Comunicato Stampa
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(ANSA) TOKYO. 26 aprile 2008 – La fiaccola olimpica ha completato il suo percorso a Nagano, arrivando nel parco di Wakasato, nel centro della città. Sono 80 i tedofori che si sono alternati lungo il tracciato di 18,7 chilometri, portato a termine in circa 4 ore. Tre arresti e quattro feriti risultano finora annotati nel bollettino degli scontri tra manifestanti, che hanno visto da una parte le migliaia di cinesi accorsi a favore di Pechino 2008 e , dall’altra, i sostenitori del ‘Tibet libero’, quelli della causa uygur (popolazione della provincia occidentale autonoma di Xinjiang, compresa tra Mongolia e Tibet che vuole l’indipendenza da Pechino) e gli estremisti di destra giapponesi che, sventolando la vecchia bandiera imperiale, urlano slogan contro la “Cina comunista”.
PECHINO 2008, INTERPOL: POSSIBILE ATTACCO DI AL QAIDA “Alla luce dei recenti eventi – ha detto Noble – tutti i paesi i cui atleti parteciperanno alle Olimpiadi e i cui cittadini andranno a Pechino per assistere alle competizioni devono prepararsi all’eventualità che gruppi o individui responsabili delle violenze durante la staffetta della fiaccola possano portare la loro protesta dentro ai Giochi stessi”. “Queste attività possono articolarsi dai blocchi stradali al disturbo delle competizioni, fino ad azioni più pericolose, come aggressioni a funzionari e atleti o al danneggiamento di infrastrutture”. “Ancor peggio, dobbiamo essere preparati alla possibilità che Al Qaida o un altro gruppo terrorista tenti di lanciare un devastante attacco terrorista in occasione di queste olimpiadi”, ha concluso il segretario dell’Interpol. L’ipotesi di attentati contro i Giochi è già stata evocata dalle autorità cinesi, che il 10 aprile avevano annunciato l’arresto di 45 “terroristi” della minoranza etnica uighura che preparavano “attentati contro le Olimpiadi” e rapimenti di atleti e giornalisti stranieri. Ciò che maggiormente preoccupa Pechino è però la questione del Tibet: dopo le manifestazioni pacifiche a Lhasa il 10 marzo, duramente represse e poi sfociate il 14 marzo in attacchi contro gli immigrati cinesi, la rivolta si è estesa ad altre zone della Regione Autonoma e a province limitrofe della Cina occidentale con forte presenza di tibetani. Le autorità cinesi hanno finora cercato di convincere il mondo dell’esistenza di un terrorismo tibetano che sarebbe diretto dal Dalai Lama, il premio Nobel per la pace che dal 1959 vive in esilio in India. Pochi giorni fa sono stati arrestati nove monaci buddhisti accusati di un attentato dinamitardo e i mezzi d’informazione cinesi hanno annunciato la scoperta di armi da fuoco nascoste tra i libri sacri in un monastero del Sichuan, che ha una forte presenza tibetana. Ma oggi, con una improvvisa svolta che ha coinciso con il vertice tra Cina ed Unione Europea, Pechino si è dichiarata disposta a colloqui con gli emissari del leader spirituale tibetano. |
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