il birrificio Zahre, la lavorazione del legno, delle piccole realtà casearie (come quelle a di Passo Pura), la coltivazione dei frutti di bosco, insomma un microcosmo alpino molto interessante, a cavallo tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. Procedendo per la strada principale, oltre Sauris, verso Casera Razzo, si può infatti agevolmente scendere in Cadore.

Dopo una pausa caffè all’Hotel Morgenleit nel centro del paese, siamo testimoni del fervore nei preparativi per sabato e domenica, quando all’incirca 12000 persone parteciperanno alla tradizionale Sagra del Prosciutto, le stesse persone che potrebbero tra un anno, vedere i canottieri all’opera sulle acque del lago di Sauris.
 

Comune di Sauris

Situato in un conca bellissima circondata da alte, selvagge montagne, a più di 1200 metri d’altezza (che lo rende il comune più alto del Friuli) Sauris ha maturato in secoli di isolamento, prima che una arditissima strada costruita tra il 1915 ed il 1930 lo collegasse ad Ampezzo, sue precise caratteristiche, ambientali ed umane. Qui si rifugiarono in un remoto passato (probabilmente nel XII secolo) popolazioni provenienti dalla Carinzia, ed è infatti un’antica parlata “tedesca” quella che ancora vi si pratica. Nel dialetto locale, Sauris è detto Zahre. Anche le architetture tipiche risentono della tecnica costruttiva tedesca: sono stavoli realizzati in pietra nella parte inferiore e in legno in quella superiore, con il fienile costituito da tronchi sovrapposti che si incastrano tra di loro agli angoli (tecnica del blokbau), e copertura in scandole di legno. In una di queste costruzioni ha ora sede il locale Centro etnografico. Sauris è da sempre legato al culto di S. Osvaldo di Nortumbria, cui è stato dedicato il Santuario in cui si conserva il dito pollice del Santo. In stupenda zona alpina, a 1212 metri sul livello del mare, il Santuario, un tempo frequentatissimo, è abbellito da una delle opere d’arte più importanti della Carnia, l’altare ligneo a sportelli (flügelaltar) di Nicolò da Brunico (1524) che ancora conserva doratura e policromia originali. Insolito nell’iconografia, è ricco di numerosissime figure intagliate con notevole gusto, secondo modelli stilistici cari agli intagliatori atesini del primo Cinquecento, e con grande amore per la scenografia. Figure a tutto tondo (al centro dell’altare, ad esempio, i santi Osvaldo, Pietro e Paolo) si alternano a bassorilievi ed a dipinti, statue isolate a scene sacre tratte dal Nuovo Testamento in cui viene dato spazio non soltanto all’elemento umano ma anche al paesaggio. Degli altri altari lignei del santuario, da ricordare quello della Madonna della Cintura, che presenta una policromia “bianco e oro” ed è dovuto ad Eugenio Manzani (1730). Anche la chiesetta di S. Lorenzo a Sauris di Sopra, costruzione di tipo gotico austriaco quattro cinquecentesco con caratteristico campanile addossato alla navata sinistra, conserva un bell’altare ligneo, un flügelaltar intagliato e dipinto da Michele Parth nel 1551. Nella parte centrale accoglie l’Ultima Cena in bassorilievo e negli sportelli, in rilievo più tenue, l’Ingresso in Gerusalemme e La preghiera nell’orto. A sportelli chiusi, le figure dell’Annunciazione, dipinte così come è dipinta la predella con gli episodi biblici del serpente di bronzo e della caduta della manna. L’impostazione delle scene, la tecnica esecutiva, l’abbondante uso dell’oro e di vivaci colori rendono l’opera quanto mai piacevole. È ormai entrato a far parte del paesaggio saurano il grande lago creato dallo sbarramento del torrente Lumiei nel quale si specchiano le montagne circostanti; ma esistono sui monti intorno a Sauris anche i piccoli, incantevoli laghi naturali di Festons, Malins e Mediana, in gran parte invasi dalla vegetazione palustre, mete di piacevoli gite.

