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Antonella Corazza, Noi ragazze degli anni Ottanta

martedì 7 Aprile 2009

Antonella Corazza, Noi ragazze degli anni Ottanta

Antonella Corazza, Noi ragazze degli anni Ottanta

di Marco Callai

ROMA, 7 aprile 2009 – Dopo aver letto l’intervista di Maurizio Ustolin al neocommissario tecnico Josy Verdonkschot, Antonella Corazza sente il desiderio di raccontare la sua versione sugli anni Ottanta: sogni, desideri e volontà di aiutare il canottaggio femminile a puntare verso l’alto.
Per Antonella, oggi allenatrice della Canottieri Corgeno e collaboratrice della Commissione Tecnica Regionale lombarda, il remo rosa è una componente importante della sua vita: il miglior risultato da atleta è proprio la partecipazione ai Giochi Olimpici di Los Angeles 1984 sul quattro di coppia con timoniere ma, di quel periodo, non vanno tralasciate anche medaglie europee e mondiali.

Antonella, da dove partiamo?
Sono una di quelle donne che, insieme a Paola Grizzetti, Donata Minorati, Raffaella Memo e Alessandra Borio, secondo Nilsen dovevamo fare le torte agli atleti. In cucina sono una frana, lo può testimoniare mio marito (Piero D’Antone n.d.r), ma da atleta voglio precisare che io e le mie compagne qualcosa abbiamo fatto

Historia magistra vitae
Vorrei ricordare qualche episodio della nostra carriera agonistica. Con affetto penso a Ustolin che per un breve periodo ha seguito il nostro equipaggio nell’estate 1983. Quando si gareggiava ancora sui mille metri e i Paesi dell’est erano irraggiungibili. Il nostro equipaggio era il 4x con timoniera. Le donne in generale erano considerate un po’ inferiori. Mettere un timoniere su una barca di coppia femminile: solo a un uomo poteva venire questa splendida idea ma comunque queste erano le regole. Gli allenatori di società, allora, non avevano un grosso
interesse a seguire le donne ma questo non era un problema

Come avete raggiunto i vostri risultati?
Abbiamo cercato con tutte le nostre forze e con chi in quel momento ci credeva davvero nelle donne: Franco Parnigotto. Volevamo emergere da questo assurdo maschilismo. Abbiamo lasciato le nostre famiglie per raggiungere un sogno.
A proposito vorrei ricordare a coloro che hanno la memoria corta che abbiamo vinto la Coppa Europa nell’83 a Candia da secondo anno juniores e, lo stesso anno, abbiamo centrato la medaglia di bronzo ai mondiali juniores a Vichy dietro Germania Est, a 2″ dalla Bulgaria.

Il vostro sogno: Los Angeles.
E’ vero. Piediluco ci ha accolte con affetto, ragazze giovani e carine riempivamo sicuramente le loro giornate invernali noiose.Abbiamo lavorato sodo, tra crisi esistenziali adolescenziali e abbiamo lavorato con generosità come e’ tipico delle donne, ma anche con sacrificio e coraggio. Abbiamo realizzato risultati eccezionali vincendo gare internazionali di tutto rispetto: a Trebon io vinsi anche il singolo e, alla Coppa Europa, giunsi seconda dietro la belga che vinse il bronzo lo stesso anno a Los Angeles. Le mie colleghe in 4x vinsero la finale della Coppa Europa. In quell’anno, per la prima volta nel canottaggio femminile, arrivammo quarte in finale a Lucerna. Faccio presente agli scettici che Lucerna, gara selettiva, non era stata ancora boicottata dall’Est. Con noi sempre l’unica persona che credeva davvero in noi: sempre lui, Franco Parnigotto.

Come andò l’Olimpiade?
Forse quell’evento e’ stato troppo grande per noi, forse non eravamo preparate psicologicamente ad affrontare un traguardo cosi importante. I giornalisti ci fotografavano, sognavano con noi, facevano progetti e supposizioni. Non abbiamo saputo gestirlo e per l’orgoglio che ci distingueva lo abbiamo affrontato da sole.
Siamo arrivate seste. Ho dovuto salire sul quattro perché Paola Grizzetti, dopo la batteria, ha avuto un serio problema alla schiena.
Questa è stata la nostra avventura insieme. Le mie compagne hanno smesso e io ho continuato a remare.

E oggi, Antonella?
Credevo e credo ancora nel successo rosa. Ma sono stanca di sentire che c’e’ sempre l’ultima di turno che fa meglio delle altre: questo mi fa davvero pensare che non esiste un archivio storico in rosa. Capisco che sono abbastanza rari i risultati in rosa ma se non diamo risalto a questi come possiamo pensare di creare un passato da seguire, uno stimolo alle nuove generazioni?
Fatichiamo tanto a trovare il campione, figuriamoci la campionessa!

Questione di memoria storica, quindi? E poca sensibilità verso il passato?
Esatto. Brave Bertini&C, Milani&C, Bascelli&C, ma anche Bentivoglio, prima medaglia di bronzo ai mondiali PL a Copenhagen, Orzan altra grande peso leggero molto forte, e, perché no, Corazza tre Coppe Europee vinte in singolo e infine Monica Cremascoli, in doppio con me allenate dal Gentiluomo Beppe De Capua, settime ai Mondiali Senior. Oggi abbiamo le nuove bimbe che stanno crescendo, abbiamo donne con carattere lasciate a casa per il peso o l’altezza fuori standard, ragazze che per grinta e tenacia hanno da insegnare ai maschietti, antipatiche forse, perché fuori dallo stereotipo della ragazza dolce con il cerchietto rosa sui capelli lunghi e biondi, il sorriso stampato su un visino da modella. Ma, fuori dalle aspettative, abbiamo anche questo, belle ragazze fisicamente modelle, con un cervello e un carattere di gran risalto, incredibilmente forti e grandi atlete: ci sono! Lo sapevate?

Cosa pensi di Josy Verdonkschot?
E’ un segnale forte dalla Federazione: è apprezzabile e spero alla lunga dia i suoi frutti. In futuro mi piacerebbe osservare una maggiore presenza femminile nei quadri tecnici: per ora, unica eccezione l’ammirabilissima Paola Grizzetti CT degli Adaptive. Tornando a Josy, il cammino sarà molto lungo, la strada molto tortuosa e le difficoltà davvero uniche. Il mondo femminile è un mondo meraviglioso, ma entrarci e’ davvero difficile. In bocca al lupo, Josy!

Foto Claudio Cecchin – Fotoline.org ©