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A colloquio con Giovanni Postiglione, nuovo FISA Coaching Director

domenica 9 Aprile 2017

A colloquio con Giovanni Postiglione, nuovo FISA Coaching Director


PIEDILUCO, 10 aprile 2017
– Famiglia e cuore sono a Napoli, ed è lì giocoforza che trascorre gran parte del suo tempo. Tuttavia, per lavoro è chiamato spesso a dividersi tra Grecia, Lituania (i paesi con i quali collabora come tecnico) e Svizzera (dove ha sede la FISA), non disdegnando di tanto in tanto una puntata tra Africa, Asia e Sudamerica, ovvero i continenti dove il canottaggio è in via di sviluppo. E non potrebbe essere altrimenti dal momento che da un paio di mesi è il nuovo Coaching Director della FISA. Stiamo parlando di Giovanni Postiglione, classe 1951, a più riprese membro dello staff tecnico della Nazionale e oggi appunto consulente per Grecia e Lituania, nazioni da lui portate ai vertici del remo mondiale. Lo abbiamo incontrato a Piediluco nel corso del Memorial Paolo d’Aloja, e abbiamo approfittato per farci quattro chiacchiere su questo nuovo incarico. “E’ un incarico che arriva dopo 40 anni di esperienza internazionale nel canottaggio, un lasso di tempo nel quale ho avuto modo di sviluppare una discreta conoscenza della materia e una certa facilità di dialogo, anche grazie alle mie esperienze presso varie nazionali, in alcuni dei quali mi sono trovato a dover abbattere una certa riluttanza nel nostro sport, spesso riuscendoci. Sono stati 40 anni in cui il canottaggio ha subito regolarmente profonde trasformazioni, e io semplicemente con questo ruolo del quale mi ha investito la FISA, punto ad essere partecipe di questi cambiamenti, e non semplicemente subirli”. Nel ruolo di Coaching Director della FISA, Postiglione raccoglie l’eredità di Thor Nilsen, ex Direttore Tecnico azzurro nonché colui che nei primi anni ’80 gli affidò la guida del College Remiero Federale di Piediluco riservato agli atleti Junior.


“Rispetto a Nilsen, il mio ruolo oggi – spiega Postiglione – è diverso. Lui puntò prevalentemente ad aumentare il numero di paesi affiliati alla FISA, intento nel quale riuscì perfettamente dal momento che in breve tempo passò da 70 a 160. Fu protagonista di un vero e proprio lavoro di proselitismo, che portò ad aumentare il numero di tecnici e allenatori presenti sui campi di regata internazionali. Il mio obiettivo oggi è diverso, ovvero coincide con l’impostazione di un sistema educativo in via di sviluppo per quanto concerne gli allenatori. Il fine primario che mi impongo di realizzare è di migliorare la formazione dei tecnici a livello internazionale, istituendo un quarto e un quinto livello FISA per gli allenatori, oggi che il sistema si ferma al terzo, conseguibile in poche settimane. L’istituzione di questi due nuovi livelli mira ad alzare la professionalità dei tecnici a livello mondiale, così che aumentino gli allenatori veramente in grado di mettersi a disposizione di paesi esteri. Dobbiamo aumentare la professionalità dei tecnici, questa è la mia visione e quella della FISA. Il canottaggio internazionale oggi si svolge ormai in tutto il mondo, in paesi con diverse esigenze e dove lo sport del remo ha diverse origini, e uniformare il livello di preparazione dei tecnici che vi lavorano sarà dura. Una vera e propria impresa, ma questo è ciò che mi stimola. Creeremo dei protocolli di scambio offerti a tutti i paesi, cercheremo di agganciare le università per offrire ai tecnici provenienti da altri paesi di fare esperienza ad un certo livello. Abbiamo già contattato alcune università, e da molte nazioni – Canada, Gran Bretagna, Nuova Zelanda – abbiamo già ottenuto disponibilità. Contemporaneamente, oltre a portare tecnici di tutto il mondo a fare esperienza all’estero, il progetto mira a lavorare in quei paesi dove c’è fisico e tradizione, ma dove manca una cultura degli allenatori.


