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Pietro Galli: eccezionali campioni, idee forti e cuore d’oro

sabato 10 Dicembre 2011

Pietro Galli: eccezionali campioni, idee forti e cuore d’oro

MILANO, 10 dicembre 2011 – In quest’articolo, pubblicato sulle pagine dei quaderni de “La voce dell’ANAC”, Ferruccio Calegari ci offre un ritratto del Mago di Dongo a quasi vent’anni (28 marzo 1992) dalla sua scomparsa.
 

Il tecnico e l’uomo

PIETRO GALLI, ALLENATORE DI ECCEZIONALI CAMPIONI
UOMO DALLE IDEE FORTI, MA ANCHE DAL CUORE D’ORO

Pietro Galli, chi mai era? Potrebbero chiedersi i canottieri delle nuove leve, ma certamente il mondo degli allenatori non avrà dimenticato quanto il burbero tecnico dell’Alto Lario ha dato e fatto per il canottaggio italiano, su cui si è riverberata per oltre vent’anni la sua scuola di alta classe che lo ha visto protagonista in quattro cicli olimpici.

Era nato il 4 ottobre 1914 a Lecco,  dove fioriva una colonia di naute, barcaioli che si dice avessero una lunga tradizione nel mestiere: quando ancora non esistevano i ponti per collegare le sponde dell’Adda e la barca era l’unico mezzo per spostarsi. E se c’erano le barche dovevano esserci anche chi le costruiva. Ed è certamente a questa condizione che si riferisce Pietro Galli quando nel novembre 1962 rilasciò una simpatica intervista a “La Ferriera” il giornalino aziendale del “Gruppo Falck”: Alla domanda di quando avesse avuto il primo contato con l’acqua, con le barche e con i remi, rispose:

Vede, sono stato in barca così presto che non posso proprio ricordarlo. I miei abitavano a Lecco, al Ponte Vecchio e costruivano barche, che a quel tempo erano il mezzo di trasporto più usato in quei posti. Il cantiere era già  dei nonni e li chiamavano i sepultin. Ma credo che se si potesse risalire più addietro negli anni, si troverebbe certamente qualcuno dei Galli che costruiva barche scavandole nei tronchi d’albero. Sono stato battezzato in Chiesa grande, alla basilica e mi portarono al battesimo in … barca; e quello fu senz’altro il mio primo contatto con l’acqua, prima ancora di ricevere quella santa sulla fronte”. E naturalmente prendere in mano i remi fu una conseguenza logica, dapprima sulle classiche barche del lago e poi, agli inizi degli anni trenta, sui carrelli delle affusolate imbarcazioni della Canottieri Lecco: prime gare nel 1931 e vittoria nel Trofeo Gabriele D’Annunzio nel 1934 a Salò nell’otto (foto sopra). Da lì ad un certo momento, seguendo l’onda della passione come tanti altri colleghi ecco il giovane Galli ad insegnare l’arte del remare ai giovani lecchesi.

Successivamente, essendosi trasferito a Dervio dove lavorava alla Acciaieria Redaelli, non trovò migliore variante dopolavoristica che divenire allenatore della sezione canottaggio del C.R.A.L. aziendale Redaelli, allora una delle importanti industrie della Lombardia, dove il suo maggiore successo fu realizzato con il “due senza” di Nicolò Simone (1) e Erio Bettega, che aveva messo in barca nel 1949  e che agli europei del 1950 e proprio all’Idroscalo di Milano conquistarono la medaglia d’argento. E nello stesso anno e pure il successivo il “due senza” della Redaelli sarà campione italiano assoluto, mentre nel 1951 Simone e Bettega parteciperanno all’otto azzurro ai primi Giochi del Mediterraneo ad Alessandria d’Egitto vincendo la medaglia d’oro.

