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I Giochi Olimpici moderni segnati dagli sconvolgimenti della storia

lunedì 30 Marzo 2020

I Giochi Olimpici moderni segnati dagli sconvolgimenti della storia


ROMA, 30 marzo 2020 – Durante i loro 124 anni di storia le Olimpiadi moderne, rispolverate nel 1886 dal Barone Pierre de Coubertin fino alla decisione dello spostamento dei Giochi Olimpici di Tokyo dal 2020 al 2021, non erano mai state rinviate. Solo le due guerre mondiali, la Prima e la Seconda del XX secolo, portarono alla cancellazione di diverse edizioni, ma mai ad un rinvio. È questa l’occasione per rispolverare lo sconvolgimento olimpico nella storia moderna.


Berlino 1916: il 4 luglio 1912, alla 15a sessione del CIO tenutasi a Stoccolma, il Comitato Internazionale Olimpico assegnò la sesta edizione dei Giochi moderni a Berlino. La città tedesca ebbe la meglio sull’altra candidata Alessandria (Egitto). Fu proprio Pierre de Coubertin ad inviare il telegramma a Kaiser Wilhelm II per informarlo dell’assegnazione olimpica a Berlino. Fu costruito a ovest di Berlino, Grunewald, uno stadio da 30.000 posti e doveva essere, secondo lo storico olimpico Volker Kluge, “un sito centrale che sarebbe diventato la dimora spirituale dello sport tedesco”. L’8 giugno 1913, durante le celebrazioni organizzate in occasione del giubileo d’argento di Kaiser Wilhelm II, fu inaugurato lo stadio tedesco. Il programma dei Giochi fu diviso in tre parti: “Settimana dei Giochi” dal 28 maggio al 4 giugno; “Settimana dello stadio” dal 1 al 10 luglio; e “Settimana della vela e del canottaggio” dal 12 al 21 agosto. I preparativi andarono bene, fino agli eventi di prova del 27 e 28 giugno 1914. Ma domenica 28 giugno a Sarajevo, l’arciduca Francesco Ferdinando, successore del trono austro-ungarico, e sua moglie furono assassinati, il che alla fine portò all’inizio della prima guerra mondiale. A causa del conflitto, i Giochi non vennero disputati a Berlino. Durante la guerra, Coubertin spostò il quartier generale del CIO a Losanna, mantenendo l’ordine delle Olimpiadi, con il 1916-1920 corrispondente alla VI Olimpiade. Il complesso sportivo di Grunewald fu successivamente demolito, e lo Stadio Olimpico per i Giochi del 1936, esistente ancora oggi, fu costruito nello stesso sito.


Tokyo e Sapporo 1940: allo stesso modo in cui Tokyo è stata scelta nel 2013 per ospitare i Giochi del 2020, dopo il devastante tsunami del marzo 2011, la capitale giapponese era candidata anche per l’edizione del 1940. Con l’assegnazione dei Giochi del 1940 Tokyo auspicava la possibilità, dopo un terribile terremoto (il Grande Terremoto di Kant_) nel 1923, in una grande ricostruzione. La candidatura fu guidata dal leggendario Jigoro Kano, fondatore del judo e primo membro del CIO in Giappone. La città fu scelta alla 36a sessione del CIO a Berlino del 1936. I Giochi dovevano anche celebrare il 2.600° anniversario dell’incoronazione di Jimmu, che secondo la leggenda fu il primo imperatore del Giappone. Tutte queste intenzioni furono rapidamente minacciate dall’inizio della seconda guerra sino-giapponese nel 1937. E così, il 16 luglio 1938, il membro giapponese del CIO Togukawa Soyeshima scrisse al presidente del CIO, Conte de Baillet-Latour, spiegando che: “Ci dispiace che le ostilità prolungate, senza prospettiva di pace immediata, significheranno la cancellazione dei Giochi a Tokyo”. Il Giappone ha anche rinunciato all’idea di organizzare i Giochi invernali, che si dovevano tenere a Sapporo, nell’isola più settentrionale dell’arcipelago, l’Hokkaido. Il CIO scelse, quindi, Helsinki come ospite dei Giochi estivi del 1940, mentre i Giochi invernali furono inizialmente dirottatisi a St Moritz e successivamente si decise di tenere quest’ultimi a Garmisch-Partenkirchen. Ma questi Giochi divennero impossibili da organizzare per l’inizio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939. Tokyo divenne, infine, la prima città asiatica ad ospitare i Giochi Olimpici nel 1964, con Sapporo che ospitò i Giochi invernali nel 1972.


