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Sport e Disabilità”. A colloquio con Max D’Ambrosi”

martedì 26 Gennaio 2016

Sport e Disabilità”. A colloquio con Max D’Ambrosi”

TRIESTE, 26 gennaio 2016 – L’organizzazione del Convegno Sport e Disabilità, è occasione ghiotta per parlarne con Massimiliano D’Ambrosi, Presidente del Comitato Regionale Federcanottaggio del Friuli Venezia Giulia, uno dei Presidenti di Comitato più giovani e più attivi del panorama nazionale. Una gavetta da Atleta, ma anche tecnico, ed ora dirigente, D’Ambrosi è uno uomo del canottaggio a 360°, con un’apertura mentale indispensabile e doti organizzative innate, che lo hanno portato a prendere per mano il Friuli Venezia Giulia a remi, facendone una delle regioni più attive in tutti gli aspetti cdella nostra disciplina: ora anche culturale. Ma oltre ad organizzare un Convegno di questa portata, che cosa pensa di Sport e Disabilità il Presidente del Comitato?

Perché un Convegno Sport e Disabilità, e perché proprio a Trieste?
Devo dire che se lo scorso anno la volontà era proprio quella di organizzare un Seminario per iniziare a parlare di canottaggio e disabilità, quest’anno originariamente la nostra idea era quella di organizzare delle piccole lezioni dedicate a coloro che avevano manifestato la volontà di seguire il corso allenatori ParaRowing da noi promosso. L’entusiasmo riscontrato da parte della Consulta Disabili, che doveva essere nelle nostre intenzioni uno dei soggetti che avevamo contattato appunto per il nostro corso, ed in particolare da parte del suo collaboratore tecnico Berti Bruss, ci ha spinto, congiuntamente, a creare qualcosa di più, che mettesse sul piatto altre esperienze, anche di altri sport, e che potesse colpire una platea più ampia. La scelta di Trieste è stata soprattutto logistica, perché non bisogna scordare che la maggior parte delle nostre Società risiede in questa città, ma anche mirata, in quanto Lisanna Bartolovich, la giovane tecnica che abbiamo selezionato per il nostro corso, opera proprio presso una Società di Trieste, anche se la nostra volontà è quella che possa essere a disposizione di qualsiasi Società intenda in futuro lavorare con i disabili.

Che importanza riveste il connubio tra l’attività sportiva e la disabilità?
L’attività sportiva può rivestire ritengo due ruoli differenti, ma altrettanto importanti. Può essere da un lato importante strumento atto alla riabilitazione fisica post-traumatica, mentre dall’altro può essere uno “svago” importante e di supporto nei processi di superamento psicologico del trauma.

Che cosa può dare lo sport ed il canottaggio in particolare alla persona diversamente abile?
Lo sport, come avviene d’altronde per i normodotati, può offrire giorno per giorno nuovi obiettivi e sfide da superare, il che ritengo possa essere uno stimolo importante, soprattutto nel percorso riabilitativo. Dall’altro offre un ambiente sociale, inclusivo per definizione. Il canottaggio in particolare per la sua completezza del gesto, può essere importante per il processo di recupero da diversi tipi di trauma ed offre inoltre una cornice naturale data dall’acqua e dall’ambiente dove si rema che sono unici.

Quanto la cultura (ed i convegni di questo tipo) possono facilitare l’inclusione?
Ritengo che possano essere molto importanti, in quanto si riesce a creare una connessione tra quelle che sono le realtà che lavorano giornalmente con le persone disabili e che ne conoscono le situazioni e le esigenze, con le associazioni sportive che dall’altro lato sono in grado e magari vogliono anche offrire un certo tipo di “servizio”, ma non sanno a chi rivolgersi.

Quali difficoltà (se ce ne sono state) e quali invece gli aspetti positivi ha riscontrato nell’organizzare questo Convegno?
Devo dire che di difficoltà ne abbiamo trovate davvero poche, anzi, abbiamo trovato la massima disponibilità da parte di tutti, dai relatori contattati, alla stampa nella pubblicizzazione dell’evento, al pubblico che ha risposto entusiasticamente, facendoci di fatto chiudere le iscrizioni dopo pochi giorni dall’apertura e facendoci quasi rimpiangere la scelta di puntare ad una sala più grande.

Quali caratteristiche dovrebbe avere una società remiera che voglia avviare un diversamente abile al mondo del canottaggio?
Banalmente una struttura adeguata, poi certamente dei tecnici/istruttori opportunamente preparati e possibilmente dedicati a questa attività, in quanto è difficile che possano conciliare l’eventuale impegno con una squadra agonistica, con quello rivolto agli atleti disabili, questo non tanto per questioni di tempo, quanto perché, ritengo, ci debba essere una diversa impostazione mentale da parte del tecnico. In questo, la figura che stiamo preparando con il corso promosso dal nostro Comitato vuole venire in aiuto. Infine la convinzione che dal lavoro con un diversamente abile non si debba per forza tirar fuori un atleta, ma si può anche semplicemente offrire a lui un’opportunità di recupero e di inclusione.

Che importanza hanno in questo processo di inserimento. la famiglia ed il mondo della scuola, quello politico e quello sportivo?
Giocano tutti dei ruoli importanti, ma differenti. La famiglia deve essere il più possibile coinvolta e possibilmente partecipare congiuntamente all’attività sportiva. La Scuola può svolgere un ruolo soprattutto a livello culturale, mentre al mondo politico si chiede di sostenere e premiare chi ci crede e si applica in questo processo, in quanto, purtroppo, i costi da sostenere spesso sono una delle cause che bloccano quelle Società che magari avrebbero anche la volontà di avviare dei percorsi di inclusione, ma al momento di redigere il bilancio, si vedono costretti a fare delle scelte.

Maurizio Ustolin
Ufficio Stampa FIC FVG