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47° regata Pavia-Pisa: Il saluto del presidente del CUS Pavia Cesare Dacarro

venerdì 5 Giugno 2009

47° regata Pavia-Pisa: Il saluto del presidente del CUS Pavia Cesare Dacarro

PAVIA, 05 giugno 2009 – Un’idea, se è una vera idea, non muore mai. Sono passati ottanta anni da quando gli studenti di Pisa e di Pavia ebbero l’idea di confrontarsi sulle acque dell’Arno e del Ticino nella regata in“otto fuori scalmo”, per commemorare i docenti e gli studenti caduti nella battaglia di Curtatone e Montanara. Chissà cosa avrà animato la fantasia dei canottieri di allora, quali saranno stati i loro ideali, le loro aspettative. Avranno immaginato che ottanta anni dopo qualcuno avrebbe ancora parlato della regata e dei suoi ideatori? In occasione di un così importante compleanno vale la pena di soffermarci in qualche considerazione. In quale tempo maturò l’idea: sarà stato solo il desiderio di creare, intorno ad un avvenimento agonistico, un’occasione per fare festa, per confrontare le potenzialità goliardiche dei due Atenei, o si pensava ad un’opportunità per lanciare il canottaggio come sport universitario?. Se esaminiamo il regolamento della regata ci rendiamo conto che le intenzioni erano serie: il dettaglio ed il rigore delle varie norme fanno pensare che gli estensori immaginassero di dare vita ad un’iniziativa che si consolidasse nel tempo.

Il 1929 – quando a Pisa si disputò la prima edizione della regata – è stato un anno caratterizzato da grandi fermenti sociali e politici; la scienza e la tecnica facevano registrare scoperte e conquiste sorprendenti e sensazionali. La Santa Sede e il regime fascista firmano i Patti Lateranensi. Si intensificano in Italia le attività degli oppositori del regime, tra i quali i più attivi sono i comunisti. In ottobre l’economia americana subisce una scossa causata dal crollo della borsa di New York, nell’anno successivo la “grande depressione” colpisce anche l’Italia con la perdita di numerosi posti di lavoro. Il periodo è quindi caratterizzato da confronti accesi, da tensioni sociali e da una grande incertezza per il futuro dovuta alla crisi economica.

D’altra parte i progressi della tecnologia e della scienza iniziano a far percepire la sensazione che la società avrebbe subito una radicale trasformazione. Nel 1929 Albert Einstein pubblica un lavoro sulla teoria unificata del campo elettromagnetico. Il dirigibile tedesco Graf Zeppelin compie il primo giro aereo del mondo. La Kodak lancia sul mercato le prime pellicole a colori. Inizia a New York la costruzione dell’Empire State Building che per molti anni rimase il più alto grattacielo del mondo.

Le avanguardie musicali iniziano a proporre opere atonali e dodecafoniche; il ventenne Alberto Moravia pubblica “Gli indifferenti”, mentre, forse, giungeva già eco in Europa della pubblicazione di “Addio alle armi” di Ernest Hemingway. Non mancavano certo nelle Università occasioni di confronto intellettuale su temi sociali e politici; tuttavia, evidentemente, si manifestò anche il desiderio di convogliare l’entusiasmo giovanile verso un’iniziativa sportiva che tracciasse una linea di memoria tra passato e presente; tra una battaglia risorgimentale e una regata universitaria; tra due amati fiumi, il Ticino e l’Arno.

Cos’è rimasto ora dell’idea primigenia? Tanto o poco? Certo la regata non è diventata importante come la Oxford-Cambridge, o come tante altre regate storiche italiane riprese dalla televisione.

Dovremmo per questo recitare il mea culpa? Viene citata dal Magnifico Rettore nel discorso di inaugurazione dell’Anno Accademico e in tante altre occasioni. Se ne parla nei salotti buoni della città, ma anche nel Borgo Basso. Resta, insomma, come una gemma preziosa depositata in un cassetto che viene mostrata solo nelle grandi occasioni. Certo, la regata si deve confrontare ogni anno con lo sport moderno – o postmoderno – che viene organizzato e proposto dalle Federazioni e che impone calendari stracolmi di appuntamenti, sempre più impegnativi anche da punto di vista finanziario. Dobbiamo per questo ripensare alla regata, dobbiamo pensare a nuove soluzioni. Possiamo farlo. Ma l’idea non deve morire. L’anno scorso, a Pisa, è ricomparsa una bandiera del Cus Pavia finita per anni in qualche armadio pisano: sappiamo bene come e perché. Ringraziamo gli amici pisani per avercela restituita; ora dovremo pagare un riscatto!