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Comunicato Stampa

sabato 28 Giugno 2008

Comunicato Stampa

Regate su un prato d’alghe, la beffa del mare olimpico
Tremila persone impegnate a pulire. Vela e windsurf sono a rischio

di STEFANO MANCINI

PECHINO, 28 giugno 2008 – Lo scenario è onirico: le barche a vela solcano una distesa verdissima che sembra un prato della Cornovaglia. Sullo sfondo, una sky-line di grattacieli esaspera il senso di straniamento. Non è la pubblicità di una benzina, non è un disegno di Mordillo. Più prosaicamente, si tratta di uno strato di alghe che ha ricoperto come una viscida moquette la marina di Qingdao, Cina, che tra un mese e mezzo sarà (a questo punto è utile anteporre un «forse») campo di regata olimpico.

Surfisti e velisti già non erano contenti prima, figurarsi ora, con la prospettiva di finire la competizione imbrattati da un blob verde che trae nutrimento e concime da chissà quale intruglio chimico. A Qingdao c’è poco vento e ballerino, il cielo nuvoloso blocca la brezza, i palazzoni sulla costa la deviano, si erano lamentati gli atleti. Ci mancavano soltanto gli effetti dell’inquinamento. Nei mesi scorsi le federazioni veliche avevano espresso preoccupazione per la salute. Adesso i Giochi dell’acqua sono a rischio. Rimedi?

La Cina ha risorse umane enormi e a quelle si affida. Le autorità locali hanno reclutato tremila persone per tentare l’impresa disperata di ripulire parte degli ottocento chilometri di costa interessati. Trecento barche solcano il mare coma tosaerba, mentre a riva la poltiglia, voluminosa come la spazzatura di Napoli, viene raccolta in sacchi, messa su tapis roulant, caricata nei camion e portata in discarica, o comunque lontana dagli sguardi dei media. Secondo stime degli organi di informazione cinesi, fino a ieri ne erano state smaltite 50 mila tonnellate.

L’invasione delle alghe non ha ancora una spiegazione ufficiale. L’inquinamento, certo. Però gli esperti devono scoprire quale sostanza ecciti a tal punto lo sviluppo della vegetazione marina, altrimenti il mare continuerà a produrne e l’uomo non riuscirà più a smaltirla. Bloccare completamente la produzione industriale non è semplice neppure in Cina.

Alcuni tecnici interpellati dagli organizzatori dei Giochi hanno ipotizzato che il fenomeno dipenda dagli acquazzoni che hanno battuto di recente la regione. Se così fosse, escludendo che sia l’acqua in sé e per sé a far prosperare le alghe, c’è da chiedersi quanto smog (portato in mare dalla pioggia) sia normalmente disciolto nell’aria. Qingdao è una megalopoli di sette milioni e 600 mila abitanti a 550 chilometri da Pechino, nella regione dello Shandong. Ha un porto importante, una base navale e un centro industriale che contribuiscono a sporcare le acque del Mar Giallo (nome quantomeno inappropriato).

Paradosso dei colori (e dei nomi) Qing significa «verde», anche se è probabile che i saggi cinesi del passato si siano ispirati alle tinte di una natura che ha ceduto al cemento e all’urbanizzazione selvaggia degli ultimi decenni. In Europa è più conosciuta come Tsingtao, che è anche il nome delle distillerie in cui viene prodotta la birra esportata nei ristoranti cinesi di mezzo mondo. Le Olimpiadi ne dovrebbero diffondere un’immagine turistica e sportiva. Alghe permettendo.


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