L’isolamento che per secoli ha reso difficile la vita in questi piccoli paesi chiusi da una corona di monti ad un’altitudine tra i 1000 e i 1400 metri, ha fatto sì che Sauris oggi possa essere considerato probabilmente il paese più bello della Carnia. Fino ad oggi sono ancora intatti i costumi, la lingua (isola linguistica tedesca), l’architettura di stavoli e vecchie case in pietra e legno, con la copertura in scandole e con la struttura che ricalca i modelli tedeschi.

Solo nel 1928 fu completata la prima strada che collegava Sauris ad Ampezzo, la cui costruzione iniziò nel 1915. La vita per i saurani, isolati fra i monti, specie nei mesi invernali, fu certamente difficile e per lungo tempo dedita ad un’economia primitiva.

La lingua d’origine tedesca che si parla ancor oggi a Sauris è particolarissima e testimonia il passato di questa alta vallata: una comunità proveniente dall’Austria si era insediata qui verso la fine del ‘200. Il nome del paese, Sauris è infatti una latinizzazione del tedesco Zhare.
Alle origini di questa comunità è strettamente legato il culto del Santo Re Osvaldo di Northumberland, al quale è dedicato un Santuario che conserva una sua reliquia (il dito pollice).
La reliquia acquistò grande fama per i miracoli che per mezzo suo si verificarono, tanto da richiamare molti pellegrini. Alcuni giunsero perfino da Venezia e anche da più lontano per raggiungere il piccolissimo paese, chiuso fra le gole allora quasi inaccessibili. Lo testimoniano i documenti storici e i preziosi arredi sacri di fabbricazione veneziana regalati alla chiesa dai pellegrini.
Splendide escursioni si possono fare da Sauris, a cominciare dalle strade forestali e gli antichi tracciati che uniscono le varie frazioni. Naturalmente da conoscere quella che costeggia il lago. Bellissimi paesaggi sul percorso che da Sauris di Sopra porta a Hotzach e al monte Rucke.
In alta quota piccoli laghi occhieggiano fra il verde: Festons e Malìns sono circondati da distese di rododendri e mirtilli.
Nei paesi merita una visita la chiesa di Sant’Osvaldo di Sauris di Sotto e quella di San Lorenzo del XV secolo a Sauris di Sopra con la cuspide del campanile ricoperta di scandole: è la parrocchiale situata in posizione più elevata di tutta la regione, 1363 mt.
Inoltre il Centro Etnografico a Sauris di Sopra e il Centro di Orientamento Storiografico a Sauris di Sotto.

Sauris oggi ha molti punti d’attrazione per i turisti, oltre a quelli naturali e storici già accennati: il rinomato prosciutto e la sua sagra annuale, il tradizionale carnevale con le maschere tipiche del luogo, il mondo delle malghe e la sagra del formaggio salato.
Un approfondimento su Sauris ci viene, qui di seguito, dalla collaborazione di Monica Tallone:

 

Zahre

Hanno scritto
«Una nebbia leggera saliva dalle valli e le stelle impallidivano nel cielo dove da poco la luna era tramontata; l’ombra del tramonto della luna combatteva con l’alba. Dai camini del villaggio usciva il buon fumo di legna (…) L’umido del bosco, l’odore della terra umifera, i colori delle foglie dei faggi, del sorbo, del salicone, dell’ontano sul verde cupo degli abeti e lo splendore fiammeggiante di un ciliego selvatico (…) e il silenzio ingrandito dai brevi richiami degli uccelli di passo, dal batter d’ali di un tordo (…) Andare così per tutta la vita. Sempre.»


Qualcuno probabilmente già si starà chiedendo quale sia e dove si trovi un luogo tanto suggestivo, in cui si possono ancora sentire simili profumi, vedere certi colori, provare quella sensazione intensa di contatto intimo con la natura e l’uomo. Mario Rigoni Stern, capace nel frammento estrapolato dal brano «Ferie d’ottobre» – in «Uomini, boschi e api» – di pennellare così efficacemente l’ambientazione, non lo svela, ma è noto che si tratta di Sauris: piccolo paese della Carnia, nella regione Friuli Venezia Giulia; sporade linguistica germanica situata nella Valle del Lumiei – dal nome del torrente che vi scorre – tra i 1000 e 1400 metri di altitudine; abitata oggi da poco più di quattrocento persone che vivono tra le frazioni Sauris di Sotto, Sauris di Sopra e Lateis, la località La Maina e il borgo Velt.
 

