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Entrando nel clima olimpico: il ricordo del famoso “otto”  degli Scarronzoni

giovedì 19 Maggio 2016

Entrando nel clima olimpico: il ricordo del famoso “otto”  degli Scarronzoni

LIVORNO, 19 maggio 2016 Alla vigilia delle ultime prove di qualificazione olimpica in proiezione “Rio 2016”, questa settimana a Lucerna, la richiesta da parte di uno storico dello sport americano di notizie sui campioni livornesi dell’otto, i famosi “Scarronzoni” che tanto esaltarono il remo azzurro tra gli anni trenta e quaranta, ci ha portato con piacere alla rilettura delle antiche cronache. Storie di impegno e di fatica, tanta passione che esaltava i meriti dei canottieri italiani, valorizzando l’impegno dei sodalizi che portavano alle gare i campioni ancor oggi ricordati.
In più occasioni vari autori si sono cimentati a raccontare questa storia, una storia che nasceva lontano nel tempo, quando a Livorno gradevole richiamo era la voga sui “gozzi”, barche che non potevano aspirare a importanti traguardi come quelli olimpici, ma che generavano passione e richiamarono poi al successivo canottaggio di maggiore spicco i giovani livornesi.

Quei giovani che  nel lontano ‘800 risposero al primo appello dei quattordici promotori della Società Remiera “Alfredo Cappellini” fondata nel 1876, attratti dal nuovo sport che cominciava a diffondersi in Italia,  intitolandola al ricordo dell’eroico comandante della “R.N. Palestro” immolatosi con la sua nave nella battaglia di Lissa. E ben si può affermare che all’interesse dei tanti appassionati che accolsero il richiamo del nuovo sodalizio nelle tante affermazioni che seguirono, si percepisce la passione, come l’impegno massimo che aveva portato al sacrificio in battaglia di tutto l’equipaggio di quella “pirocorvetta” affondata in Adriatico. L’attenzione al canottaggio a Livorno andò a crescere, tanto che nel 1895 nasceva anche il “Circolo Nautico il Remo”, a sua volta acclamato per numerosi trionfi, mentre nel 1908 era in linea anche un terzo sodalizio, il “Club Nautico Livorno”. Furono anni importanti per il canottaggio livornese, pur se nell’interessante periodo di sviluppo potevano emergere anche problemi di gestione. Da qui l’idea di un coordinamento delle forze e nel 1915 la decisione del “Cappellini” e de “Il Remo” di unirsi in unico sodalizio. Poi la guerra, quella grande guerra che lasciò il segno su tanti aspetti della vita nazionale e nel 1919 un nuovo rassemblement con il “Club Nautico Livorno” che unisce le sue forze agli altri due dando vita alla “Unione Canottieri Livornesi”, che diverrà la grande fucina del remo olimpico.

Ai primi tempi non c’era molta carne al fuoco, ma la passione dei soci e dei dirigenti aprì una straordinaria strada al reclutamento, “contattando la gente del porto” – come ricorda Oreste Grossi nel suo “Canottaggio alla ribalta” dedicato alla nascita “dell’Otto più famoso del mondo” – gente che per ragioni di vita era sempre vicina all’acqua ed ai remi. E così fu messo in barca un primo nucleo, gente forte anche se un po’ grezza, tanto che alla loro prima regata, ai Campionati Toscani nel giugno del 1928 sul Lago di Massaciuccoli (V. Cioni, E. Garzelli, G. Del Bimbo, M. Del Bimbo, D. Barsotti, E. Nenci, E, Favilla, R. Tognaccini, tim. M. Ghiozzi) “si assicurarono il titolo, scarrozzando o scarrocciando, vogando di forza e senza tecnica, in modo tale che il nome di “Scarronzoni” fu conferito all’Otto da chi lo vide vogare quel giorno”, un amichevole soprannome vivo nel tempo. 

Oreste Grossi, uno dei protagonisti di quelle importanti regate, ricordato anche recentemente come “L’ultimo degli Scarronzoni”, scomparso nel febbraio 2008 alla bella età di 96, nel suo libro citato sviluppò il “diario” di quegli anni, da cui traiamo il riassunto dell’eccezionale percorso dal 1928 al 1948, ricordando che ovviamente alla struttura fissa dell’equipaggio nel corso degli anni furono apportate anche varie sostituzioni.
1929 – Campione d’Europa a Bydgoszcz (Polonia)
1932 – Medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles: 1^ Usa 6’37”6; 2^ Italia a 2 decimi di           secondo (dopo lungo controllo del fotofinish).
1936 – Medaglia d’argento alle Olimpiadi di Berlino: 1^ Usa 6’25”4; 2^Italia a 6 decimi di secondo;
            3^ Germania a 4 decimi dagli azzurri.
1937 – Campione d’Europa ad Amsterdam

