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Vecchio Fiat

domenica 10 Novembre 2013

Vecchio Fiat

TRIESTE, 11 novembre 2013 – Era lì ad aspettarci da tempo. Secondo me si chiedeva perché avessimo aspettato tanto tempo per andarla a trovare, e di questo non so darmi una risposta, o forse sì. Il ritmo forsennato che ha oggi la nostra vita, ci porta spesso a non trovare un po’ di tempo per raccogliere i nostri ricordi e trasformarli in concreti deja vù. Succede che diamo maggior importanza alle persone ed a quanto in questo momento stiamo facendo, mentre non sempre siamo consapevoli che altre persone, con le quali in passato abbiamo tanto condiviso, rappresenteranno per sempre le pietre miliari della nostra esistenza, E forse di questo adesso siamo in grado di accettarlo perché un sabato sera d’autunno, quello appena trascorso, rimarrà impresso indelebile in molti di noi.
L’idea di Vecchio Fiat era nata ad oltre 700 km di distanza dal Po, quando un pomeriggio di settembre, incontrai a Sabaudia, in occasione dei Campionati Italiani Assoluti, Marco e Raffaella, con i quali trascorsi alcune ore piacevoli a parlare di canottaggio e non solo, e da lì nacque l’idea di trovarci noi dell’otto Fiat, visto che era da tanto che se ne parlava. Mi incaricai di diffondere la notizia, utilizzando quella cassa di risonanza che risponde al nome di Facebook, oltre alle mail ed ai cellulari dei quali ero a conoscenza.
La notizia si diffuse a macchia d’olio e di buon grado decidemmo di estendere l’invito a tutti quelli che negli anni avevano vestito i colori della società di corso Moncalieri.
Un apporto notevole lo diede Luigi, che si dichiarò da subito ben disposto ad ospitarci agli Amici del Remo per un convivio che rispettasse i gusti del popolo delle pale rosse.
Ezio dopo un po’ di giorni giustamente propose che il benvenuto e la prima accoglienza di questo nostro Vecchio Fiat avvenisse nella palestra della Sisport, e grazie all’autorizzazione della dirigenza, ciò potè avvenire.
Quello che noi non avremmo osato sperare stava però accadendo. Il passaparola, FB, le mail ed i cellulari avevano fatto in modo che la notizia giungesse a molti Fiatini, di un po’ tutte le generazione, e giornalmente, via sms o all’indirizzo appositamente creato [email protected], giungevano piacevoli, numerose ed inaspettate adesioni. Romano aveva preparato una gradevolissima immagine subito lanciata in Rete, trasformata presto in invito ufficiale.
“Se saremo 50, sarà un grosso successo!”, ripeteva Ezio.
“Avremo delle belle sorprese!” chiosava Luigi.
Io non mi facevo illusioni, perché sapevo che poi le aspettative avrebbero potuto essere disattese.
Feci fare un po’ di inviti, riuscii a recuperare grazie a Gino il vecchio logo del Centro Sportivo Fiat, mentre le telefonate si intrecciavano, e giornalmente comunicavo a Luigi le nuove adesioni. Si parlava di Vecchio Fiat come di un evento atteso. Per me lo era sicuramente …!
Giungevano intanto giustificate defezioni da atleti Fiat che molto dispiaciuti avrebbero voluto esserci: Giorgio, Fulvio, Fabrizio, Paolo, gente distante centinaia di km che comunque ci era vicina e che avrebbe voluto essere della partita.
Antonio distante oltre 400 km aveva garantito sarebbe venuto, Mimmo da 800 km, io me ne avrei fatti 600. Ma che importanza aveva la distanza, pur di trovarci? Di tributare al Vecchio Fiat la giusta nostra riconoscente presenza? Il ricordo di Bebo e la scomparsa del Ciciu in queste ultime settimane aveva fatto da ulteriore collante tra di noi.
“Massimo esordirà con il suo saluto d’apertura, poi dirò io due parole, poi le dirai tu” proponeva Ezio dall’altro capo del filo. Io ero d’accordo, anche se prima di me magari avrebbero dovute esserci altri atleti a parlare, ma ero contento, anche se questo rappresentava dal mio punto di vista una grossa responsabilità. Avrei voluto per l’occasione preparare dei gadget, ma un po’ il tempo, un po’ (non voglio nasconderlo), i soldi, mi hanno indirizzato verso una scelta che poi alla fine si è rivelata azzeccata. Un ricordo della serata, rappresentato da un pieghevole, con il mio personale (e speravo condiviso) motivo per cui ci riunivamo.
Oramai tutto era pronto.
Sabato mattina partii con la mia automobile ed in 6 ore raggiunsi Torino, facendo prima tappa al Cerea, dove trovai subito una calda accoglienza, e dove mi resi conto, nonostante l’evento rappresentato dalla Silver e dalla Kinder monopolizzasse il pomeriggio, quale sarebbe stata la portata di Vecchio Fiat alla sera.
