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Comunicato Stampa

lunedì 24 Marzo 2008

Comunicato Stampa

Le Olimpiadi al buio della piazza proibita
Tienanmen oscurata durante i Giochi: solo immagini autorizzate

 
di STEFANO SEMERARO

Pechino, 24 marzo 2008 – Occhio non vede, Partito non duole. Il potere delle immagini è immenso, un fiume che può alluvionare persone e idee. Va imbrigliato, gestito, incanalato perché non tracimi e bagni le coscienze sbagliate. Il governo cinese ha deciso – apparentemente, visto che non esistono comunicazioni ufficiali, ma solo i ben fondati rumors rilanciati dalla Associated Press – di oscurare Piazza Tienanmen durante le Olimpiadi. Una Piazza Proibita, proprio come la cittadella dell’ultimo imperatore, formicolante di turisti, che le sta accanto. Proibita alle telecamere, prime di tutte quelle della NBC, il network americano che ha sborsato 2,3 miliardi di dollari per assicurarsi i diritti televisivi delle tre Olimpiadi comprese fra il 2004 e il 2008 (Atene, Torino e Pechino) e ora si vede sottrarre i fondali più preziosi per gli spot della prossima estate. Saranno concesse, pare, solo visite guidate, con angeli custodi che diranno cosa, come e quanto a lungo inquadrare.

E’ l’ansia del potere che tenta di edificare una grande muraglia in versione catodica. La questione Tibet fermenta ogni giorno più pressante e angosciante, con tutti i suoi echi internazionali, le chiamate al boicottaggio dei Giochi che si alzano ovunque in questi giorni. «Schiacceremo i secessionisti», ha urlato ieri l’agenzia ufficiale Xinhua. Meglio prevedere, anticipare, sopire, troncare. Scongiurare l’ipotesi – inaccettabile – che dietro gli stand-up dei giornalisti yankee compaiano, tollerati dalle telecamere politicamente corrette, attivisti pro-Tibet, pro-diritti umani; pro qualsiasi cosa che non sia la vulgata del Partito. Soprattutto che compaiano lì, sopra i 440 mila metri quadrati di Tienanmen, la piazza più grande del mondo e la scena di uno dei più fragorosi autogol (tele)visivi della storia del Novecento e del Partito comunista cinese: Waing Weilin, lo studente-icona, the Tank Man, che stoppa il grappolo di ferro dei carri armati usando solo il coraggio della sua carne agile e un po’ di fiato («Perché siete qui? Andatevene!»). A scanso di equivoci, dicono i cinesi, andatevene voi, stavolta, telecamere indiscrete. Non documenterete altre ribellioni.

«Tienanmen è il volto della Cina, la faccia di Pechino – ha dichiarato sibillinamente Yosuke Fujiwara, il capo delle relazioni esterne del BOB, il Beijing Olympic Broadcasting Co., joint venture fra il comitato organizzatore e il CIO. «Tantissimi network vorrebbero realizzare riprese dal vivo o registrate dalla piazza». Tanti, troppi. Meglio nessuno, allora. E senza troppe scuse. «Abbiamo semplicemente imparato che tutte le postazioni previste erano state cancellate», ha dichiarato un membro del BOB che ha voluto restare anonimo. «Nessuna spiegazione è stata fornita per il cambio di programma».

Il 15 marzo era stato anche impedito ad un gruppo di quattrocento boy scout americani di assistere all’esibizione di baseball in programma al Wukesong Field di Pechino fra i Los Angeles Dodgers e i San Diego Padres, due squadre della MLB, la lega professionistica americana che, come già quella del basket, sta cercando ad Est nuovi sfoghi al marketing. Il baseball nel 1960 fu bandito da Mao Zendong (o Tse Tung, come si diceva allora), oggi i praticanti in Cina sono 150.000. “C’è tutta una storia, una tradizione, un’atmosfera, un fascino nel baseball”, ha detto dai bordi del campo Joe Torre, leggendario manager dei Dodgers. “Non è qualcosa a cui ci si può abituare in una settimana”. Quanto occorre, allora, per abituarsi alla libertà?

“Ci hanno detto che era a causa di nuove questioni di sicurezza, ma il Tibet non è mai stato nominato”, ha buttato lì un membro, sempre anonimo, dello staff. Balle, e anche cucite male. L’embargo dei lupetti è un altro sintomo della tensione crescente che circola attorno alla dogana invisibile che separa e separerà Pechino e Occidente, i cinesi e gli occidentali che arriveranno laggiù per (tentare di) assistere a quello che dovrebbe (avrebbe dovuto) essere il trionfo dello sport, e che minaccia di trasformarsi in un evento paradossale. In uno show filtrato, censurato, con le pecette sulle telecamere.

Oggi è prevista l’accensione della fiaccola ad Olimpia. I Paesi che ne saranno attraversati stanno diramando note ufficiali in carta carbone: “Sport e politica non vanno confusi”. Gli attivisti di tutto il mondo stanno scaldandosi con cartelloni e megafoni lungo il percorso, si temono attentati alla fiamma sacra. Bush ha annunciato che sarà a Pechino, Pechino non crede al boicottaggio, e fa sapere che la fiaccola transiterà come previsto sull’Himalaya, sfiorando il confine più gelido e bollente insieme (lassù sarà forse l’Abominevole, invece di Bjork, a urlare “Tibet libero”?). Ma Pechino teme il Potere delle Immagini. Vuole controllarle, come il potere politico del resto ha sempre fatto, da Augusto a Hilter, anche a costo di auto-boicottarsi, di mutilare lo spettacolo che avrebbe dovuto (che dovrebbe) illuminare la potenza della Cina. La sua Nuova Era, il suo aprirsi senza snaturarsi al Mondo. Il rischio è che dalla piazza globale ci si ritrovi in una radura transennata. Il Potere esercitato sule Immagini segue sempre uno schema circolare, finisce sempre vittima dei proprio divieti. Durante le Olimpiadi del 1936 – guarda caso le prime per cui si tenne la cerimonia di accensione della fiaccola, le prime riprese dal cinematografo – Hitler se ne andò dallo stadio per non vedere, letteralmente, i trionfi del nero Jesse Owens, pessima pubblicità alla teoria della razza superiore. L’avversario tedesco di Owens, Luz Long, fraternizzò con il nemico americano (“nessuna medaglia vale quanto la nostra amicizia”, disse un giorno lo sprinter di colore), e per punirlo Hitler lo spedì al fronte, dove Luz morì. Per fortuna non è immaginabile che Liu Xiang, il primatista dei 110 ostacoli, faccia la stessa fine in caso di oro mancato, ma oscurare è un po’ uccidere. Non bisogna guardare ciò che non si vuole, è questa la teoria dei potenti cinesi. Teoria: da theorein, che in greco significa “guardare lo spettacolo”. Occhi aperti, ad agosto. Invece di boicottare e censurare, sarà meglio illuminarla tutta, questa Cina Proibita.

FONTE: LA STAMPA


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