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Intervista a tutto campo al Direttore Tecnico Francesco Cattaneo

domenica 17 Maggio 2020

Intervista a tutto campo al Direttore Tecnico Francesco Cattaneo


ROMA, 17 maggio  2020 – Pubblichiamo un’interessante intervista al Direttore Tecnico Francesco Cattaneo, rilasciata al collega Franco Morabito, utilizzata in parte per lo speciale sul canottaggio pubblicato, nelle settimane scorse, sul quotidiano sportivo Il Corriere dello Sport. Un’intervista in pieno Covid-19, ma ancora attualissima con un Cattaneo che parla dell’Italia del canottaggio e anche della sua famiglia. Buona lettura!


Direttore, il blocco dello sport, tra l’altro nella stagione olimpica, ha provocato un totale sconvolgimento. La pandemia come ha cambiando il modo di fare lo sport? “Attualmente siamo tutti ancora parzialmente fermi dal praticare lo sport così come lo abbiamo sempre conosciuto, e fino al 4 maggio non è stata possibile nessuna attività all’aperto. Con l’ultimo decreto possiamo ritornare ad allenarci in modo singolare, ma non nei centri di preparazione, e per moltissimi sport come anche il canottaggio, a parte il singolo, si ha necessità di praticarli in gruppo e questo ancora non ci sarà consentito. Inoltre siamo tutti fermi dal disputare le competizioni e questo per un atleta fa una grandissima differenza. Nessun atleta di alto livello ama allenarsi senza la possibilità di poter gareggiare”.


Che cosa cambia nella preparazione degli atleti? “Cambia tutto. Noi con l’allenamento lontano dai bacini possiamo salvaguardare solo il 30-40 per cento della preparazione grazie ai simulatori, ma il canottaggio ha bisogno necessariamente di essere praticato in acqua e anche in equipaggi multipli. Inoltre nel nostro sistema utilizziamo tantissimo gli allenamenti in gruppo, per me fanno la differenza, è utopia, un’illusione pensare di migliorarsi ognuno a casa propria o da solo, e credo che i risultati siano sotto gli occhi di tutti”.


Come si tiene in contatto con quelli che, fino al momento del rinvio al 2021, si stavano preparando per i prossimi Giochi? “Abbiamo dovuto completamente rifondare il modo con cui comunichiamo con i ragazzi. Mentre prima facevamo riunioni vis a vis, oggi le facciamo in video. Spesso invio loro un video-messaggio per fare il punto della situazione e indirizzarli sul da farsi per la settimana successiva. Oggi, di fatto, utilizziamo tutte le tecnologie a nostra disposizione per aiutare gli atleti a svolgere l’allenamento in isolamento e queste riguardano sia quelle in voce, in video, social, call di gruppo oltre che informatiche per la gestione dei dati”.


Come ci si è allenati in periodo di isolamento? “Abbiamo dovuto per forza attingere a una forte motivazione intrinseca. La nostra federazione internazionale ha cancellato tutti gli appuntamenti programmati nel 2020, a parte i Campionati Europei assoluti, under 23 e junior che speriamo di poter fare in scurezza in autunno. Questo ha condizionato fortemente gli aspetti motivazionali dei ragazzi, ma devo dire che, grazie alla disciplina che viene loro insegnata quando si avvicinano al canottaggio da piccoli, sono riusciti tutti a sopperire al piacere di allenarsi insieme attingendo a tutto il loro senso di responsabilità in modo da mantenere un livello di preparazione adeguato a un futuro rientro senza arrecare gravi danni alla preparazione del prossimo anno Olimpico”.


Allenarsi a casa anziché in società o in raduno è tutta un’altra cosa. Lei pensa che alla ripresa sarà possibile recuperare il tempo perso? “Ci vorrà molto tempo per ritornare ai livelli precedenti all’interruzione. Bisognerà partire valutando la condizione di ognuno e studiare programmi di allenamento che tengano conto di quanto ogni atleta ha perso in termini di condizione a causa della quarantena, senza tralasciare, inoltre, le indicazioni che ci arrivano dal Governo in termini di tutela della salute. Tutto questo ovviamente ha rallentato la ripresa verso una condizione ottimale”.