Penso alla Russia, dove ci sono grandissime potenzialità e dove il livello può crescere molto. Il lavoro deve essere fatto a 360°, dappertutto, perché i criteri olimpici sono in continua evoluzione, e se oggi ancora il canottaggio mondiale è all’80% una questione europea, i posti alle Olimpiadi si redistribuiranno sempre di più, entreranno nel programma sempre più paesi da Asia, Sudamerica e Oceania. Casi come quello del Sudafrica, che dai bassifondi è arrivato all’oro olimpico di Londra 2012, devono essere sempre più frequenti. Quella è stata la medaglia di un continente, non di un paese, e così speriamo sia sempre più di frequente in futuro”.Gianni Postiglione, quale Coaching Director della FISA e tecnico di livello internazionale, guarda con attenzione ai cambiamenti che, si vocifera, potrebbero ancora investire il canottaggio olimpico da qui ai prossimi anni, come ad esempio l’accorciamento delle regate, vista la difficoltà a trovare campi di regata regolamentari in natura e agli alti costi economici da sostenere per realizzarne di nuovi. “Il mondo remiero internazionale è contrario all’accorciamento dei 2000 metri di gara. Tuttavia, pensando al canottaggio quale sport di endurance e quindi con una durata che deve stare tra i cinque e i nove minuti di gara, si potrebbe pensare che i 1500 metri siano una distanza che metta d’accordo tutti. Tuttavia a livello olimpico il problema non è tanto l’accorciamento del percorso legato alla difficoltà di trovare campi di regata adeguati a livello internazionale, quanto il fatto che il canottaggio è uno degli sport più rappresentato alle Olimpiadi. Da altre discipline sportive questo sicuramente potrebbe non essere ben visto, vedremo come evolverà la situazione legata a queste che, per ora, sono solo voci”. 40 anni di canottaggio internazionale, medaglie olimpiche e mondiali, successi a livello societario e internazionale dovunque ha allenato. Tutta questa esperienza avrà pur dato a Gianni Postiglione un’idea propria di canottaggio: “Il canottaggio oltre che alle sue regole, dipende dai cambiamenti tecnici e dall’evoluzione di barche e remi.


Oggi per me la tecnica del canottaggio dipende dalle pale. La pala per il canottiere è come la racchetta del tennista; è la naturale prosecuzione del suo braccio, è il compimento finale del gesto. La pala fa un atleta diverso, ed è lei a cambiare a seconda delle esigenze. Oggi sui 2000 metri è in un modo, ma se domani il canottaggio olimpico sarà accorciato a 1000 metri, salterà fuori una pala diversa e più performante per la nuova distanza. Ma questo lo dice già la nostra storia, e penso al 1992, quando l’introduzione delle pale big blade rivoluzionò la tecnica di voga e la preparazione del canottiere. Così come un ruolo centrale nella tecnica lo ha guadagnato il remoergometro, che oggi educa l’atleta quasi più dell’allenatore. Un atleta di ultima generazione è informatizzato, crede prima ai numeri che all’allenatore. Un tempo c’erano le sensazioni dell’atleta e l’occhio dell’allenatore, che era l’unico ad avere il cronometro in mano e dunque praticamente era tutto. Oggi il rapporto tra tecnica, atleta e attrezzatura è molto più complesso, l’atleta ha immediata consapevolezza della propria forza e velocità, misurata tecnologicamente con vari fattori, ed ecco che oggi l’allenatore è una componente della preparazione, non più il fulcro”. Lo abbiamo già detto, Gianni Postiglione ha mietuto successi in ambito internazionale lungo tutti i suoi 40 anni di carriera. Proviamo a farci dire qual è l’equipaggio più forte che abbia mai allenato: “Il quattro senza della Grecia argento ai Mondiali di Bled del 2011, e che poi a Londra ottenne il quarto posto nella corsia quattro, la più svantaggiata, in una finale che non a caso vide l’ordine di arrivo rispettare quello delle corsie: oro all’acqua 1, l’argento alla 2, il bronzo alla 3. Era una barca eccezionale con valori fisiologici normali, formata da un atleta di un metro e 90, due di uno e 87 e uno di un metro e 83.


E poi anche il doppio femminile greco quarto a Rio, con Sofia Asoumanaki e Aikaterini Nikolaidou, una barca straordinaria per la crescita di Sofia, un esempio di vero talento remiero. Sofia ha iniziato a remare nell’ottobre 2013, ai Mondiali Junior dell’anno dopo ad Amburgo è arrivata quarta in singolo penalizzata dalle onde, nel 2015 ai Mondiali Junior di Rio ha preso l’argento sempre in singolo, qualificando poco dopo ad Aiguebelette il doppio per l’Olimpiade. La riprova che il talento c’è, va solo scovato e curato. Un concetto che vale anche per gli allenatori. Faccio un esempio. In Lituania allena con me in Nazionale un tecnico di talento come Micolas Massilionis. Faceva il vogatore, sono stato io a chiedergli di passare a fare l’allenatore avendo intravisto in lui determinate capacità. Lui in Lituania svolge l’80% del lavoro, io ci metto il restante 20%, la rifinitura. Un altro esempio è quello di Roger Barrow, tecnico del Sudafrica, che nel 2009 non aveva nemmeno una barca in finale nelle competizioni internazionali e oggi è l’allenatore dell’anno. Anche il talento di un allenatore può fare grande un paese, perché sarà lui poi il primo a scovare il talento negli atleti. Questa è la sintesi di ciò che cercherò di fare in FISA: cercare allenatori talentati, formarli e portarli a scovare atleti di talento e valore nel canottaggio di tutto il mondo, anche laddove, per i motivi più svariati, il canottaggio è uno sport soffocato. Dobbiamo scovare tecnici di talento e dare loro l’opportunità di emergere. Questo è il mio obiettivo in FISA: offrire opportunità a chi poi contribuirà alla crescita del canottaggio mondiale”. Gianni Postiglione, buon lavoro!

Speciale 31° Memorial Paolo d’Aloja