Londra e Cortina D’Ampezzo 1944:  La 39a sessione del CIO si tenne a Londra nel giugno del 1939 con l’attività nazista che risuonava già in tutta Europa, anche se la guerra iniziò il 1° settembre quando le forze del Terzo Reich invasero la Polonia. Londra era stata scelta per organizzare i Giochi nel 1944 a discapito di Roma, Detroit (Stati Uniti) e Losanna (Svizzera). Ma come fece la Francia anche la Gran Bretagna, meno di tre mesi dopo, si unì alla guerra contro la Germania e il conflitto divenne globale lasciando il Continente in rovina. La guerra si concluse solo nel 1945 con la resa del Giappone. Londra, svaniti i Giochi del ‘44, ospitò i Giochi estivi, per la seconda volta 40 anni dopo la prima occasione nel 1908 e tre anni dopo la guerra, nel 1948. Questi si tennero in una capitale britannica ancora segnata dai bombardamenti tedeschi e sarebbero stati conosciuti come i “Giochi di Austerità”. Le gare olimpiche si svolsero senza gli atleti della Germania e del Giappone, ma offrirono un raggio di speranza a un mondo che stava cercando di ricostruire. I Giochi invernali del 1944, che si dovevano tenere a Cortina d’Ampezzo, furono dirottati, quindi, a St Moritz nel 1948, prima di essere tenuti a Oslo nel 1952 e Cortina d’Ampezzo nel 1956.


Monaco 1972: in questa occasione i Giochi non furono rimandati ma sospesi. Durante i Giochi estivi di Monaco del 1972, la mattina del 5 settembre, un gruppo terroristico palestinese fece irruzione negli alloggi israeliani nel Villaggio Olimpico e prese degli ostaggi. Questo dramma, che costò la vita a 11 atleti, allenatori, giudici e arbitri israeliani e un poliziotto della Germania occidentale, portò alla sospensione dei Giochi per 34 ore. Il giorno seguente si tenne una cerimonia nello Stadio Olimpico in memoria delle vittime innocenti, di fronte a circa 80.000 spettatori, e fu suonata la marcia funebre della terza sinfonia di Beethoven. Il presidente del CIO, Avery Brundage annunciò: “I Giochi devono continuare”. Il movimento sportivo internazionale si rifiutò di capitolare al terrorismo e lo spirito olimpico, con le sue nozioni di pace, condivisione e unità, prese il sopravvento. 


Mosca 1980: nel gennaio del 1980, con le Olimpiadi di Mosca alle porte, l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan e gli Stati Uniti iniziavano a pensare a un boicottaggio di proporzioni planetarie. Già il 9 gennaio 1980, in un promemoria firmato dal direttore della CIA Stansfield Turner e diretto al Presidente Carter, venivano riassunti i punti fondamentali relativi alla preparazione olimpica da parte delle autorità sovietiche valutando l_utilità o meno di una possibile azione di rappresaglia da parte degli statunitensi. Una simile scelta, condivisa da molti altri paesi del blocco occidentale tra cui l’Italia, scatenò in Gran Bretagna uno scontro politico ben superiore rispetto alle altre nazioni coinvolte. Il 19 luglio 1980 presero il via, come da programma, i Giochi della XXII Olimpiade. Gli Stati Uniti, e con loro altri 59 paesi, non presero parte alle competizioni (i Paesi aderenti al boicottaggio erano però 42, gli altri non parteciparono per diverse motivazioni), consolandosi con una sorta di Olimpiade alternativa organizzata a Philadelphia, il Liberty Bell Classic, mentre molti Stati europei permisero agli atleti di partecipare, ma senza il vessillo nazionale e senza sfilare durante la cerimonia di apertura. L’Italia vietò la partecipazione olimpica solo agli atleti militari.


Los Angeles 1984: Los Angeles non ebbe nessun rivale durante la corsa per l’assegnazione, ottenendo a tavolino la possibilità di ospitare l’edizione, che si svolse dal 28 luglio al 12 agosto 1984. Parteciparono 140 nazioni e furono in 18 gli stati che fecero il loro ingresso per la prima volta alla manifestazione dei cinque cerchi. Non parteciparono invece 15 nazioni  guidate dalla decisione dell’URSS di contro-boicottare i Giochi. Inaspettata fu la decisione della Repubblica Popolare Cinese di non seguire l’esempio sovietico, e di tornare quindi, per la prima volta dopo poco più di 30 anni, ai Giochi Olimpici. I buoni sentimenti prevalsero a tal punto che alla cerimonia di apertura gli atleti ruppero le fila per unirsi alla danza spontanea.