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La storia dell’antenato dell’attuale remoergometro raccontata dalla penna di Maurizio Ustolin

lunedì 4 Maggio 2020

La storia dell’antenato dell’attuale remoergometro raccontata dalla penna di Maurizio Ustolin


TRIESTE, 04 maggio  2020 – Visto che recentemente ho postato alcune foto del mio archivio fotografico su FB, risalenti al lontano 1984 (era di marzo), dell’epoca di Thor Nilsen DT della nazionale italiana di canottaggio, relative ai test di laboratorio al Centro Nazionale di Piediluco, suscitando ricordi e curiosità, ho deciso di fare una breve cronistoria della mia esperienza con il remoergometro. Arrivato in Italia a fine 1979, primi mesi del 1980, Nilsen introdusse da subito i test in laboratorio, attrezzandone uno dapprima nei locali sotto le tribune del Centro Nazionale, successivamente nella torretta d’arrivo del medesimo. Noi tecnici italiani, con i nostri atleti facemmo quindi la conoscenza del remoergometro Gjessing-Nilson, un imponente attrezzo di colore arancione, che utilizzava un meccanismo di freni e frizione, combinato con dei pesi.


Il cavo era ancorato ad un meccanismo con puleggia elicoidale a raggio variabile, e fu per molti anni l’attrezzo con il quale testare i canottieri italiani. Questo remoergometro aveva dei difetti che all’epoca erano superati dalla buona volontà di chi lo faceva utilizzare. Ricordo che la ruota doveva essere perfettamente pulita dopo ogni test, come la cinghia che fungeva da frizione. Il cavo, quando si usurava era un problema trovarne uno uguale, a meno di non acquistarlo direttamente in fabbrica. A questo proposito rammento che si cercava il ricambio presso ferramenta varie e che si era provato ad utilizzare pure il cavo per stendere la biancheria, ma senza successo. L’asta si allungava in avanti di oltre un metro, motivo per cui era necessario un ambiente non certo angusto, e meglio se l’attrezzo era alloggiato su una panca in modo da tenerlo sollevato da terra, anche per la comodità di chi faceva effettuare la prova. Il Gjessing-Nilson era un remoergometro costoso, tanto che a distanza di anni, furono le Officine Meccaniche di Precisione Gilardoni, a Bellagio, che ne costruirono uno molto simile, questa volta di colore blu.


Del remoergometro ricordo un allenamento in altura al Terminillo, con la squadra junior, con le macchine caricate sul cassone del Daily. Trovammo tantissima neve e dovemmo aiutare il furgone a percorrere l’ultimo tratto che ci divideva dal rifugio presso il quale eravamo alloggiati. Gli ergo furono scaricati e l’umidità del posto non giovò certo all’attrezzatura, ma rimase comunque una esperienza importante che apriva la strada a nuovi esperimenti nel campo del canottaggio. Era l’inizio del 1987, in occasione di un raduno junior, quando il carpentiere neozelandese Tony Russell, che lavorava presso il Centro Nazionale, ricordando che ero sempre interessato alle innovazioni nel campo del canottaggio, ed alle prime armi da allenatore, mi portò (in massima segretezza), nel capannone dove lavorava, mostrandomi il primo remoergometro Concept messo in produzione, che aveva fatto arrivare dagli Stati Uniti.


A differenza del Gjessing-Nilson era di dimensioni molto più contenute, pratico e funzionale, e dal costo comunque abbordabile. Per farla breve, quando nell’autunno di quell’anno passai ad allenare il Saturnia, grazie all’interessamento ed alla lungimiranza dell’allora DT Mario Sivitz, ne ordinai subito tre pezzi, fui il primo in Italia ad averli, e devo dire che la preparazione a terra subì un bel cambiamento. Negli anni i remoergometri Concept hanno subito una trasformazione ed un’efficienza impressionante e sono commercializzati un po’ ovunque. E le gare che oggi si stanno disputando da remoto ne sono una conferma. Quando ripenso al primo remoergometro di quasi 40 anni fa, vien da sorridere, ma fa parte dell’evoluzione del nostro sport.

Maurizio Ustolin