Uno degli incontri più piacevoli, quello con Arturo, al quale debbo tanto, con solo come vogatore, ma come uomo, che anche se non lo confessava, era felice dell’iniziativa.
Al calare delle prime ombre sul fiume, mi recai in albergo nel quale avrei soggiornato, e del quale se n’era occupato Luigi di prenotazione e quant’altro.. Giuseppe mi venne a prendere poco dopo. Con il mio amico non ci si vedeva da qualche anno, e fu subito piacevole cicaleccio. In breve raggiungemmo il 346 di corso Moncalieri. C’erano già parecchie automobili parcheggiate. In una manciata di secondi, trovai, oltre a Giuseppe altri tre amici che speravo tanto di incontrare quella sera: Paolo, Franco e Osvaldo. Assieme ci avviammo verso l’entrata.
“Ma ci faranno entrare?” fece Giuseppe…”oppure ci chiedono chi siamo?” Fiduciosi procedemmo, e nella penombra cominciarono i primi dubbi. “Ma chi sono quelli?” complici l’oscurità e la vista un po’ peggiorata, da distante facevo fatica a riconoscere chi si intratteneva prima di accedere alla sede vera e propria. Messi a fuoco i volti riconobbi Valter, Fiorella, Jessica: forti abbracci.
Entrammo nella palestra, che una volta invece era la sala barche degli otto, e lì in un tourbillon di ricordi, facce conosciute e meno, che avevano fatto la storia del canottaggio del Fiat, italiano, mondiale.
Se dovessi nominarli tutti me ne scorderei qualcuno, ma era forte ed incredibile come i capanelli che si erano formati, rappresentavano gli equipaggi di allora. Ezio e Baco, 2 senza di bronzo, Nerio, Mauro e Dario, 4 senza mondiale…(Franco l’olandese aveva da pochi giorni lasciato Torino per tornarsene tra i suoi mulini a vento…peccato!).
A fatica riuscimmo a far sedere tutti, perché ognuno aveva da raccontarsela…Forse il più giovane di tutti Andrea, colonna portante della Sisport di qualche anno fa, era battuto cronologicamente da due splendidi neonati figli di canottieri.
Massimo prendeva la parola, poi era la volta di Paco che chiedeva un minuto di silenzio in ricordo di Bebo, del Ciciu, di Geppetto, di Tito e di madama Carando, tutte persone che avevano fatto parte della nostra vita alla Fiat. Era poi il mio turno. Io lo sapevo che sarebbe successo. Con disinvoltura leggevo il mio discorso riportato sul pieghevole che avrei regalato a tutti i presenti, con il vecchio logo del Centro Sportivo in bella vista sulla prima di copertina. Quando passai però alla mail di Giorgio che concludeva con…”come il sangue non ha mai cambiato colore, così pure mai è cambiato il colore di quelle pale rosse, che sia sul Po che in tutto il mondo hanno portato gloria ed onore alla canottieri Fiat ed a noi suoi affiliati”…la mia voce sempre più tremula mi portò a commuovermi, ed a ritornare a sedermi al mio posto: che figuraccia!
La parte istituzionale era finita. Dopo un aperitivo nella saletta della Sisport, lasciammo il Fiat, e ci dirigemmo verso gli Amici del Remo, passando davanti alla porta della ex foresteria, che aveva ospitato sia me che Giuseppe per oltre tre anni.
Giunti alla società di Luigi, un altro gruppo ci stava ad aspettare, coloro i quali non erano riusciti, per svariati motivi a venire alla prima parte della serata. Il salone era preparato per 60 persone, ma fu necessario aggiungere altri tavoli ed altre sedie, giungendo ad un’ottantina di persone a sedere: un successo!
Il buffet era molto invitante e nessuno si fece pregare attingendo ai capienti vassoi più volte, anche se il piatto forte furono i nostri ricordi che con nostalgia rappresenteranno sempre un pezzetto importante della nostra esistenza, non solo sportiva.
Ci si avvicinava alla mezzanotte, ed un po’ alla volta ci si salutava, ci si ringraziava, contenti come ragazzini al primo titolo italiano in maglia rossa, con il proposito di tenersi in contatto, di risentirci, di ritrovarci.
Ce ne andammo anche io e Giuseppe dopo aver salutato tutti, tranne Mimmo che incavolato mi telefonò mentre stavo cercando di farmi aprire la porta chiusa dell’albergo.
Un Vecchio Fiat che non era stata la solita rimpatriata, ma la condivisione, per una sera, di un periodo della nostra vita trascorso assieme.
E lei se la ridacchia sulle sponde del fiume più lungo d’Italia, contenta perché ha visto che ci siamo ricordati di lei, che per una sera l’abbiamo resa protagonista, restituendo riconoscenti quello che lei ci ha dato.
Grazie a tutti voi che avete aderito con il cuore.

Maurizio Ustolin
 

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