Il problema, oltretutto, è per le barche multiple dove, oltre alla preparazione fisica e alla tecnica c’è da curare pure l’assieme. “Certo. Spero che prima possibile si creino le condizioni adeguate per ritornare a mettere insieme gli equipaggi, a poter fare delle valutazioni perché altrimenti non riusciremo ad affinare quell’assieme che ci ha sempre contraddistinto a livello internazionale”.


Che programma ha stilato per i suoi azzurri? “Al momento continuiamo a rispettare, necessariamente, l’isolamento sociale, quindi ognuno è a casa propria con alcuni strumenti per l’allenamento per cercare di non andare troppo giù di condizione sia fisiologica che tecnica rispetto al proprio livello prestazionale. Gli atleti che rientrano nell’elenco di interesse nazionale hanno iniziato a tornare in barca rigorosamente in singolo. Ho chiesto loro di curare aspetti della preparazione ideali in un periodo come questo senza tralasciare il lavoro fisiologico, anche se le prossime gare non saranno così vicine. Questo è necessario per essere pronti a un rientro adeguato per la futura preparazione dell’anno olimpico. Non possiamo fare troppi passi indietro altrimenti a Tokyo2020NE sarà un disastro”.


Come riesce a motivarli in una situazione che non è certo ottimale? “Per la mia filosofia ritengo che bisogna creare i presupposti giusti. Abbiamo messo in piedi una serie di strumenti comunicativi, e appuntamenti condivisi, generando la sensazione di allenamento tutti insieme. Anzi abbiamo creato, per due volte a settimana, due sessioni dove tutti gli atleti over 18 possono confrontarsi tra di loro e i più giovani anche con la Squadra Olimpica. Posso dire che questo sta creando quegli obiettivi necessari a scongiurare, come raccomando sempre ai ragazzi, il decondizionamento che creerebbe danni irreversibili alla preparazione del prossimo anno Olimpico”.


E quali indicazioni ha dato ai suoi collaboratori e ai tecnici societari? “All’inizio abbiamo subito creato un sistema dove sia gli allenatori della squadra nazionale, che non smetterò mai di ringraziare per l’abnegazione con cui si dedicano ai ragazzi, che gli allenatori societari, punto di riferimento per tutta la direzione tecnica, potessero dialogare tra di loro per far in modo che gli atleti si sentissero seguiti a 360 gradi, senza contrapposizioni dannose. Ogni allenatore, sia a livello societario che nazionale, ha il compito di dare supporto ai ragazzi e alle ragazze, collaborando tra di loro. In questi anni ho tenuto molto affinché si generasse questo tipo di approccio condiviso, utile agli atleti per migliorarsi e di conseguenza migliorare il livello del nostro canottaggio”.


La tecnologia, i social, la comunicazione on-line si sta rivelando utile in questo momento? “Molto. Abbiamo messo in piedi, grazie al Presidente e al consiglio federale, vari progetti per far in modo che sia l’attività di alto livello che quella di base potessero continuare in qualche modo ad andare avanti. Questo si è reso possibile grazie alle nuove tecnologie. Oggi, per due volte a settimana, circa 500 ragazze e ragazzi tra i 15 e i 17 anni di tutta Italia svolgono allenamenti federali in condivisione con allenatori a loro dedicati. Per gli over 18 c’è il “Tuesday&Friday Covid Meeting”, altro appuntamento di allenamenti nazionali in condivisione per farli sentire comunque parte di una community. Inoltre abbiamo già sviluppato, e stiamo continuando a farlo, alcuni appuntamenti competitivi, vere e proprie gare da casa non solo al simulatore, grazie anche al supporto dei nostri comitati regionali proprio per tenere legata la nostra Community”.


