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Claudio Romagnoli: a lavoro per scoprire le campionesse del futuro

mercoledì 27 Marzo 2013

Claudio Romagnoli: a lavoro per scoprire le campionesse del futuro

SABAUDIA, 27 marzo 2013 –  Il Capo Settore femminile Claudio Romagnoli, nei giorni precedenti il raduno di Sabaudia, è stato impegnato su tutto il territorio nazionale per visionare le atlete appartenenti alle categorie cadetti, ragazzi e juniores. Oggi abbiamo fatto con lui il punto su quanto ha potuto constatare durante queste visite nelle varie Società e Comitati Regionali.
 
Mister, intanto come state procedendo per valutare il potenziale giovanile a disposizione del canottaggio italiano? “L’approccio che stiamo adoperando prevede che i tecnici nazionali raggiungano le Società e i Comitati con l’intento di visualizzare i migliori giovani emergenti. In questo modo otteniamo un duplice risultato. Innanzitutto operiamo in maniera diretta perché abbiamo la possibilità di visionare gli atleti nel loro ambiente. Altresì stabiliamo un feedback con gli Allenatori societari, impegnati quotidianamente nella preparazione degli stessi atleti, coadiuvandoli nel loro operato. Si stabilisce così una condizione che consente al ragazzo di poter ottimizzare la sua preparazione. Il nostro è un supporto tecnico e motivazionale che offriamo all’allenatore societario o al coordinatore tecnico regionale. Le indicazioni provenienti dal centro arrivano in periferia, instaurando così un rapporto di fiducia. Voglio poi precisare che il nostro lavoro rappresenta un punto di partenza. Il settore giovanile pratica infatti un canottaggio il cui asse è spostato quasi esclusivamente sul divertimento, sulla piacevolezza. Poi, grazie al supporto dei preparatori, deve essere operato un salto verso una pratica più impegnativa. Perché questo sia possibile è necessario che alla base vi sia un amore profondo per questo sport in tutti i suoi aspetti. In questo salto di qualità, per come la vedo io, è determinante anche l’apporto del gruppo. Si devono creare le condizioni perché l’ambiente circostante sia da stimolo per la passione e per l’impegno”.
 
Dunque il gruppo riveste un ruolo centrale in questo processo di formazione? “Sì, io ho sempre pensato, e ne sono convinto, che il gruppo sia un elemento determinante per il raggiungimento del risultato. Il singolo, per carità, può arrivare lontano. Ma se c’è il supporto di un gruppo, allora la qualità dei risultati si amplifica. Quindi, gruppo di atleti ma anche gruppo di allenatori, in cui ci sia una spinta motivazionale reciproca, finalizzata al raggiungimento dell’obiettivo comune”. Che situazione ha trovato sul territorio italiano? “Gli allenatori italiani sono di ottimo livello. Non scordiamo che negli anni si sono susseguite diverse scuole tecniche che hanno contribuito a formare una tradizione di tutto rispetto. Per quello che riguarda le giovani praticanti, ho visto delle buone atlete tra le cadette, tra le ragazze e tra le junior. Nel complesso, dunque, le atlete a disposizione sono di buona levatura. Ora, chiaramente, sta a noi coinvolgere nel modo migliore questo potenziale. Non dimentichiamo che nell’ultimo campionato del mondo l’Italia ha dimostrato ampiamente il suo valore. Ora servono progetti ad hoc per sfruttare al meglio queste forze di cui disponiamo”.
 
Che genere di impostazione pensa sarà opportuno adoperare al fine di ottimizzare l’espressione di quanto c’è di buono? “Per come la vedo io, ogni atleta ha le sue particolarità, la sua sensibilità, la sua storia, il suo modo di approcciarsi allo sport e di rispondere agli allenamenti. La difficoltà del preparatore sta proprio nel saper cogliere le sfumature delle diverse persone che si trova davanti ed arrivare a tirare fuori il meglio, adattandosi di volta in volta. In questo modo sono sicuro che riusciremo a creare un buon settore femminile, che poi è il nostro obiettivo finale. Certo, non possiamo e non dobbiamo avere fretta. Dobbiamo creare, coltivare, stimolare e far capire che la strada che stiamo indicando è quella giusta”.