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Storia del canottaggio femminile in Italia durante il Ventennio fascista

mercoledì 1 Maggio 2019

Storia del canottaggio femminile in Italia durante il Ventennio fascista


ROMA, 01 maggio 2019 – Vorrei riassumere per gli utenti del sito le mie ricerche sul canottaggio femminile in epoca fascista, che hanno portato nel marzo del 2019 alla pubblicazione di Rowing Under Ponte Vecchio: A History Of Women’s Rowing In Fascist 1930s’ Italy, un articolo in tre puntate (qui la prima) da parte del sito accademico (ma di taglio divulgativo) di storia dello sport in lingua inglese Playing Pasts. Desidero inoltre mettere a disposizione i materiali preparatori dell’articolo. Nei primi anni Trenta, in Italia, il canottaggio era, per le ragazze, né uno sport proibito (come la boxe o, dal 1933, il calcio), né osteggiato, ma non veniva nemmeno troppo incoraggiato quanto ad es. il nuoto o l’atletica: si trovava in una specie di limbo, del quale approfittavano alcune giovani ragazze, che iniziarono a praticarlo.


Il contesto nel quale si mossero queste rematrici era sempre più simpatetico, nel nostro paese: dall’estero (USA, Regno Unito, Francia e soprattutto Germania) giungevano notizie dello sviluppo del canottaggio femminile che la stampa e cinegiornali LUCE narravano e mostravano alle italiane. Tale diffusione di un’immagine positiva della disciplina non era riservata agli addetti ai lavori (come i lettori della rivista federale, Il Canottaggio): le riviste per signore abbondavano di foto di donne estere alle prese col remo, e fra di esse molte star di Hollywood, senza parlare del film tedesco Otto ragazze in barca (1932), ben recensito in Italia. Altre tracce indirette dello sviluppo di un contesto simpatetico sono i modelli di costumi per il canottaggio femminile reperibili nelle riviste di moda, i manifesti disegnati da Marcello Dudovich, nonché il progetto dell’architetto Antonio Marchi, per un (mai realizzato) club di canottaggio a Venezia (1935), nel quale è possibile scorgere uno «spogliatoio donne” e delle “docce donne”. Era tempo di far spazio alle donne, dunque …


Al di là di qualche sporadica iniziativa privata, la stessa Opera Nazionale Balilla (l’associazione giovanile di regime che aveva in carico l’educazione fisica delle bambine e delle ragazze, raggruppate rispettivamente nelle Piccole e nelle Giovani Italiane) provò sporadicamente a inserire il canottaggio nella propria offerta formativa sportiva, sia nei singoli gruppi cittadini o rionali, sia all’interno dell’Accademia di Orvieto. Lo stesso accadde nei Guf (Gruppi fascisti universitari) di qualche città di fiume, come Pavia. Ovviamente, però, bisognava attendere la mossa delle società maschili per vedere qualcosa di più strutturato. La Federazione ci mise del suo, stimolando queste ultime e lodando la completezza della disciplina per il fisico femminile sulla rivista federale, con un articolo pubblicato nel luglio del 1933 intitolato Il canottaggio e la donna. In quell’estate del 1933 qualcosa si era in effetti iniziato a muovere, soprattutto a Firenze, da dove ci giungono le testimonianze superstiti più ricche.


A giugno la Società Canottieri Firenze annunciò l’apertura di una sezione femminile, che fu presa d’assalto da una ventina di ragazze, una quindicina delle quali fu messa subito in acqua, agli ordini del timoniere Davide Tempesti. Col passare delle settimane, si formò un primo equipaggio da 4, le Corsare Azzurre, formato da Licia Tempesti, Ogarita Tempesti, Lemy Jörg e Floriana Riccardi. Alcune splendide foto immortalano ancora le ragazze alle prese con la propria imbarcazione sotto Ponte Vecchio. Quando, nel 1934, il gerarca Renato Ricci (Presidente dell’Opera Nazionale Balilla) fece visita a Firenze, arrivò anche alla sede della Canottieri, dove venne scattata una foto che lo ritraeva con tutti i dirigenti. Fra di loro, si notano subito due ragazze citate anche nell’articolo de Il Canottaggio che pubblicò lo scatto, cioè le sorelle Tempesti. Un terzo nominativo citato è quello della rappresentante della sezione femminile, la contessina Flaminia Goretti De Flamini (1905-2004), che quindi assurge al rango di prima dirigente donna del canottaggio femminile italiano.


Ho avuto modo di ascoltare la storia di Flaminia dalla voce di sua figlia, Martha Specht, che mi ha gentilmente concesso un’intervista, nella quale mi ha trasmesso il ricordo famigliare di una Flaminia vittima dei frizzi e lazzi dei ragazzi sul Lungarno: non avevano mai visto ragazze in costume alle prese con un’imbarcazione! Nel 1932 si svolse almeno una regata nazionale in Italia, l’anno dopo ve ne fu una a Torino (giugno) ed un’altra a Como (settembre), vinta dall’equipaggio della Società Canottieri Lario & G. Sinigaglia di Como contro quella della Società Canottieri Olona di Milano. Come si passò da questi timidi tentativi degli anni Trenta al primo vero e proprio campionato femminile nazionale (la Coppa Libellula del 1942)? C’è un’intera storia del canottaggio femminile durante il Ventennio fascista da scrivere: spero di aver dato il mio modesto contributo affinché qualcuno si accinga a intraprendere l’opera!

di Marco Giani ([email protected]; twitter: @calciatrici1933 )