Qual è lo stato d’animo, l’umore che lei riesce a percepire dai suoi atleti, soprattutto quelli del gruppo olimpico? Rimandare di un anno non comporta il rischio di dover ripartire da zero? “Se qualcuno di loro dovesse incappare nell’errore di decondizionarsi troppo, dico assolutamente sì. L’atleta si troverebbe a fare passi indietro inimmaginabili, difficilmente recuperabili. Personalmente, insieme al mio staff di allenatori, lavoro tantissimo per far passare questo principio. A oggi devo dire che, sentendo i ragazzi, le ragazze e i loro allenatori, sono abbastanza tranquillo per come hanno superato la fase 1 e la fase 2”.


L’annullamento delle prove finali di qualificazione per Tokyo, che avrebbero dovuto tenersi a Lucerna a giugno e a Gavirate a maggio, rispettivamente le barche olimpiche e quelle paralimpiche, sono state annullate. Non è stato ancora deciso quando, dove e come si terranno. Questo è un problema in più visto che fra un anno lei dovrà forse cambiare la carte che aveva già messo sul tavolo. È così? “Tra le cose più brutte, a livello sportivo, all’inizio della pandemia c’è stata subito la cancellazione delle qualificazioni Olimpiche. Un duro colpo per il nostro mondo. Stavamo puntando alla qualificazione di altre quattro imbarcazioni, tra Olimpiche e Paralimpiche per Tokyo. Il rinvio delle Olimpiadi e Paralimpiadi, la conferma delle qualificazioni ottenute a Linz lo scorso anno e soprattutto la possibilità di rimettere in piedi di nuovo le qualificazioni di Lucerna e Gavirate nel 2021, ci ha messo di nuovo in una buona condizione e ci ha dato un sacco di energie. Ora abbiamo di nuovo tutte le carte in regola per riprovarci”.


Anche quando sarà possibile ripartire è previsto che per motivi si sicurezza si debbano rispettare certe distanze. Com’è possibile farlo nel canottaggio dove, tranne il singolo, ci sono solo barche multiple e la distanza fra un atleta e l’altro è minima? “Nel canottaggio è vero le distanze sono minime ma non ridotte a zero come negli sport di squadra o di contatto. Nelle nostre imbarcazioni, per caratteristiche costruttive, gli atleti siedono a 140 centimetri l’uno dall’altro, quindi ben più del metro previsto. In ogni caso, soprattutto in questa prima fase, credo che sia necessario approcciare con calma e attenzione e inoltre abbiamo già provveduto affinché tutti gli atleti siano impiegati in imbarcazioni singole a tutela della loro salute e di chi gli è a fianco”.


Di lei sappiamo tutto, o quasi, da atleta a Direttore Tecnico delle Fiamme Gialle e poi da Direttore Tecnico di successo della nazionale. Qual è il futuro che immagina e quello che vorrebbe? “Vorrei continuare, qualora mi si dia la possibilità, a dare un contributo per il canottaggio italiano, per farlo continuare a crescere e ad evolversi. Nel prossimo futuro sicuramente attraverseremo, come tutti gli sport e le altre attività immagino, un periodo molto complicato. Ci troveremo a dovere fare cose nuove, dettate dalla situazione che si è venuta a creare, con approcci diversi mai avuti prima. Ci troveremo a non poter più fare cose che abbiamo sempre fatto e a cui ci eravamo abituati. Inoltre ci troveremo a fare cose a cui non abbiamo mai pensato, e dovremo riuscire in tutti i modi a svilupparle. Credo che siano anche queste le sfide a cui dobbiamo prepararci per il futuro”.


Nel ringraziarla per la disponibilità, le faccio un’ultima domanda, come ha trascorso questa quarantena? “Rigorosamente in casa con mia moglie Natascia e le mie due figlie Susanna e Camilla che ringrazio sempre per la pazienza che portano nei miei confronti in quanto, sono sicuro che, non è affatto semplice vivere a fianco di un allenatore di alto livello. Credo che sia così anche per tutti i miei colleghi. Ho approfittato per studiare il futuro, lavorando al presente, mettendo in piedi tutto il possibile per mantenere accesa la fiamma del canottaggio italiano, in un momento così difficile mai attraversato prima da tutti noi”.

Franco Morabito

Foto Mimmo Perna, Enrico Artegiani, Ambra Di Miceli