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Francesco Landolina: il primo Adaptive siciliano sogna Rio 2016

mercoledì 2 Gennaio 2013

Francesco Landolina: il primo Adaptive siciliano sogna Rio 2016

di Stefano Lo Cicero Vaina
 

CATANIA, 02 gennaio 2013 È tra i primi dieci atleti disabili d’Italia. E il suo obiettivo, per il 2013 appena iniziato, è far bene al campionato italiano di remoergometro, il 20 gennaio a Catania. Parliamo di Francesco Landolina (sopra a destra durante la premiazione della regata torinese “Rowing for Rio”, disputata il 21 ottobre), 17 anni, palermitano, tesserato per la Roggero di Lauria. È ipovedente da quando è nato, vede male da vicino e da lontano, un po’ meglio ai lati. Un ostacolo che non gli ha impedito, in questi anni, di condurre una vita normale, tra scuola e canottaggio, diventando il pioniere siciliano di questo sport, oltre che il simbolo di chi alle difficoltà reagisce lottando.
Francesco, non è da tutti conciliare un difetto visivo come il tuo e la vita di tutti i giorni.
«No, però con l’aiuto di familiari e società riesco ad affrontare senza difficoltà le mie giornate».
Come ti sei avvicinato al canottaggio?
«Avevo 11 anni e il mio professore di educazione fisica mi ha indirizzato al Telimar: sono stato con loro per 5 anni e poi sono passato al Lauria. Qui ho trovato l’ambiente migliore per allenarmi».
Come fai ad allenarti vedendo così poco?
«Mi aiutano gli allenatori Luca, Dario e Marco, ma anche i compagni di squadra: esco in barca con loro, perché da solo, in singolo, non potrei orientarmi. Anche quando vado a correre ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a evitare gli ostacoli. Ho meno difficoltà al remoergometro, anche se ci vuole sempre qualcuno che legga per me il computer».
Sei tra gli atleti adaptive più forti d’Italia, ma in Sicilia sei l’unico che fa attività agonistica. Siamo un po’ indietro, no?
«Sì, la Sicilia è davvero arretrata rispetto ad altre realtà come la Lombardia. Spero che qualche società stimoli l’attività agonistica per i disabili».
Ci racconti il mondo Adaptive, dalle specialità alle gare?
«Ci sono tre categorie. Quella per chi non può usare le gambe: gli atleti gareggiano in singolo. Chi può usare braccia e busto gareggia invece in singolo e doppio. C’è poi la categoria in cui rientrano i canottieri che possono usare tutto il corpo ma hanno disabilità visive o di altro tipo: questi atleti gareggiano in 4 con. A livello internazionale, la barca deve essere composta da due uomini e due donne, e uno di questi deve essere ipovedente e deve indossare una mascherina, che gli impedisca di vedere del tutto. Tra i componenti della stessa barca non c’è distinzione d’età».
Usi la mascherina in allenamento?
«Ogni tanto. Certo, diventa tutto più difficile perché in quel modo non vedo più niente».
Nonostante tu sia ipovedente, gareggi anche tra i normodotati.
«Sì. Così ho migliorato molto la mia sensibilità: seguire il compagno non è facile, nelle mie condizioni».
Quale scuola frequenti e come affronti la giornata tra i banchi?
«Il liceo scientifico Cannizzaro. Ho un’insegnante di sostegno che mi aiuta e un videoingranditore che mi permette di leggere».
Il campionato italiano di Catania è alle porte. Cosa ti aspetti?
«Per ora sui 1.000 metri faccio 3’30’’: spero di confermare o migliorare questo tempo».
Hai solo 17 anni e Rio 2016 non è così lontana.
«È il mio sogno. Spero si avveri».
Quanto conta la tua famiglia in quello che fai?
«Molto. I miei primi tifosi sono papà e mamma, ma anche i miei fratelli Claudio e Chiara. Che tra l’altro fanno pure canottaggio. Alla fine, a casa, non si fa che parlare di barche e remi».