E negli anni anche 3 medaglie d’argento agli europei 1930 a Liegi, 1931 a Parigi, 1933 a Budapest,       e nel 1938 bronzo a Milano, ed anche un quinto posto agli europei di Berlino del 1935.
Dodici volte campione d’Italia,
dal 1929 al 1941  (più due volte in Yole a 8)
Tre secondi posti
ai campionati italiani (1934 a Castelgandolfo 1^ Aniene, 2^ Scarronzoni; 1942 a Padova 1^ Aniene, 2^ Scarronzoni; 1947 a Milano, 1^ Varese, 2^ Scarronzoni.
Quindici primi posti,
tre secondi e tre terzi in regate internazionali.
E con l’attenta guida tecnica di Mario Ghiozzi (Livorno,16.09.1894 – Roma 13.01.1958), che intanto aveva passato il timone a Cesare Milani, gli Scarronzoni migliorano gradatamente anche la loro tecnica, e (continuando a dominare, pur se con qualche momentaneo cedimento) ai tricolori di Stresa 1932 vincono il loro quarto titolo con l’acquisizione della maglia azzurra per Los Angeles (e fatto curioso, in un primo momento dalla Federazione era stato decretato che non sarebbero andati in quanto “inadeguati per una prova così difficile”, ma poi la decisione (fortunatamente) fu mutata “inviandoli soltanto come premio per la dimostrata loro buona volontà”. E mai decisione fu così importante.

Intanto al timone era salito Cesare Milani, mentre a Mario Ghiozzi, un livornese taciturno che lasciava parlare i fatti, che impose ed attuò per primo in Italia il metodo naturale “Fairbairn”, seguendo il quale gli Scarronzoni, in contrasto con il loro nomignolo di origine vennero in seguito citati come modello di compostezza e di stile, alla vigilia degli impegni olimpici del 1936 veniva affidata la guida tecnica del canottaggio italiano, che mantenne fino alla metà degli anni cinquanta. E per l’incarico a Berlino si verificò una situazione curiosa: non essendo iscritto al P.N.F. ottenne nella particolare occasione una dispensa per poter indossare la divisa della nazionale.

Allo start della finale olimpica di Los Angeles erano allineate quattro barche regine: Italia, Canadà, G. Bretagna e USA. “Partenza velocissima – ricorda Grossi nel suo libro storico – e gli Scarronzoni subito in testa di un pizzico, raggiunti ai 100 m. dagli americani, che ai 500 sono avanti di mezza lunghezza, sostenuti dagli incitamenti della folla. Gli Scarronzoni però non demordono, risalgono mirabilmente ed a 200 m. dall’arrivo le due barche appaiono appaiate. Uno strappo degli Scarronzoni e l’otto italiano è in testa, gli americani reagiscono e si buttano in una lotta al centesimo sotto lo striscione. Poi il fotofinish dirà che sono primi, di un niente, per due decimi sono primi. E dopo la vampata di amarezza i campioni azzurri si quietano osservando i campioni di Cambridge da tutti ritenuti i più forti, che arrancano. Gli Scarronzoni sono secondi alle Olimpiadi, ma primi nella scala dei valori europei. Il pubblico osannò l’equipaggio italiano che era composto da Vittorio Cioni, Enrico Garzelli, Guglielmo Del Bimbo, Roberto Vestrini (*), Dino Barsotti, Renato Bracci, Mario Balleri, Renato Barbieri, al timone Cesare Milani.

E altrettanto, pur in termini di approccio diversi, si verifica a Berlino, dove ormai la fama dei precedenti risultati aveva preceduto l’arrivo dei campioni livornesi, con qualche appassionato che buttava là qualche ombra di dubbio sul fotofinish di Los Angeles, ma un buon sportivo deve inchinarsi all’autorevolezza dei giudici di gara. Ed anche a Berlino, nella finale, stessa appassionante gara ed uguale risultato finale, medaglia d’argento a ridosso degli americani (di un club diverso dalla precedente formazione) veramente imbattibili. Tanta passione – prosegue Oreste Grossi nei suoi ricordi – sudore, impegno e qualche … moccolo in vernacolo se gli allenamenti non procedevano per il verso giusto. Ma i risultati, i loro risultati sono lì, nell’albo d’oro del canottaggio mondiale. Un canottaggio che ricorda ed onora nella gara berlinese Guglielmo Del Bimbo, Dino Barsotti, Oreste Grossi, Enzo Bartolini, Mario Checcacci, Dante Secchi, Ottorino Quaglierini, Enrico Garzelli, con Cesare Milani al timone.


Ferruccio Calegari

(*) Nei ranghi della U.C. Livornesi i Vestrini erano tre fratelli, tutti con risultati di rilievo nei vari equipaggi societari. Nell’otto Roberto Vestrini, mentre i “Due Mori”, i fratelli Pier Luigi e Renzo, sono stati più volte campioni d’Italia, e agli europei 1926 a Lucerna argento nel 2 con, a Como nel 1927 oro nel 2 senza e nel 2 con (con Cesare Milani al timone) ed ancora oro nel 2 con a Bydgoszcz nel 1929 quando gli Scarronzoni con il loro fratello Roberto vinsero l’oro nell’otto, mentre nella finale olimpica di Amsterdam del 1928 nell’allungo finale Renzo cadde in acqua e la barca si rovesciò.