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La struggente favola di Albert Winkler

giovedì 19 Marzo 2009

La struggente favola di Albert Winkler

Campioni del remo dalla montagna
LA STRUGGENTE FAVOLA DI ALBERT WINKLER
RACCONTATA DAL GIORNALISTA FRANCO SITTON

MILANO, 19 marzo 2009 – Un ragazzo di Montagna, Alex Bellini, recentemente ha concluso un suo secondo raid remiero, arrivando nella lontana Australia dopo mille peripezie. E dopo la prima traversata, dell’Atlantico, ha pubblicato un libro di memorie intitolato “Mi chiamavano montanaro”. Eh sì, è un po’ strano che un ragazzo nato in montagna si lasci avvincere in maniera così intensa dall’acqua (ma non è proprio sconvolgente), quanto dal mare, anzi il vasto mare aperto.

Ma non è il solo, anzi c’è stato chi prima di lui si è appassionato dei remi e delle barche ed è arrivato pure in Australia, non a remi s’intende, ma su nave, risalendo poi in barca su un laghetto che ospitava le Olimpiadi. Era Albert Winkler, altoatesino, che per un misterioso gioco del destino era approdato a Mandello Lario, regno incontrastato di motocilette e di canottieri, col dorato emblema dell’aquila dorata.

E’ una storia nota, mi dirà il solito critico, ne hanno parlato e scritto in tutte le salse. Ma è un ricordo che va ripreso, come ha fatto nel 2008 il giornale “Altoadige” di Bolzano, che ha dedicato due volumi ai “Campioni – protagonisti e storie dello sport regionale”, e così con una certa meraviglia in tanti hanno riscoperto la storia della medaglia olimpica di Albert Winkler, in assoluto la prima di un altoatesino, o meglio di un sudtirolese, che al paese, quando vi faceva una annuale puntata per ritrovarsi col fratello Johann, veniva accolto come “un emigrante, non il campione di canottaggio di Melbourne ’56”, ricorda Franco Sitton, noto giornalista della Rai di Bolzano, che ne ha curato l’attenta biografia. E forse in Valvenosta, dove era nato e cresciuto sino al momento di partire  per il servizio militare in Marina a La Spezia (era un valido sommozzatore), il praticare il canottaggio poteva sembrare cosa dell’altro mondo. Va bene sci, pattinaggio, roccia, ma remare, suvvia! Magari poteva andare in canoa sul Passirio, dove negli anni si è sviluppata una delle più importanti organizzazioni canoistiche nello slalom fluviale. Certo, lo slalom su fiume potrebbe avere qualche legame con quello sulla neve, come in effetti avvenne nelle primissime organizzazioni meranesi. Ma questa è una parte marginale della storia, anche se il richiamo è abbastanza pertinente. Senza nulla togliere all’opera del grafico che ha curato l’impaginazione del libro, colpisce l’oggetto simbolo nel titolo e nelle pagine, un vecchio e panciuto kayak da slalom ad accompagnare la storia e le immagini del canottiere.

Una storia – come ci ricordava l’amico Franco Sitton – che ha scosso un po’ l’ambiente, risvegliando l’attenzione anche dei giornali di lingua tedesca, per questo ragazzo (prematuramente scomparso a soli 49 anni) che nel lontano 1956 all’arrivo in paese fu accolto sì dalla “Musikkapelle di Castelbello, ma da pochi amici e parenti, un mazzo di fiori ed una bicchierata all’osteria”. Ben diversa accoglienza ricevettero dodici anni dopo i successivi vincitori degli ori olimpici, forse considerati più “doc” come tirolesi, ma è un’altra storia.

Ed ecco nel libro

la scheda di Albert Winkler ricostruita da Franco Sitton

Una medaglia d’oro alle olimpiadi e una medaglia di bronzo agli europei nel quattro con, altri due “ori” agli europei nell’otto e ben sei titoli nazionali rappresentano l’eccezionale palmarès di  Albert Winkler, nato a Ciardes di Castelbello il 13 febbraio del 1932. A vent’anni lascia la val Venosta: dopo la vita militare in Marina trova un posto di lavoro alla Moto Guzzi, la famosa fabbrica con il simbolo dell’aquila a Mandello del Lario. Non solo lavoro in fabbrica ma anche canottaggio uno sport popolare nei laghi lombardi. Albert si rivela subito un bel campioncino.

Debutto vittorioso in una gara zonale il 28 marzo del ’54 a Mandello nella “Jole a 4”, quindi altri successi nelle acque di Varese e all’Idroscalo di Milano con il quattro senza. Il titolo italiano è la classica ciliegina sulla torta. 12 settembre ’54: prima vittoria internazionale con  l’otto della Moto Guzzi alle regate di Lecco. Capovoga è il mitico Giuseppe Moioli. Nel ’56 viene allestito in chiave olimpica il “quattro con” con il timoniere Ivo Stefanoni, ai remi il capovoga Trincavelli, Sgheiz, Vanzin e Winkler.

L’armo della Moto Guzzi non ha rivali a livello nazionale e debutta in campo internazionale conquistando la medaglia di bronzo agli europei di Bled nell’agosto del ’56. Dopo tre mesi le olimpiadi a Melbourne in Australia. Sempre nel ’56 ai giochi invernali di Cortina Renato Mocellini di Fortezza aveva sfiorato il trionfo con il bob a 4 di Eugenio Monti (medaglia d’argento) ma la prima medaglia d’oro di un atleta altoatesino è quella di Albert Winkler

In … patria non è mai stato premiato e festeggiato come meritava.

In … patria non è mai stato premiato e festeggiato come meritava. L’oro di Melbourne non è una meteora. Nel ’57 Winkler si conferma campione italiano nel quattro con e quindi con l’otto della Moto Guzzi si laurea campione d’Europa a Duisburg e campione italiano. Secondo titolo europeo nell’otto l’anno successivo a Poznan in Polonia. Con la stessa formazione altri due titoli tricolori nel ’58 e ’59. Con  lui il destino è stato atroce: un ictus lo ha ucciso a 49 anni. Lo hanno pianto la moglie, il figlio e gli amici di Mandello. A Bolzano hanno dato un riconoscimento alla vedova, a Mandello del Lario hanno ricordato Albert Winkler nel cinquantenario della storica impresa insieme all’ing. Carcano deceduto nel 2004 alla veneranda età di 94 anni. 

Salvo sottolineare l’errore del grafico, ci sembra che le otto pagine, bene illustrate, che sono state dedicate al ricordo del grande campione ne costituiscano una importante e valida testimonianza e esprimiamo al collega Franc Sitton il compiacimento per il lavoro sviluppato. Sono queste opere infatti, grazie alla iniziativa dei quotidiani, bene l’ Altoadige in questo caso, che premiamo con queste “strenne” i loro lettori, decisamente importanti per tramandare il ricordo dei grandi campioni dello sport.

Ferruccio Calegari