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Giuseppe Abbagnale Siamo poveri ma vinceremo””

venerdì 19 Aprile 2013

Giuseppe Abbagnale Siamo poveri ma vinceremo””

di Franco Morabito
(Corriere dello Sport – Stadio)

ROMA, 19 aprile 2013 – Giuseppe Abbagnale, 53 anni, da capovoga del leggendario “due con” dei Fratelloni a presidente del canottaggio italiano e di una federazione in cerca di rilancio dopo il tracollo e le polemiche dei Giochi di Londra. All`Olimpiade il nostro remo ha conquistato solo l`argento col doppio di Romano Battisti e Alessio Sartori, unica barca fra le sette azzurre targata per intero Fiamme Gialle e qualificatasi per proprio conto dopo che l`allora c.t. Giuseppe De Capua l`aveva più volte scartata. Un ritorno in scena, quello di Abbagnale che, abbandonata l`attività agonistica nel 1993, era stato vicepresidente federale dal 2001 al 2004; al suo fianco, come d.t., ha richiamato lo zio Giuseppe La Mura, che aveva già guidato il remo azzurro dal 1993 al 2004 vincendo 76 medaglie (28 d`oro, 21 d`argento e 27 di bronzo) fra Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Mentre fra i dieci consiglieri eletti vi sono altri plurimedagliati olimpici e mondiali come Davide Tizzano, Rossano Galtarossa e Lorenzo Bertini. Ieri Abbagnale ha presentato il “Progetto Azzurro”, il programma quadriennale che culminerà con i Giochi di Rio 2016. Noi l`abbiamo intervistato.

Abbagnale, sono passati cinque mesi esatti dalla sua elezione, che ambiente ha trovato e che cosa sta facendo per risollevarlo? «Stiamo lavorando per ricreare un clima sereno con obiettivi comuni e un coinvolgimento più marcato di tutte le componenti – dall`area tecnica agli atleti e alle società – che ci sono apparse assai scollegate e troppo spesso in conflitto fra loro».

E dal punto di vista agonistico? «Le difficoltà sono molte perché dopo l`abbandono di campioni come Galtarossa, Sartori, Carboncini, Mornati si tratta di ripartire con un gruppo quasi totalmente nuovo. Il che ci offre tanti stimoli, ma ci pone davanti un futuro pieno di incognite».

Ci sono però anche giovani interessanti che hanno vinto molto e sembrano pronti. «E` vero, abbiamo un buon numero di atleti che si sono imposti a livello giovanile, ma da qui a dire che abbiamo pronto il ricambio ai massimi livelli ce ne passa. Il divario fra junior e senior è enorme, la base è valida ma guai ad illudersi».

Alla guida del remo azzurro è tornato dopo otto anni anche Giuseppe La Mura, col quale eravamo saliti stabilmente sul tetto del mondo. Com`è cambiato il suo ruolo da allora? «Il suo compito attuale è soprattutto quello di dare continuità e garanzia ad un progetto attorno al quale si è ricostruita una squadra di tecnici che si è sempre identificata nella sua filosofia e nei suoi metodi di lavoro, che hanno continuato ad essere apprezzati ed applicati anche all`estero».

In Consiglio federale, oltre a dirigenti di provata esperienza, ha voluto anche campioni di grande spessore: una presidenza, la sua, più tecnica che politica. Sarà la chiave giusta per ripartire? «Credo che uno dei punti chiave del “Progetto azzurro”, sul quale si basa il nostro rilancio, sia quello di costruire equipaggi che possano arrivare a vincere, perché i successi danno visibilità e, con questa, le risorse per promuovere il canottaggio e allargare la base facendo da volano per tutto il movimento. Per far questo il vissuto dei campioni lo ritengo indispensabile».

Per vincere, però, non bastano le idee, occorrono anche i soldi. «Certo, il nostro bilancio è modesto, circa 4,5 milioni di euro, uno dei quali se ne va solo per il personale. Ma con una gestione finalizzata a centrare gli obiettivi ed attenta ad evitare gli sprechi penso che potremo tornare a pensare in grande».

Fra i suoi programmi c`è anche il rilancio dei rapporti con le scuole. «E` fondamentale se vogliamo avvicinare i giovani e farli crescere fino alla Nazionale. A questo riguardo abbiamo previsto anche uno sviluppo armonico di nostri centri periferici in varie parti d`Italia, nei quali poter svolgere microraduni, con una partecipazione più massiccia e costi ridotti».

Lavoro, lavoro, lavoro: questi i concetti da sempre cari a La Mura con i quali ha costruito i suoi trionfi. Sono validi ancora oggi? «I programmi e le quantità di lavoro non li stabiliscono né l`allenatore, né l`atleta: li determinano gli avversari. E` dal confronto con i migliori che si capisce a che punto siamo e che cosa fare ancora, o di più, per batterli».

Il suo ricordo più bello da atleta? «Ne ho molti. Il primo è legato all`Olimpiade di Seul, quando nel giro di pochi minuti salimmo sul gradino più alto del podio io, Carmine e Agostino: tre fratelli, su due barche diverse, tutti con l`oro al collo, un`emozione forte ancora oggi. L`altro risale all`81, quando in una regata a Mosca, per la prima volta in barca con mio fratello Carmine, mettemmo la punta davanti a un equipaggio della Germania Est, nazione fino ad allora imbattibile».

E quello che le lascia ancora oggi l`amaro in bocca? «La finale dei Giochi di Barcellona 1992; non tanto per l`argento ma per come è arrivato. C`è stato un momento in gara in cui eravamo convinti di aver già vinto».

Foto E.Artegiani
 

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