Risultati che non potevano passare inosservati, tanto che alla Falck di Dongo, dove già negli anni trenta era fiorente una buona attività di canottaggio nel sedile fisso, si cominciava a pensare a questo tecnico tanto bravo che operava a pochi chilometri di distanza, in linea d’aria, proprio sulla sponda opposta del lago ed in una azienda con la quale esistevano ottimi rapporti. Verso gli anni cinquanta era arrivato allo stabilimento di Dongo della Falck, quale vice direttore amministrativo, il dott. Antonio Veronesi, fratello dell’oggi assai noto prof. Umberto Veronesi. Il dott. Antonio Veronesi da studente praticò il canottaggio a livello nazionale, vincendo nel 1940 (assieme a Michele Branca) con la Canottieri Guf Milano il campionato italiano juniores nel “due senza”  (2° ai littoriali del remo nel due con timoniere) e quando fu a contatto con la realtà remiera del dopolavoro aziendale profuse tanto entusiasmo per la soluzione ottimale di ogni problema. Da qui il primo approccio di Galli come “consulente”: al pomeriggio, dopo avere allenato gli atleti della Redaelli si faceva accompagnare da un barcaiolo sino a Cremia sulla riva opposta, nelle vicinanze di Pianello del Lario (2) ed in bicicletta raggiungeva Dongo, lavorando alla impostazione dei giovani della Falck. Alla sera, sul tardi,  il ritorno talvolta presentava delle difficoltà e la vela non era sufficiente, per cui Galli ed il barcaiolo dovevano mettersi ai remi, rientrando a casa spesso a notte fonda. E se capitava qualche temporale potevano esserci guai col battello di linea, al quale si facevano notare con l’oscillazione di un piccolo lanternino.

Dove porta la passione (!): tempi duri, ricordava Galli, che un bel giorno per la tensione e un forte esaurimento nervoso dovette essere ricoverato in ospedale per un mese. Ma sentiva di non poter abbandonare quei ragazzi: “Vede – ricordava nell’intervista al giornale aziendale – quei giovani  avevano una tale fiducia in me che non potevo lasciarli soli. Pensi che un sabato sera che non ero potuto andare a Dongo, un equipaggio attraversò il lago per venire a casa mia a chiedermi certe istruzioni per l’allenamento della domenica. Il giorno dopo seppi che, presi dal temporale, passarono tutta la notte al pontile di Dervio, tanto che a Dongo li credevano annegati. All’alba rimontarono in barca perché uno di loro era di turno in Ferriera e questi non disse nulla, tanto che giunto al lavoro con un’ora di ritardo si beccò anche la multa. Me li ricordo ancora quei ragazzi: il Corrado Romano, l’Adriano Trivini, il Cesare Gandola, l’Andreino Frontini e l’Ermanno Brambilla che era il timoniere”.

Tra le prime formazioni messe in cantiere una jole a quattro vogatori composta da Stefano Uberti, Fabio Scanagatta, Aldo Bosisio e Francesco Bonfiglio che alternandosi con Federico Genefini e Antonio Rumi furono la base di partenza del nuovo corso remiero della Falck.  All’epoca la “flotta” a disposizione era composta da una jole da mare a 4 vogatori, due jole lariane a 4 e due jole lariane a 2 vogatori. Gradatamente, secondo le indicazioni di Galli, la struttura della Canottieri Falck iniziò a subire delle variazioni, e non solo per le barche ma anche nella ricerca dei talenti più qualificati per conseguire risultati di eccellenza. Il presidente ing. Giovanni Falck aveva apprezzato le idee del tecnico e la politica aziendale si apriva al reclutamento di giovani atleti (validi sul piano sportivo, ma ovviamente anche nell’impiego aziendale). Ed in quei tempi non facili, del resto i momenti e le esigenze della vita seguono il movimento di una grande ruota che spesso torna a toccare punti sensibili già percepiti, riuscire ad avere un posto in fabbrica era prioritario ed anche chi “non era nato canottiere” ma ne aveva la stoffa trovò il passaggio giusto sia nel lavoro che nello sport.

Nel 1952 finalmente Galli ottenne la definitiva cancellazione dei programmi di attività nel canottaggio a sedile fisso, per dedicarsi con maggiore impegno ai progetti nello scorrevole: da quel momento iniziò il volo dei “falcketti” verso i grandi successi. L’inizio dell’avventura fu apparentemente in sordina, ma l’esordio a Mantova l’8 giugno, in una affollata regata interregionale, non fu per niente male. Nella jole a 4 “non classificati” su un campo di 13 partecipanti Melchiorre Salice, Lorenzo Palo, Antonio Rumi, Cesiro Masanti, col timoniere Renato Gobbetti si concluse al secondo posto, dopo un entusiasmante punta a punta con la Querini di Venezia. E dopo poco più di un mese al nuovo collaudo all’Idroscalo la formazione è ancora seconda, preceduta da Moto Guzzi, ma premiata quale primo tra gli esordienti, e positivamente si comportavano altri equipaggi e poi ai successivi Campionati del Mare a Trieste la jole a 4 della Falck era quinta su un rank di 26 equipaggi. E intanto il gruppo dei giovani atleti andava aumentando e nella jole a 8 junior, quinta l’anno successivo ai Campionati del Mare a Sorrento, cominciano ad apparire nomi che in seguito saranno nella storia delle formazioni create da Galli: Giancarlo Crosta, Antonio Rumi, Melchiorre Salice, Romano Bettiga, Lino Angelinetta, Fermino Galperti, Corrado Romano, Filippo Maffia, tim. Renato Gobbetti.

