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Paola Grizzetti a cuore aperto

martedì 10 Febbraio 2009

Paola Grizzetti a cuore aperto

Paola Grizzetti a cuore aperto

di Marco Callai

Una vittoria per la storia, ma soprattutto per il presente e per il futuro di un movimento in crescita sotto tutti i profili. L’oro di Pechino, il tetto del mondo conquistato dal quattro con Adaptive (Luca Agoletto, Graziana Saccocci, Paola Protopapa, Daniele Signore, tim. Alessandro Franzetti – foto a lato), significa questo e molto altro ancora. Sono passati cinque mesi ma la soddisfazione del nostro Team Italia è la stessa dell’11 settembre e la si può toccare con mano chiacchierando con l’artefice: Paola Grizzetti.
Nel corso degli ultimi cinque anni e mezzo, l’allenatrice della Canottieri Gavirate ha buttato giù, uno a uno, tutti i muri di fronte a sé per favorire la promozione e la diffusione dell’Adaptive Rowing in tutta Italia.
L’en plein di Monaco 2007 (quattro barche qualificate su quattro), l’oro paralimpico, i buoni risultati dei due singoli (Simone Miramonti, Agnese Moro) e il quarto posto del doppio di Daniele Stefanoni e Stefania Toscano, l’impeccabile organizzazione della seconda regata internazionale di Gavirate (aprile 2008, il tris sarà sabato 2 e domenica 3 maggio 2009) sono tutti i segnali dell’ottimo stato di salute di questa disciplina in Italia. Si può e si deve fare di più, in futuro, ma per il momento siamo sulla buona strada: Paola Grizzetti, appena nominata Commissario Tecnico della Nazionale Adaptive, ne è convinta e rivive con noi le emozioni di Pechino.

Paola, ripartiamo proprio dall’11 settembre. Quali sono i ricordi più nitidi?
Ricordo praticamente tutto del giorno del nostro successo. Era il compleanno di Luca Agoletto, lui stesso sperava di farsi bel regalo. Al mattino mi sono svegliata bene, avevo sensazioni positive: sino a quel momento, i ragazzi si erano dimostrati all’altezza della situazione. Da casa, ero partita con la consapevolezza di avere due barche in grado di lottare per il podio: i buoni tempi in allenamento e le ottime prestazioni in batteria confermavano quanto pronosticato. Quindici giorni prima della Paralimpiadi, il CIP mi aveva chiesto una previsione delle medaglie: onestamente, per me, essere a Pechino con quattro equipaggi rappresentava già un’importante vittoria ma ugualmente scrissi due finali, due barche tra primo e quarto posto.

Previsione azzeccata: oro al quattro con, quarto posto per il doppio.
Esatto, ma non erano risultati facili da conquistare. C’era un’ulteriore incognita: a Pechino, un cantiere cinese ci ha consegnato tutte le barche nuove con cui la squadra si è trovata subito bene. A darci una grande carica ci hanno pensato subito i nostri avversari non appena ci hanno visto raggiungere il campo di regata per i primi allenamenti. “Siete arrivati per ultimi in Cina, vi aspettavamo con ansia per vedere la vostra forza”. Le loro parole.

Cosa hai comunicato ai tuoi ragazzi prima dell’inizio delle regate?
Ho chiesto loro di vincere subito per riposare una giornata. Nella gara del quattro, Daniele (Signore n.d.r) ha sbagliato un paio di palate ma la barca scorreva talmente bene da vincere ugualmente la batteria contro Gran Bretagna, Germania, Sudafrica, Canada, Olanda. Appena rientrati a terra, ho subito cercato di mantenere la calma e fermare l’euforia. Vittoria con vento contrario: i ragazzi erano molto determinati e sapevano che la vera gara doveva ancora arrivare.

Come hai impostato la finale?
Concentrando tutta l’attenzione sul gruppo, ricordando tutto ciò che poteva succedere durante la gara e dicendo loro di far tesoro degli errori degli anni precedenti. In realtà sapevo benissimo che ognuno di loro aveva curato ogni minimo dettaglio. Tra giugno e agosto abbiamo lavorato  anche con una psicologa: ci ha aiutato a gestire le emozioni e i rapporti tra compagni d’equipaggio lungo i raduni.
In finale,  sono arrivati tutti preparati. Il “quattro con” ha gestito molto bene la gara vincendo con un buon vantaggio su Stati Uniti e Gran Bretagna. Quattro secondi: un distacco importante, rifilato ad avversari più forti sul piano fisico. All’arrivo tanta gioia, tante lacrime,  tanti complimenti dal tecnico inglese felice per avere vinto il titolo paralimpico nei singoli ma dispiaciuto per aver perso la gara più importante.

Adesso sta per iniziare una nuova e stimolante avventura: il quadriennio 2009-2012. Qual è il tuo prossimo obiettivo?
Sicuramente un incremento numerico dei praticanti. Se aumenterà il numero delle società sensibili verso questa disciplina, sono sicura che aumenteranno anche le soddisfazioni. Le società devono aprire la mente, avere coraggio e comprendere l’importanza di aprire le porte della loro sede ai disabili. Il CIP ha preso coscienza di ciò che è il canottaggio: lo stesso Pancalli vuole collaborare sempre più con le Federazioni sostenendo maggiormente l’attività delle squadre nazionali paralimpiche.

Chi vuoi ringraziare, Paola, per questo grande risultato?
In questi ultimi anni abbiamo lavorato tutti quanti intensamente, siamo riusciti a portare i disabili al gesto tecnico più vicino in assoluto a quello dei normodotati. Un grazie ai miei collaboratori: Renzo Sambo, Giovanni Calabrese e il dottor Piero Poli. Un grazie anche a Franco Parnigotto per i suoi consigli e per i suoi insegnamenti. Un grazie a tutte le società, a tutti i tecnici e dirigenti che hanno creduto in questo nostro sogno. Un grazie speciale alla mia, la Canottieri Gavirate, che ha subito profonde trasformazioni per rendere idonee tutte le strutture al fine di ospitare regate internazionali. Ringrazio la FIC per aver mantenuto ottimi rapporti ottimi con il CIP: ci hanno accolto molto bene al villaggio paralimpico pur conoscendoci poco. E poi un abbraccio fortissimo a tutti gli atleti che hanno condiviso quest’avventura: dai medagliati a coloro che sono rimasti fuori e so che già fin da ora cullano il sogno di poter partecipare alle Paralimpiadi di Londra.