La favola delle origini

A Sauris non si passa, bisogna decidere di arrivarci; e forse è proprio questa particolare recondita posizione – nel cuore di un paesaggio alpino intatto tra l’azzurra profondità del lago e una favolosa catena di picchi – che da sempre conferisce al paese un chè di magico e misterioso, un’atmosfera fiabesca. Del resto, la sua stessa nascita è spesso raccontata come in una favola: in un tempo molto lontano, quando la Carnia era ancora un gran mare di verde, tra le pieghe di queste montagne giunsero due soldati tedeschi in fuga, stremati e in cerca di un nascondiglio; affascinati dalla bellezza mozzafiato della vallata, desiderosi di lasciarsi alle spalle un passato di guerra e miseria, decisero di stabilirvi la propria dimora, l’uno a Sauris di Sotto, l’altro a Sauris di Sopra……

Data la carenza di documenti che attestino le origini di Sauris – o meglio Zahre nell’antico dialetto germanico tutt’ora parlato insieme con l’italiano e il friulano carnico – il racconto orale ha preso inevitabilmente il sopravvento nell’immaginario collettivo saurano e, trasmettendosi di generazione in generazione, si è anzi arricchito di alcune varianti per cui i due soldati sono divenuti ora banditi, ora cacciatori e finanche due sbandati senz’arte nè parte in cerca di avventure. Tutte leggende tenacemente tramandate quanto improbabili.

La sporade linguistica

A fornire invece indicazioni verosimili sulla nascita della comunità è la lingua. Facendone oggetto di approfondite analisi comparative, si è concluso che la lingua di Sauris è decisamente molto simile a quella di un’area collocabile fra l’Alta Pusteria, il Sillian e l’Alta Lesachtal Carinziana. E le affinità non si esauriscono sul piano linguistico. Sono anche di carattere religioso – i Santi patroni, qui come là, sono Sant’Osvaldo e San Lorenzo – e interessano inoltre gli aspetti archittettonici: gli stavoli, le tipiche costruzioni di legno e muratura o interamente di legno realizzate con la tecnica del «blockbau» (tronchi sovrapposti e incastrati agli angoli) e adibite ad abitazione o fienile, sono pressochè identici.

I documenti

E’ lecito supporre, a questo punto, che il primo nucleo della comunità saurana provenga da quella zona e che si sia stabilito in questo lembo di Carnia presumibilmente prima del 1280, poichè a quell’anno risale il più antico documento – e uno dei pochi pervenutici – in cui si menziona la contrata de Sauris. Ciò deve essere accaduto sulla scia di quel processo di deduzione di colonie germanofone sul versante meridionale delle Alpi verificatosi a partire dal XII secolo sotto il Patriarcato di Aquileia e l’Avvocazia dei Conti di Gorizia. Nel caso specifico, la colonizzazione dell’Alto Lumiei si collocherebbe nella seconda metà del XIII secolo, fra il 1250 e il 1280. Un secondo importante flusso migratorio avrebbe poi interessato l’area di Sauris sotto il dominio della Serenissima Repubblica di Venezia: imponendosi sull’intero Friuli dal 1420 al 1797, essa favorì il dislocamento di folti gruppi famigliari nei territori alpini preziosi per le scorte di legname essenziali alla cantieristica navale dell’Arsenale; ecco spiegata, tra l’altro, la compresenza nella valle di famiglie dai cognomi tedeschi e di altre dai cognomi italiani.

La vita difficile di ieri

Le condizioni di vita dei saurani non devono certo essere state facili in passato. Fatta eccezione per i passi di montagna, le vie di comunicazione erano praticamente inesistenti. Le abbondanti e lunghe nevicate poi, che spesso si protraevano fino a primavera inoltrata, contribuivano a prolungare inesorabilmente la stagione invernale e con essa le difficoltà di contatto con e dall’esterno.
Tutto ciò costringeva i saurani a vivere secondo un regime economico il più possibile di autosufficienza, a cimentarsi in mestieri diversi, rispondendo ai bisogni del momento con disinvolta duttilità e capacità di adattamento. Si può dire che in ogni casa esistesse una bottega.