Prima dei grandi  risultati conquistati con gli equipaggi di Dongo, nell’ambito della nuova struttura sportiva si registrò una autonoma partentesi vittoriosa per le verdi maglie donghesi: il bergamasco Luigi Bena, che negli anni precedenti aveva vinto il titolo tricolore del singolo con la Canottieri Olona, nel 1955 andò in gara con i colori della Falck  (nel cui ambito milanese lavorava), portando il primo titolo assoluto alla compagine altolariana. Le prime grandi vittorie nelle “barche che contano”, quattro senza e quattro con, arriveranno negli anni sessanta, chiudendo quel cerchio in cui Pietro Galli racchiuderà il meglio della sua opera. Un’opera che lo ha visto ai vertici per oltre un ventennio, conquistando 1 oro ed 1 argento europei, 2 argenti e 1 bronzo olimpici, oltre ad innumerevoli successi nelle regate internazionali, cui si aggiungono gli oltre 50 titoli nazionali (19 assoluti). Qual’era il segreto dei suoi successi? Anzitutto organizzazione, ma oltremodo importante era la conoscenza degli uomini che aveva a disposizione e che nonostante si autodefinisse “un despota perfezionista”, credendo in assoluto alla necessità del lavoro duro, era sempre vicino ed attento anche alle problematiche personali degli atleti. Sostanzialmente pretendeva, ma anche comprendeva. E doverosamente li difendeva (3).

Il suo valore, la sua capacità, erano apprezzati anche a livello federale, tant’è che tra il 1960 e il 1964 ebbe con Alippi responsabilità della squadra nazionale e di quel  periodo ricordiamo l’argento del quattro senza (Bosatta, Baraglia, Galante e Crosta – (foto a lato) alle Olimpiadi di Roma. Un ottimo risultato, si potrebbe dire, ma che lui considerò una sconfitta, convinto delle possibilità dei suoi ragazzi di vincere il titolo olimpico. E non si dava pace, tanto da trarsi in luogo appartato e piangere. Un segno di emozione, un segno di passione e di amore, per il suo lavoro e proprio per i “suoi” ragazzi, che  l’anno successivo l’avrebbero ripagato col titolo europeo a Praga. E poi nel tempo proseguiva nella affinazione dei suoi “quattro” ed eccolo alle Olimpiadi del 1964 a Tokyo a rimirarsi l’argento di Bosatta, De Pedrina, Galante e Trivini, col timoniere Spinola, nel quattro con. E alle Olimpiadi del Messico nel 1968 anche con un più corposo incarico di responsabilità tecnica da parte della Federazione “festeggiare” il bronzo del quattro senza di Bosatta, Baraglia, Conti Manzini e Albini. Mentre il quattro con per il quale aveva saputo realizzare il felice ricupero di Romano e Luciano Sgheiz che nel frattempo avevano appeso alla rastrelliera i remi della Moto Guzzi, dovette con rammarico attestarsi al quarto posto, nella formazione R. Sgheiz, Trivini, Galante, L. Sgheiz, tim. Gottifredi. Ma sul tetto del mondo in quella occasione arrivò il due con dei trevigiani Baran, Sambo ed il tim. Cipolla, che affidato alle sue cure come tecnico federale lo ripagò degli altri “ori mancati”.

