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La mia Olimpiade: Alessio Sartori

domenica 19 Giugno 2016

La mia Olimpiade: Alessio Sartori

ROMA, 19 luglio 2016 Un dato, tanto per rinfrescare la memoria a chi lo conosce, o per illuminare chi di canottaggio mastica poco: nel 1994, a nemmeno 18 anni, vince il Mondiale Junior in singolo a Monaco, e poi bissa il titolo appena un mese dopo, a Indianapolis, a livello Senior, nel quattro di coppia con Alessandro Corona, Massimo Paradiso e il compagno di mille battaglie azzurre Rossano Galtarossa. E questa è una piccola curiosità che dà la grandezza di un fenomeno remiero in grado di conquistare un oro, un argento e un bronzo ai Giochi Olimpici – cinque le manifestazioni a cinque cerchi disputate in totale – e quattro titoli iridati. Aver mancato la sesta carta olimpica della carriera nulla toglie alla straordinaria carriera di Alessio Sartori, il protagonista di questa puntata de La mia Olimpiade. La sua ultima, sfumato il sogno Rio, rimarrà Londra 2012. Quella del doppio “controcorrente” con Romano Battisti.

Una situazione che inevitabilmente, Alessio ben ricorda: “L’allora Direzione Tecnica non reputava me e Romano all’altezza del resto della Squadra Nazionale, e così capito una volta per tutte che per noi in quel gruppo non c’era posto, ci rimboccammo le maniche – era ottobre del 2011 – e intraprendemmo un percorso alternativo. Uscite in barca, test valutativi, tirate in acqua contro gli equipaggi federali che di volta in volta ci venivano messi contro per intralciare il nostro sogno. Superammo tutte le prove, sempre con ampio margine, e così dopo la terza selezione federale andammo a Lucerna e ci qualificammo, iniziando ufficialmente il cammino verso l’argento di Londra”. Una medaglia che per Alessio, se proprio non vale quanto l’oro sul quattro di coppia a Sydney, poco ci manca: “Il successo di Sydney, che coronò un periodo comunque di alti e bassi, è indimenticabile, però Londra è stata la medaglia proprio voluta, cercata.

Su quel doppio non c’eravamo solo io e Romano, ma anche le nostre famiglie, gli amici più cari, che ci sopportavano e tifavano per noi. E’ stata una grande soddisfazione, dimostrammo che nello sport si parla ancora con i fatti”. Per stessa ammissione dell’alfiere delle Fiamme Gialle, il percorso che portò all’oro di Sydney fu fatto di alti e bassi. Come quello di Atlanta ’96, due facce della stessa medaglia: negli Stati Uniti, Alessio e il suo quadruplo vi arrivarono sulla scia di due titoli iridati consecutivi e chiusero sorprendentemente ai piedi del podio; in Australia invece, nel Mondiale pre-olimpico del 1999 giunse solo un settimo posto, poi tutti sanno come finirono i Giochi. Come possono verificarsi due situazioni così uguali e diverse allo stesso tempo: “Nel 1996 – riprende il discorso Alessio – noi giocavamo a carte scoperte, gli avversari conoscevano tutto di noi e ci presero le misure. Avevano ancora qualche asso nella manica da giocarsi, cosa che a noi mancò, venendo presi alla sprovvista.

Fu una grande delusione, ma ci rimettemmo sotto e già nel 1998 tornammo a vincere il titolo mondiale. L’anno successivo invece, il pre-olimpico di Sydney, ai Mondiali scontammo qualche problema di salute, e soprattutto capitammo in una semifinale molto tosta, rimanemmo fuori dalla finale per pochi decimi, e dalla nostra semifinale uscì il podio della finalissima… Cercammo di capire dove poter migliorare lavorando duramente. Una serie di sforzi che, poi nella finale olimpica, ci permisero di mettere la quinta a metà gara e andarcene, nonostante la Germania cercasse di rientrare”. Rientrare. Un concetto che per certi versi, Alessio ha provato sulla sua pelle, dal momento che lui in questa stagione è rientrato in azzurro, con l’obiettivo di qualificare il quattro di coppia per Rio de Janeiro. Il pass olimpico non è arrivato, ma quest’annata ha arricchito moltissimo Alessio Sartori, che ha passato la stagione in barca con atleti giovanissimi, alcuni dei quali sarebbero potuti essere anche dei figli: “Spronato dalla gioventù, ho dato il massimo per recuperare il gap dato da tre anni di inattività, e lavorare con questi ragazzi mi ha dato tanto.

Loro hanno dato tanto a me come io penso di aver dato a loro. Mi sono rivisto molto nelle loro domande, nei loro atteggiamenti, rivedevo me quando avevo la loro età e muovevo i primi passi in nazionale tra i senior. Abbiamo portato questo mix di esperienza e gioventù a Lucerna per cercare la qualificazione, che purtroppo non è arrivata. E’ stata comunque un’esperienza bellissima di crescita personale, sia fisica che tecnica, con la barca che migliorava sempre di più. In prossimità di Lucerna siamo stati sfortunati, tanti problemi di salute che implicavano spesso lo stravolgimento della formazione negli allenamenti o addirittura durante le gare gare perché qualcuno era costretto ai box proprio da problematiche fisiche. Peccato, eravamo motivati a far bene e invece ci siamo ritrovati ad essere un po’ un equipaggio kamikaze. Va bene così comunque, rientrare a 39 anni è un’esperienza che quasi consiglio se uno può farlo, perché regala forti emozioni. Io ho potuto farlo grazie al supporto di mia moglie e dei miei figli, che mi hanno appoggiato in tutto. Adesso fatta questa esperienza mettiamo un punto, e si volta pagina. Alle soglie dei 40 anni si può rientrare; a 44, per Tokyo, ti dico già che mai ci proverò” (ride, ndr).

Archiviato il rientro, dunque, Alessio Sartori volta pagina. Ha già iniziato dal recentissimo Festival dei Giovani, nella sua Sabaudia, seguendo da vicino le gesta dei figlioletti Matteo e Leonardo, entrambi tornati a casa con l’oro al collo. Seconda carriera nel canottaggio da semplice genitore quindi per Alessio, o magari da tecnico? “L’istruttore lo stavo già facendo nei tre anni che ero rimasto fermo – puntualizza Alessio – seguivo il gruppo Allievi e Cadetti delle Fiamme Gialle, dalla prima volta in barca fino alla partecipazione al Festival. Poi certo, al ruolo di tecnico si affianca quello di genitore, del papà che senza troppe pressioni consiglia i figli sulla tecnica, sull’approccio a una gara… Mi piace fare l’allenatore, e aggiungo che in questi 25 anni di carriera, ho imparato cose che vorrei mettere al servizio del canottaggio azzurro, se qualcuno riterrà di chiedere il mio contributo. Penso che cinque Olimpiadi insegnino più di un pezzo di carta in cui si dice che sei diventato allenatore, per questo sarei contentissimo di seguire i ragazzi in società, così come intraprendere la carriera a livello internazionale”.