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Canottaggio internazionale e FISA Camp secondo Thor Nilsen (prima parte)

sabato 16 Aprile 2011

Canottaggio internazionale e FISA Camp secondo Thor Nilsen (prima parte)

Canottaggio internazionale e FISA Camp secondo Thor Nilsen
(prima parte)


di Enrico Porfido

PIEDILUCO, 16 aprile 2011 – Thor Nilsen, attuale responsabile del programma di sviluppo dei paesi emergenti della FISA, è tornato a Piediluco per organizzare il FISA Training Camp. Un’esperienza iniziata proprio qui con lui negli anni ’80 ed esportata poi in giro per il mondo. Il suo forte legame con questo campo e con la Federazione Italiana Canottaggio è testimoniato dai dieci anni di lavoro come Direttore Tecnico, che l’hanno visto impegnato proprio qui dal 1980 al 1990.

Il FISA Camp è un’opportunità per i paesi emergenti per farsi conoscere, imparare dalle altre nazioni e crescere. Ma quali sono gli obiettivi della FISA?
“Il nostro primo obiettivo è molto semplice: aiutare le persone a migliorare la propria preparazione atletica e la tecnica di voga. Il secondo obiettivo che ha la commissione per lo sviluppo è quello di promuovere i valori olimpici e cercare di aumentare il numero di atleti che partecipano alle selezioni olimpiche. Negli ultimi anni sono state mosse molte critiche al canottaggio, come disciplina olimpica, perché numericamente siamo il terzo sport olimpico, ma la nostra federazione è molto piccola rispetto alle altre. La prima disciplina sportiva per numero di atleti è l’atletica leggera, che racchiude tante differenti specialità, con più di duemila persone, il secondo è il nuoto con circa mille persone e poi ci siamo noi con seicento atleti. Ci sono ventotto discipline olimpiche e indovina a che posto siamo noi? Ventiseiesimi, praticamente alla fine della lista. Ed è giusto quindi che ci critichino. Siamo una realtà piccola e abbiamo un sacco di posti riservati per i nostri atleti. Se ci fossero molti più atleti che partecipano alle qualificazioni, nessuno potrebbe accusarci, oltre all’ovvia conseguenza che questo gioverebbe molto al livello di competizione internazionale che si andrebbe a creare”.

Quindi molto è finalizzato alla ricerca di nuovi vivai di atleti in giro per il mondo, cosa rischiamo se non riusciamo ad ampliare i nostri numeri?
“Chissà. Noi della FISA, in risposta alle accuse, abbiamo detto che siamo la federazione meglio organizzata e così sembra che per un po’ abbiamo calmato le acque. Quindi non penso che in un futuro prossimo ci ridurranno il numero di partecipanti alle Olimpiadi. Il nostro è uno sport molto costoso. Le barche costano molto, costruire un bacino remiero costa molto, riprendere e trasmettere in televisione le gare costa molto. È uno sport difficilmente vendibile. Non abbiamo una grande visibilità, anche perché spesso le televisioni locali hanno acquistato i diritti sulle gare e non si riesce a trasmetterle al di la dei confini”.

Torniamo un attimo al programma per i paesi emergenti. Quali sono le prossime tappe?
“Abbiamo fatto un meeting a Gifu nel 2005, in occasione del campionato mondiale, e abbiamo steso in questa occasione un programma fino al 2012. Purtroppo non abbiamo grandi risorse finanziarie, ma grazie all’aiuto delle federazioni più forti, come l’Italia, la Francia e la Spagna, stiamo riuscendo a portare avanti il programma. Prossime tappe? Ogni anno organizziamo altri FISA Camp in giro per il mondo, ad esempio ultimamente ne organizziamo molti a Siviglia. Altra frequente meta, specialmente negli ultimi anni, è Hong Kong. Ci sono molti posti anche in Cina particolarmente favorevoli ad ospitare attività simili, ma il problema gravissimo è che nessuno parla inglese”.

Potete sempre far affidamento alle Federazioni nazionali locali, oppure capita di dover far tutto da soli?
“Purtroppo, o per fortuna, per i nostri progetti ci dobbiamo basare su risorse umane locali. Sarebbe impensabile spostare un ingente numero di persone per un altrettanto ingente numero di anni, per poter avviare dei centri sportivi di riferimento a livello internazione. Costerebbe troppo, mentre affidarsi alle persone locali e farle coordinare da un esperto che viene da fuori è la soluzione migliore, sia da un punto di vista prettamente economico che formativo. Ovviamente per cercare le risorse ci affidiamo alle Federazioni nazionali.”

Quali potrebbero essere i futuri centri internazionali del remo, oltre Hong Kong e Siviglia che abbiamo nominato prima? Sudamerica?
“Il primo posto che mi viene in mente è la Cina, ma purtroppo lì parlano solo cinese. In occasione delle Olimpiadi di Pechino è stato costruito il famoso villaggio olimpico, destinato ad ospitare le delegazioni delle varie nazioni. Esistono molti luoghi simili, di dimensioni minori, ma con sempre a disposizioni grandi quantità di attrezzature sportive e di spazi. Loro hanno tutto, ma non si può comunicare. Nel caso specifico di Pechino, il clima non è particolarmente favorevole e, come in Svezia, i campi di regata diventano impraticabili a causa del ghiaccio in inverno. Per questo come punto di riferimento per l’Asia abbiamo scelto Hong Kong, molto più aperta a questo genere di esperienze. Anche la Corea si è mostrata spesso ben disposta, ma a mio parere devono prima risolvere i loro problemi di natura politica e poi si può pensare a qualcosa di concreto per lo sport. In Sudamerica abbiamo cercato di organizzare qualcosa in Argentina, Brasile e Messico. Nelle prime due nazioni siamo riusciti a fare qualcosa, mentre in Messico è stato quasi impossibile a causa dell’altitudine delle città, che si sviluppano a due o tremila metri di quota. L’altitudine rende difficile l’allenamento, per acclimatarsi ci vogliono circa dieci giorni. Non è una cosa semplice. Ultimamente ci siamo messi in contatto anche con i rappresentanti del Portorico, della Columbia, ma sono ancora troppo poco organizzati. Stiamo aspettando ancora un po’ prima di avviare dei programmi che possano dare qualche risultato. Anche El Salvador ha buone potenzialità. Con loro pensare una collaborazione è molto più facile. In Asia parlano solo i dialetti locali e questo è sinonimo di totale impossibilità di comunicazione”.