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Giampiero Musmeci, arbitro (siciliano) a Rio

giovedì 22 Settembre 2016

Giampiero Musmeci, arbitro (siciliano) a Rio

CATANIA, 22 settembre 2016 Tono pacato, idee chiare. Giampiero Musmeci ha il dono dell’immediatezza. Oltre a una soluzione per ogni problema. A insegnargli questo approccio nella vita, nel suo lavoro da architetto e nei campi di regata è stato il mestiere di giudice arbitro, che fa dal 1992. E che quest’anno l’ha portato alle Paralimpiadi di Rio, come membro della giuria. Nato e cresciuto, da atleta, nella scuola della Canottieri Marsala, Musmeci è uno dei “direttori di gara” più prestigiosi del movimento remiero nazionale. Con quattro Mondiali assoluti, tre Junior, due Under 23, diversi Europei e una sfilza di gare nazionali alle spalle, grazie ai Giochi brasiliani ha coronato il sogno di una vita, come racconta a rowingsicilia, a pochi giorni dal ritorno da Rio. Giampiero, per un giudice quanto è importante partecipare a un’Olimpiade? “E’ il coronamento di tanti anni di impegno e dedizione al canottaggio. E’ il momento in cui, non solo l’atleta, ma anche il giudice deve dare il meglio di sé. E l’apice di ogni carriera sportiva, compresa quella di un arbitro.

Quando hai saputo che eri stato scelto per Rio hai fatto i salti di gioia. “La Fisa ha scelto di impiegare alle Paralimpiadi i giudici dei Paesi più affermati nel canottaggio, mentre quelli della Nazioni emergenti sono stati utilizzati per i Giochi. All’inizio sono rimasto attonito, ma mi sbagliavo perché è stata un’esperienza bellissima, dal grande significato”. Perché? Che cosa hai visto e cosa ti ha trasmesso questa esperienza? “A parte l’aspetto sportivo ci sono storie personali importanti, oltre alla determinazione nel cercare di superare se stessi. E’ stata un’emozione continua, in ogni momento della manifestazione. I risultati delle Paralimpiadi sono enormi sul piano sociale e vanno ben oltre quelli sportivi misurabili col cronometro: qui i giovani sono tutti uguali. Solo noi normodotati siamo diversi e forse non capiamo fino in fondo il loro impegno. E’ stata davvero un’esperienza indimenticabile. Ho anche apprezzato il motto delle Paralimpiadi: “Un nuovo mondo”. I Giochi sono stati un banco di prova per le tecnologie che servono ad alleviare i disagi dei portatori di handicap: sono stati testati materiali e soluzioni tecniche per sostenere atleti di prim’ordine”.

Dopo Rio quale esperienza pensi di poter donare alla Sicilia? “Da Rio alla Sicilia porto l’esperienza di organizzazioni più numerose, grandi e complesse”. Dal 1992, quando sei diventato giudice arbitro, sono passati 24 anni. Che cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada?
“Quando ho capito che era troppo tardi per diventare un buon atleta ho deciso di avvicinarmi al settore arbitrale. A quel punto è cambiato il mio punto di vista, da atleta ad arbitro. Appena ho fatto l’esame, ho “perso” il legame con la mia società di appartenenza e mi sono sentito parte integrante di tutti i club affiliati alla Fic. Mi sono reso conto che da quel momento avrei operato per i canottieri e per il canottaggio”. Prima di allora eri abituato a stare in barca, a remare guardando indietro. Poi hai fatto una rotazione di 180 gradi e ti sei trovato davanti lo sguardo dei canottieri, come lo eri tu poco tempo prima. Com’è il canottaggio visto dal giudice? “La nostra è una posizione privilegiata per osservare atleti che in pochi minuti condensano giorni, mesi, anni di duro allenamento. Nei loro volti, nel loro sguardo che ci attraversa e guarda lontano possiamo scorgere la fatica di lunghi allenamenti. Abbiamo la fortuna di vedere Cadetti che crescono, diventano uomini e donne. E in loro vediamo lo sguardo che li porterà alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi”.

Nel calcio un bravo o un cattivo arbitro può essere determinante per l’esito della partita. Nel canottaggio come si capisce se un giudice è bravo? “Se avete fatto una buona regata e vi siete espressi al meglio, nei tempi e nei modi della manifestazione, in sicurezza, vuol dire che avete avuto bravi giudici e una buona giuria. Non importa che non ricordiate i loro nomi. Sono loro che penseranno a ciascuno di voi”. Convinci almeno uno dei nostri lettori a diventare giudice di canottaggio. “E’ una funzione importante per la crescita del canottaggio, che dà grande soddisfazione. E’ bello e giusto che chi è stato atleta, oggi decida di contribuire allo sviluppo del mondo remiero di domani: servono arbitri giovani che ricambino l’ambiente”.

Stefano Lo Cicero Vaina
Addetto stampa Fic Sicilia