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Consacrazione e liberazione. L’oro europeo 2020 del doppio leggero di Ruta e Oppo

sabato 23 Gennaio 2021

Consacrazione e liberazione. L’oro europeo 2020 del doppio leggero di Ruta e Oppo


ROMA, 23 gennaio 2021 – Il nostro viaggio celebrativo tra le medaglie degli Europei Assoluti di Poznan dello scorso ottobre, si conclude con quest’ultimo articolo. Oggi trattiamo il doppio Pesi Leggeri maschile di Pietro Willy Ruta (Fiamme Oro) e Stefano Oppo (Carabinieri), ciliegina sulla torta dell’intera spedizione azzurra in terra polacca. Un equipaggio che nel corso del quadriennio – divenuto ormai un quinquennio, per ovvi motivi – non ha perso un’occasione, coronando la sua competitività di questi ultimi anni vincendo la medaglia d’oro continentale in una finale non adatta ai deboli di cuore, come spesso ci hanno abituati: 13 i centesimi di vantaggio sulla Germania seconda classificata, 97 quelli sul Belgio terzo.


Margini risicati che valgono però la prima medaglia d’oro, dopo i tre argenti iridati consecutivi e l’argento e i due bronzi conquistati agli Europei. Tutte gare indimenticabili per il capovoga Pietro Willy Ruta, che non ha alcun rimpianto riguardo ai tanti secondi e terzi posti degli ultimi anni, ritenendosi in pace con sé stesso per tutto il percorso sin qui compiuto: “Al termine di ciascuna gara, anche quando l’oro ci è sfuggito per pochi centesimi, sono sempre stato soddisfatto, perché mi sono sempre sentito nelle condizioni di dare tutto e di esprimermi al massimo delle mie possibilità. È per questo che non ho mai percepito alcun amaro in bocca per tutti gli argenti e i bronzi vinti assieme a Stefano prima di questa vittoria”.


In pace con sé stesso e con grande rispetto per gli avversari, tanti e da ogni parte del mondo – Irlanda, Germania e Belgio su tutte, ma anche Francia, Norvegia e Australia – con i quali il doppio leggero di Pietro ha condiviso il podio mondiale ed europeo dal 2017 ad oggi, spesso scambiandosi di gradino per pochi centesimi di secondo. Il 2021 è l’anno dello scontro finale, e Ruta sa che non può sottovalutare nessuno e non si sente di temere una barca più delle altre: “Siamo sempre stati molto vicini come tempi, in questi anni spesso ci siamo ritrovati punta a punta più con i tedeschi, ma non sono da sottovalutare Norvegia e Belgio. Anche Spagna e Polonia nelle gare tirano fuori il meglio, mentre l’Irlanda l’abbiamo affrontata solo ai Mondiali 2018 e 2019, quindi posso giudicarla meno. Comunque nessuno è da sottovalutare, e dobbiamo essere pronti a qualunque sorpresa”.


Pietro le spalle le ha coperte. Il suo prodiere, Stefano Oppo, lo ha sempre seguito come un’ombra, passando con lui al doppio pielle dal quarto posto conquistato insieme ai Giochi Olimpici di Rio 2016 nel quattro senza leggero. Fino a Poznan, dove hanno vinto tutte e tre le gare in programma: batteria, semifinale, finale. Tre gare perfette. Ma una delle tre, lo è stata più delle altre? La risposta per Stefano è molto semplice: “Se c’è una cosa che ho imparato dopo l’Olimpiade di Rio è che batteria e semifinale possono essere delle gare perfette, ma quella che conta è solo la finale. Ecco perché riguardo a Poznan, le prime due sono state delle ottime gare, ma sinceramente non mi ricordo neanche bene come siano andate. La finale invece la ricordo bene: è stata una gara molto bella, gestita bene e nella quale abbiamo fatto quello che ci eravamo prefissati a terra. Sapevamo che la Germania aveva un buon serrate e che sarebbe tornata sotto alla fine ma eravamo pronti a contenerla. E per pochissimo ce l’abbiamo fatta”.


Adesso Poznan è una bella medaglia d’oro che splende nel ricco palmares di Stefano, che ora punta ovviamente verso i Giochi di Tokyo. Una marcia di avvicinamento nella quale non sente ancora particolare pressione: “Non sento sulle spalle il peso dell’oro europeo, anzi. È stata quasi una liberazione, perché mi ha dato più consapevolezza. In doppio con Pietro non avevamo mai vinto un titolo, avevamo vinto solamente una tappa di Coppa del Mondo del 2018, e ora invece grazie al risultato di Poznan so di poter vincere, cosa che negli ultimi anni era stata un po’ un taboo. Comunque, sempre memore dell’esperienza di Rio 2016, so che tutti alle Olimpiadi si possono trasformare, quindi durante la preparazione di quest’anno si dovrà trovare il modo per dare ancora qualcosa in più per essere così più veloci del 2020”.