News

Domenico Montrone: dalla coppia alla punta per salire sul podio olimpico

sabato 20 Agosto 2016

Domenico Montrone: dalla coppia alla punta per salire sul podio olimpico

ROMA, 20 agosto 2016 – Un’Olimpiade in un mese. O forse in quattro anni? Poco importa. Ciò che conta davvero è che oggi nella bacheca dei successi sportivi di Domenico Montrone da Bari brilla lucente la medaglia di bronzo conquistata a Rio de Janeiro nel quattro senza assieme a Giuseppe Vicino, Matteo Lodo e Matteo Castaldo. Una medaglia che molti, pensando alla carriera Senior da comprimario dopo una gioventù da grande promessa, potrebbero immaginare arrivata per caso, e che invece è solo il frutto del duro lavoro che ha portato Montrone prima a sfiorare la qualificazione olimpica con l’otto, poi a insediarsi su uno sguarnito due senza e infine a stabilirsi sul quattro senza campione del Mondo. Una medaglia che certamente corona non solo una stagione al massimo della forma ma anche una carriera nella quale mai ha mollato. Una medaglia in cui Domenico ha sempre creduto: “Quando la mia posizione sul quattro senza è diventata ufficiale, ho capito anche che la medaglia era l’obiettivo di una barca che, se aveva subìto un cambio da campione del Mondo, era evidentemente per darle qualcosa in più. Ho sempre creduto in questa medaglia, e ho capito che avremmo davvero potuto conquistarla dopo aver disputato la batteria: battere Stati Uniti e Canada con quella naturalezza, facendo semplicemente ciò che ci eravamo ripromessi di fare in gara e nulla più, mi ha fatto capire che una medaglia poteva essere nostra”.

La medaglia infatti, come sappiamo, alla fine è arrivata. E solo quando ancora non era sul quattro senza, Montrone ha pensato che non avrebbe mai iscritto il suo nome nell’albo d’oro olimpico: “Dopo la Coppa del Mondo di Poznan ero convinto che a Rio avrei fatto il due senza, e non certo il quattro senza. Quando poi per la prima volta sono salito in barca con i campioni del Mondo, pensavo che sarebbe stato solo per allenamento, perché io potessi apprendere quanto più possibile da loro per poi tornare migliorato sul due senza. Solo in quel caso credevo che a Rio non avrei potuto conquistare una medaglia, ma quando poi è stato definito che sarei stato sul quattro senza, ci ho sempre creduto”. Chi poco si intende di dinamiche sportive e di spogliatoio potrebbe pensare che l’adattamento di un atleta su un’imbarcazione che da due anni non scende dal podio e che arriva a un’Olimpiade da campione del Mondo non sia così facile. Una situazione che non è stata quella di Domenico: “Il mio ambientamento sul quattro senza è avvenuto molto tranquillamente, anche perché ero molto in sintonia con il gruppo, in generale tutti gli atleti della punta lavoravano insieme dall’inverno del 2014 e c’era molta coesione tra tutti. C’è stato un adattamento tecnico, ma non c’era bisogno che ci fosse anche dal punto di vista umano perché con i ragazzi il feeling c’era già”.

Un ambientamento quindi per niente difficoltoso, e che ha portato al bronzo. Una sensazione, quella del metallo olimpico conquistato, che Montrone definisce “impossibile da descrivere. La prima sensazione è di incredulità, e poi immediatamente finita la gara ti focalizzi sul percorso, sei contento di com’è andata e non ci pensi nemmeno. Poi in realtà non realizzi, e tuttora a qualche giorno di distanza ancora non ho ben capito cosa abbiamo fatto”. Il bronzo olimpico ripaga Montrone di una carriera vissuta forse al di sotto delle aspettative, un bell’esempio per i giovani a non mollare mai: “Io ho sempre avuto la sensazione di essere messo un po’ da parte, ma non per colpa dei tecnici. Ero io che probabilmente non davo i segnali necessari di meritare una barca di vertice. Ho vissuto poi gran parte della mia carriera in un settore chiuso come la coppia, ho battagliato con atleti del calibro di Venier, Sartori, Galtarossa, Battisti, ed emergere non era facile. Ho avuto tante delusioni, le ho assorbite, ma non è stato certo facile. Ho provato poi la punta, una scommessa e non una via di fuga. L’ho fatto anche per i miei allenatori, che hanno comunque sempre creduto in me. Anche per questo non ho mai mollato. Se infatti Cattaneo, mio tecnico anche in Fiamme Gialle, credeva in me, perché non avrei dovuto farlo io? Con la punta ho trovato un’altra strada da percorrere, un nuovo stimolo. Ed è andata bene”.