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Matteo Lodo e Giuseppe Vicino insieme nel due senza e insieme nel raccontarsi

giovedì 26 Ottobre 2017

Matteo Lodo e Giuseppe Vicino insieme nel due senza e insieme nel raccontarsi


ROMA, 26 ottobre 2017 – E’ l’equipaggio che più ha fatto sognare il canottaggio italiano nell’ultima edizione dei Mondiali Assoluti. Sulle acque statunitensi del Nathan Benderson Park di Sarasota, in Florida, il due senza senior di Matteo Lodo e Giuseppe Vicino, in forza entrambi alle Fiamme Gialle, ha effettuato quel che si suol dire un percorso netto: primo in batteria, primo in semifinale e primo, soprattutto, in finale. Una finale vinta con un ultimo quarto lancinante per gli avversari, e che ha visto Lodo e Vicino risucchiare prima la Nuova Zelanda e poi i favoriti della vigilia per la medaglia d’oro, la Croazia dei fratelli Sinkovic, che hanno dovuto soffocare il proprio urlo di gioia in gola per 34 miseri centesimi, a causa del devastante serrate impresso da Giuseppe e sostenuto da Matteo.


Un Mondiale, una finale, un oro, sono la sublimazione di un lunghissimo lavoro, come spiega per primo Matteo, il quale parla delle difficoltà che ha incontrato il due senza azzurro sulla strada di Sarasota: “Ci sono delle difficoltà quando si prepara un obiettivo del genere, e per me la più grande che abbiamo dovuto affrontare è stato il non poter gareggiare a Lucerna per l’infortunio di Peppe, motivo per cui siamo arrivato ai Mondiali senza esserci mai confrontati con croati e neozelandesi. Sapevamo di poter fare bene, ma non avevamo testato gli avversari, cosa che dopo quattro anni passati in quattro senza sarebbe stato molto importante. E’ stata dura all’inizio anche cambiare specialità, perché di barca in barca cambi l’approccio, cambiano le situazioni e devi pensare a cose sempre diverse. La tensione era alta, in momenti del genere c’è grande confronto soprattutto con sé stessi, e la paura di non portare a compimento gli obiettivi era palpabile in noi”.


Tensione, un sentimento che provano tutti in gare importanti come un Mondiale, ma che Matteo e Giuseppe sembrano ben dissimulare. Ancora Matteo: “Per me, ma penso di poter parlare anche per Giuseppe, avere la battuta spiritosa sempre pronta aiuta, tranquillizza me in primis, aiuta a non pensare troppo e a scaricare la mente. Ricordo il primo Mondiale senior, quando vincemmo la semifinale in quattro senza, nel 2013: la notte prima della finale non chiusi occhio, feci la gara mentalmente migliaia di volte e il giorno dopo ero stanchissimo. Oggi invece riesco a gestire questi momenti. Negli Stati Uniti l’unica gara dove sono stato meno tranquillo è stata la semifinale, ma solo perché non ero stato bene fisicamente per un paio di giorni. Ero preparato, ma un misero disturbo intestinale avrebbe potuto rovinare tutto. Così non è stato e ne sono felice”.


Avrebbe potuto rovinare una stagione lunga e pianificata a tavolino, dice Giuseppe: “Dopo Rio, ripresi gli allenamenti, ci siamo seduti al tavolo io e Matteo con il nostro allenatore societario, Rocco Pecoraro, per decidere cosa fare quest’anno, decidendo di provare il due senza societario, già fatto con successo nel 2014, quando poi vincemmo i Mondiali Under 23 a Varese. Era un progetto ambizioso, e si incastrava perfettamente con l’inizio di un nuovo percorso come un intero quadriennio, e così ci siamo messi a lavorare con dedizione in inverno. Riprendere dopo l’Olimpiade non è stato facile, a livello psicologico soprattutto, perché possono mancare inizialmente gli stimoli, e almeno per me è stata dura tornare a regime, e ammetto che gli allenamenti non avevano la stessa qualità di prima.