I saurani erano falegnami, fabbri, carpentieri, tessitori, sarti e, quando la buona stagione lo consentiva, si dedicavano al lavoro dei campi. Qualcuno, specializzato in un’attività, emigrava periodicamente, esportando le proprie conoscenze, acquisendone delle altre e innescando così un processo di osmosi che – a dispetto delle oggettive difficoltà di comunicazione, di lunghi e forzati periodi di isolamento «fisico» – consentiva comunque a questa comunità di confrontarsi con altre realtà e di non vivere in un isolamento culturale.
Anzi, gli scambi culturali furono inoltre favoriti per secoli e secoli dai tanti pellegrini, provenienti specie dall’area veneto-friulana, che, affrontando ore e ore di mulattiera, approdarono quassù a venerare Sant’Osvaldo, re di Nortumbria. Del Santo re cristiano di origine inglese, infatti, si conserva nella Chiesa di Sauris di Sotto a lui dedicata il «pollice miracoloso» che una leggenda vuole portato a Sauris da un soldato carnico e che nel lontano 1348 avrebbe preservato l’intero paese da una tremenda epidemia di peste. Pur tra le tante difficoltà, dunque, questa comunità non era poi tanto più povera di altre della Carnia o del Friuli. La più importante produzione locale, un tempo come oggi, era senza dubbio quella del prosciutto: una merce talmente preziosa da essere non tanto consumata quanto utilizzata, in una primitiva economia di baratto, ai fini di uno scambio che consentisse di procurare altri prodotti qui indisponibili.

La vita di oggi:
400 persone a 1400 mt. di altitudine

Le attività del passato caratterizzano ancora la vita economica del paese: il prosciutto in primis, ma anche i tessuti e gli oggetti in legno rappresentano le maggiori produzioni locali e le principali fonti di occupazione e guadagno. Per non parlare poi del prodotto turistico: da una vocazione naturale all’ospitalità dimostrata spontaneamente in passato nell’accogliere i pellegrini, Sauris ha fatto indubbiamente passi da gigante; ciò grazie ad una mirata strategia turistica e ad una serie di strutture ricettive che oggi s’inseriscono perfettamente nel proprio contesto naturale e culturale così ben conservato.

Il turismo

Gli hotels e ristoranti locali sono per lo più ubicati in posizione tranquilla e panoramica. La tipologia delle costruzioni richiama quasi sempre quella tipica con prevalenza di pietra e legno. Anche gli interni sono arredati con gusto secondo le forme e i motivi ornamentali propri della tradizione saurana. Gli alberghi non superano la capienza di trenta posti; ve ne sono alcuni che non hanno più di sette o otto camere; spesso a conduzione famigliare, sono al tempo stesso strutture moderne, funzionali e dotate di ogni comfort.
Tutti si distinguono grazie a una cucina genuina, tradizionale ed essenzialmente casalinga, grazie all’accoglienza e al calore dell’ospitalità, alla pulizia e alla cura dei dettagli. Lo stesso poi dicasi delle casette o degli appartamenti, specie quelli ricavati in un tipico borgo del paese dalle caratteristiche intatte, mantenute nel tempo e valorizzate con un’intelligente ristrutturazione.
All’ospite che arriva, magari per la prima volta, Sauris oggi si presenta come una piccola località turistica ricca però di opportunità specie per chi è alla ricerca di un posto non sovraffolato, tranquillo, lontano da traffico e smog. Chi ha queste esigenze troverà inoltre una buona cucina; la possibilità di ritemprare corpo e mente con lunghe passeggiate nei boschi o verso i pascoli e le malghe; la possibilità inoltre di praticare una serie di attività sportive – come l’equitazione, il tennis, la mountain bike – che sempre consentono il contatto con la natura, la vita all’aria aperta. Anche d’inverno poi Sauris ha il suo fascino, soprattutto per coloro che, oltre a sciare, amano camminare nei boschi e nelle radure coperte di neve.

Maurizio Ustolin