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Comunicato Stampa

domenica 7 Settembre 2008

Comunicato Stampa

LA VOGATA OLIMPICA DI ALEX BELLINI

” E’ andata, ragazzi! E´ andataaa… Il passaggio delle Tonga, che solo al pensiero non mi faceva dormire da mesi, l´ho superato senza problemi ed ora, davanti a me, ci sono circa 1000 miglia di campo aperto! Ora mi posso concedere sonni più rilassati! Ripartire, l´altra mattina, e´ stata una vera gioia! Come un bambino con il suo nuovo giocattolo, sedersi su quel carrello, odiato/amato e sentire la plastica antiscivolo dell´impugnatura dei remi sulle mani mi ha riempito di grande felicità ed ottimismo, e remare e´ stata una vera goduria poi, proprio come un bambino con il suo giocattolo, superati i primi 10 minuti tutto si e´ ridimensionato, ho messo i paraocchi come i cavalli ed è ripresa la solita routine.” – con questa frase che esprime gioia per avere parzialmente portato avanti la sua grande fatica ai remi Alex Bellini apre la sua “news” settimanale. Ed è un grande piacere leggere che ormai ha superato all’incirca i due terzi del massacrante percorso sul Pacifico. Nei giorni scorsi le agenzie hanno segnalato con grande rilevanza che una vogatrice in solitario, la britannica Roz Savage, aveva attraversato l’Oceano, ma “soltanto” da San Francisco alle Hawai ed ha impiegato 99 giorni. Ma certamente non c’è un termine di paragone tre le due imprese e quella di Alex per la complessità ed i rischi (a parte la lunghezza del percorso) è decisamente superiore.

“Fisicamente sto benone, un breve stop mi ha fatto indubbiamente bene sia mentalmente che fisicamente, anche per cicatrizzare le vesciche sul sedere (ma aggiungiamo noi, è un rischio insito in un impegno del genere e per inciso ricordiamo che l’arte del remare è anche sacrificio. Come quello di Giuseppe Moioli che sessant’anni fa alla Olimpiadi di Londra corse con un foruncolo sul sedere, che gli dava un tormento certamente immaginabile, ma da uomo che si era prefisso un obiettivo, anche lui, seppe resistere al male). L´unica nota negativa è un certo gonfiore alle mani – prosegue Alex – che mi dà un po´ di fastidio”.

E sul piano globale, anche perché stava per superare la tremenda zona della “Fossa delle Tonga”, aggiunge: “Per tutta la giornata sono stato pervaso da una certa agitazione e trepidazione che alla lunga mi è venuta a pesare. Mi dicevo, infatti, che se fossi stato abbastanza fortunato avrei potuto scorgere, in qualunque momento, l´isola di Eua (con l’importante insediamento della capitale del regno di Tonga, il cui re Re George Tupou V, incoronato l’1 agosto, per l’occasione ha privilegiato i vini italiani – come scrive il Touring – della tenuta Duca di Casalanza di Mogliano Veneto, una linea di vini battezzata “Coronation”: pinot grigio, cabernet sauvignon riserva e un blend merlot-cabernet sauvignon ribattezzato Giorgio Quinto, quindi un altra positiva immagine per l’Italia, n.d.r.). L’isola di Eua era a circa 20 miglia di distanza dalla mia posizione e cosi ho passato tutta la giornata voltandomi a destra e sinistra in cerca di qualche segno di terra. Purtroppo le possibilità di scorgere terra non sono mai state elevate in quanto il cielo è stato da mattina a sera molto sporco, fitte nubi sparse ovunque e una spessa nebbia molto bassa mi limitavano la visuale. Un grosso ed inequivocabile segno di terra me l´hanno dato, però, i numerosissimi uccelli che ho visto volarmi intorno facendo un baccano infernale. Impossibile contarli, saranno stati centinaia, comprese qualche specie mai vista prima. La presenza di terra non era l´unica ragione per essere ansiosi. Avevo grosse aspettative anche riguardo al cosiddetto “effetto Venturi”, ovvero l´ aumento della velocità della corrente con la diminuzione del fondale oceanico e siccome in poco più di 40 ore sono passato da 10.500 mt fino a circa 1.000 metri mi aspettavo qualche cambiamento che non c’è stato”.

“Al contrario – prosegue – ho fatto molta fatica a remare e a tenere una buona velocità (il moto ondoso ancora pronunciato mi ha sicuramente penalizzato). Ad un certo momento però, tra la nebbia, ho intravisto la forma squadrata, bassa, scura, direi evanescente per il suo esserci/non esserci tra la nebbia, dell’isola”.

E’ interessante seguire Alex nel suo diario, e poi anche negli scambi epistolari con tanti che ne seguono il percorso, che ha anche il tempo per dedicarsi a simpatiche considerazioni sul vedo e non vedo la tera lontana. Ma non era questa terra la sua méta e quindi fa bene a non distrarsi ed a proseguire per completare le altre 1000 miglia che lo attendono.

Ferruccio Calegari
Ufficio Stampa FIC Lombardia