A febbraio di quest’anno poi mi sono ripreso e con la voglia è riemersa anche la qualità dei nostri allenamenti. Siamo arrivati ai Meeting Nazionali desiderosi di far bene e confrontarci sia con Matteo e Domenico (Castaldo e Montrone) che soprattutto con Marco e Giovanni (Di Costanzo e Abagnale), ovvero l’equipaggio bronzo olimpico della specialità. I Meeting sono andati bene, ne uscimmo soddisfatti, e da lì in poi siamo arrivati all’Europeo in grande forma, come doveva essere in quanto era il primo vero banco di prova dell’anno. Abbiamo studiato avversari che non avevamo mai affrontato e gareggiato a testa bassa, vincendo alla grande. Dopo Racice c’è stato però un po’ di declino, un momento no durato da Henley fino a Lucerna, quando per la mia lesione di primo grado al retto addominale non siamo riusciti a gareggiare.


Sono state settimane difficili, sembrava che qualcosa fosse andato storto e non si potesse raddrizzare, poi ci siamo ricompattati, anche se nella prima parte di raduno, fino a Ferragosto, abbiamo continuato a faticare, anche a causa del fatto che l’infortunio di Lucerna mi aveva costretto a 10 giorni di stop assoluto. Avevamo perso velocità, e faticavamo a ritrovarla nonostante il massimo impegno. Poi il raduno è stato spezzato dalla pausa di Ferragosto, quattro giorni a casa in cui mi sono ripreso mentalmente, e dopo i quali siamo tornati al top, risultando tra i migliori equipaggi della Nazionale in preparazione per Sarasota. Abbiamo affrontato e poi smaltito i carichi nell’ultimo mese di raduno senza problemi, e poi tutti sappiamo com’è andata a finire”.


E’ finita con le mani sul cuore e l’inno di Mameli negli altoparlanti del Nathan Benderson Park, ecco com’è finita. Una gioia incalcolabile, i cui sforzi sono stati ripagati da del meritato riposo. In famiglia, per quanto riguarda Matteo Lodo: “Sono stato due settimane a casa senza far niente, l’attività più pesante che ho svolto è stata pescare. Ogni tanto fare qualcos’altro per spezzare la monotonia della preparazione è fondamentale. Siamo andati a tutta forza praticamente per dodici mesi, per questo ho preferito staccare proprio la spina, godendomi famiglia e casa. Da questa settimana abbiamo ripreso gli allenamenti un po’ più intensamente, e metà novembre sarà di nuovo tempo di raduno”.


Uniti in barca, divisi in vacanza, a giudicare dalle ferie diametralmente opposte di Giuseppe Vicino: “Ho fatto un lungo viaggio in America con Cesare Gabbia e Bruno Rosetti, da giorni cercavano di convincermi e alla fine ho deciso di unirmi a loro quando eravamo a Fiumicino in partenza per Sarasota! Il programma inizialmente era quello di fare Miami, Key West, Bahamas e Cuba, poi visti gli uragani un po’ dappertutto e il meteo che non dava garanzie sulle isole, abbiamo scelto di abbandonare l’idea della vacanza tropicale per affittare una macchina e iniziare più un viaggio di avventura. In pochi giorni abbiamo riorganizzato tutto, e dopo pochi giorni in Florida siamo andati a Washington, ospiti di Jordan e Gianthomas Volpe, due miei compagni di squadra ai tempi del CRV Italia che ora vivono lì.


Ho avuto occasione a Washington di vedere una partita del precampionato di basket tra i Wizards e i Cleveland Cavaliers, uno spettacolo assoluto, ed era solo precampionato, non oso immaginare una partita del campionato NBA cosa può essere… Da lì abbiamo raggiunto Philadelphia, spinti dalla volontà di vedere la statua di Rocky e fare un po’ di scena sulla famosa scalinata del film, e infine siamo andati a New York, che per me è davvero la città più bella del Mondo. Poi sono tornato a casa, ed è stato subito canottaggio perché ho disputato, e Matteo con me, la Coppa Lysistrata. Un minimo mi sono dovuto allenare, perché 1000 metri a 43 colpi non sono mai facili da tenere. Adesso un paio di settimane ancora, e ricominciamo a fare sul serio”.

La scheda di Giuseppe Vicino
La scheda di Matteo Lodo

Il video della finale del due senza a Sarasota