E si era aperto anche uno spiraglio verso un suo sogno mai realizzato, un “armo capolavoro”, un otto ricco di opportunità e nella fase di apertura olimpica del 1968 quando i due quattro avrebbero dovuto partecipare sul lago di Varese ad una serie di gare selettive per un errore (o forse una scommessa del buon Galli?) della segreteria della Canottieri Falck oltre che nel quattro con e quattro senza gli atleti risultavano iscritti anche nell’otto. E che ti combina il “mago” di Dongo: alla chiamata risponde presente e fa scendere in gara la formazione a otto che vince contro l’armo triestino dei Vigili del Fuoco. Al che Galli prosegue nella barca dei sogni e due settimane dopo a Sabaudia l’otto della Falck è nuovamente al primato (foto a lato), per cui decide di proseguire e il 15 giugno a Ratzeburg ecco in gara Bosatta, Trivini, R. Sgheiz, Conti Manzini, Baraglia, L. Sgheiz, Galante, Albini che col timoniere Gottifredi vengono battuti dall’otto della Germania Ovest (campione d’Europa in carica) per soli 60 centesimi di secondo. Il miracolo è avvenuto. I “matusa” dei due equipaggi a quattro designati per l’appuntamento olimpico al Messico dopo la vittoria ai campionati italiani all’Idroscalo di Milano sono davvero “vigorosi atleticamente” come confermato anche dalle visite mediche al Centro di Medicina Sportiva di Torino e se oltre atlantico non potranno concorrere anche all’otto, la definizione delle due formazioni a quattro della Falck è quella giusta. Proseguì ancora nell’appassionato impegno tra barche e remi ed anche all’inizio degli anni settanta, per l’evento olimpico di Monaco di Baviera era a bordo acqua con i suoi equipaggi, e con i vogatori selezionati dalla Federazione e appare simpatica questa nota di ricordi espressa dall’allora giovane “promessa” Antonio Baldacci, inviato alla corte di Galli in vista della Olimpiadi, inserita nella “postfazione” del libro “Orgoglio Altolariano”:

“In una gelida serata del dicembre 1971 sono arrivato alla Falck dove era attivo il centro di preparazione olimpica in vista dei Giochi di Monaco del 1972. Dopo un lungo viaggio in treno ho percorso in pullman il tratto che separa Colico da Dongo, dove sono sceso convinto di essere giunto a destinazione. Spaesato e confuso ho per fortuna incontrato una persona che sapeva di canottaggio e molto gentilmente si è offerto di accompagnarmi alla Canottieri di Domaso. Dopo le presentazioni a Galli e agli atleti che già avevano iniziato la preparazione, pensavo che finalmente sarei andato in albergo. Niente di più sbagliato, la mia destinazione era lo spogliatoio e poi trascorsi circa due ore alla vasca-voga ad allenarmi sotto l’occhio attento di Pietro Galli. Non male come inizio.         Debbo premettere che nei miei confronti c’era molta perplessità. Ero un perfetto sconosciuto, a parte il Pentagonale Giovanile del 1969 non avevo vinto e neanche partecipato a nessun Campionato Italiano Senior. Galli ha riposto molta fiducia in me           fin dall’inizio riconvocandomi dopo le feste natalizie alla ripresa dei raduni. Mi ha sempre tenuto in considerazione e fra noi vi è stato sempre rispetto reciproco. Ho saputo che dopo le regate di Lucerna il Consiglio Federale avrebbe voluto togliermi da capovoga del 4 con. La risposta di Galli a questa proposta sarebbero state le sue dimissioni da direttore tecnico.

Dal primo giorno di quel dicembre 1971 al settembre 1972 sono stati per me 8 mesi indimenticabili. Credeva in me ed era convinto che avrei avuto un futuro nel canottaggio italiano. Gli allenamenti a cui ci sottoponeva il Galli erano veramente duri ma altrettanto amorevoli erano le cure che ci dedicava sua moglie, indimenticabile la vicinanza e l’affetto della popolazione di Gera Lario, il soggiorno all’Albergo Lario dei signori Invernizzi. Sono questi ricordi che porto e porterò sempre con me, momenti di vita che non sono stati dedicati solo ed esclusivamente alle Olimpiadi del ’72  ma anche ai rapporti vissuti con le persone che come me, e con me, hanno condiviso questa esperienza. Un grazie particolare ad Alberto Cecchi (timoniere del 4 con a Monaco 1972 e degli anni precedenti della Nazionale) e a suo padre che mi hanno segnalato a Galli; a Galli che mi ha sempre  difeso e incoraggiato; alla Federazione Italiana Canottaggio per l’aiuto che mi ha dato permettendomi di fare parte del corpo dei Vigili del Fuoco dove mi hanno dato la possibilità di potermi dedicare al nostro meraviglioso Sport”.

E le notazioni di Antonio Baldacci, di certo uno non di casa abitualmente tra i canottieri della Falck, riconfermano le considerazioni espresse sul tecnico Pietro Galli, che prima di essere tale era anche un uomo di eccezionali vedute, sempre vicino ed attento ai problemi dei “suoi” vogatori. Purtroppo con l’andare del tempo l’azienda madre, seguendo le variabili del mercato stava orientandosi al ricondizionamento del complesso industriale ed in questo ambito si pervenne anche alla decisione dello  smantellamento della pur fiorente attività sportiva. Pietro Galli cercò di raccogliere attorno a sé  ex allievi ed amici per evitare la scomparsa del glorioso sodalizio remiero, ma non trovò adeguati consensi. E con grande dignità lasciò lo sport attivo. Venne a mancare il 28 marzo 1992 e ricordo che il suo funerale risultò un vero plebiscito di stima, con la presenza di tutto  il vertice federale, di tutti i suoi atleti ma anche di altri campioni che nel tempo avevano avuto l’opportunità di essere guidati da lui in barca. E il suo ultimo passaggio terreno, con la bara portata a spalla dai “suoi gioielli” del quattro senza Bosatta, Baraglia, Galante e Crosta, fu salutato da una  commossa orazione di don Angelo Villa, l’appassionato sacerdote sempre vicino ai canottieri.

Ferruccio Calegari

(1) Nicolò Simone, che abita sempre a Dervio, è oggi presidente regionale lombardo della Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia.

(2)  A Pianello del Lario negli anni è stato sviluppato un importante museo (privato) dedicato alla storia e alla salvaguardia del ricordo della barca lariana.

(3) Sul piano dei ricordi personali mi sovviene spesso un episodio: avevo scritto sulla “Gazzetta dello Sport” un articolo con alcuni rilievi dopo una importante competizione e ad un successivo incontro avvenuto a Domaso, dove nel tempo avevano trasferito per maggiore funzionalità l’impianto remiero, come un pugile costretto all’angolo mi sono trovato a tu per tu con Galli a discutere gli elementi del mio servizio. E serenamente ma con fermezza mi diede motivazioni per riconsiderare le mie valutazioni, concludendo col sorriso sulle labbra “guardi che sapendo che sarebbe venuto oggi da noi, ho trattenuto a fatica i ragazzi dal proposito di tagliarle le gomme dell’auto”. Non dico che poi il fattaccio sarebbe avvenuto, ma era il suo modo di reagire a qualche considerazione che ognuno di noi può esprimere, partendo magari da presupposti a volte non chiari, il che può capitare.

Foto allegate:  

Foto 1 – L’otto della Canottieri Lecco che nel 1934 a Salò vinse la “Coppa d’Annunzio”, precedendo gli otto della Canottieri Adda, Olona, Querini e Armida. L’equipaggio, essendo classificato junior, vinse anche una speciale targa di benemerenza ed ai successivi campionati italiani che per la seconda volta venivano organizzati a Castelgandolfo, l’otto della Lecco si classificava al secondo posto nel campionato juniores. A capovoga dell’equipaggio lecchese Alessandro Fumagalli, in seguito e per molti anni gran maestro dei canottieri lecchesi, seguito ai vari carrelli da Luigi Radaelli, Adamo Mori, Giuseppe Annoni, Lucio Conti, Rodolfo Gatti, Gino Torri e all’ottavo carrello Pietro Galli, timoniere Antonio Gabaglio).

Foto 2 – Pietro Galli con i suoi “gioielli”: da sinistra Tullio Baraglia, Renato Bosatta, Galli al centro e poi Giancarlo Crosta e Giuseppe Galante.

Foto 3 – Alle regate di Sabaudia 1968: la premiazione dell’otto della Falck (da sinistra il tim. Mariano Gottifredi, poi Renato Bosatta, Emilio Trivini, Romano Sgheiz, Pierangelo Conti Manzini, Tullio Baraglia, Luciano Sgheiz, Giuseppe Galante a Abramo Albini), che dopo la vittoria a sorpresa alle regate selettive di Varese sulla formazione dei Vigili del Fuoco di Trieste, distanziati di 4”, a Sabaudia riconfermò le sue qualità, dando un taglio netto a ogni dubbio che poteva essere sorto, anche se ormai era stato deciso che gli otto “falcketti” al Messico avrebbero partecipato nei loro tradizionali “quattro”.

Riferimenti bibliografici:

–  Il Canottaggio, rivista mensile della Federazione Italiana Canottaggio – Roma.

–  Orgoglio Altolariano, l’esaltante avventura dei Canottieri della Falck di Dongo, di Giancarlo Della Fonte – Nuova Editrice Delta – Gravedona, 2004

–  Cento anni di Sport Lariano, di Bruno Carissimo – Grafica Colombo – Lecco, 1997