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Lorenzo Ventavoli, l’uomo del cinema con la passione del canottaggio

giovedì 10 Marzo 2016

Lorenzo Ventavoli, l’uomo del cinema con la passione del canottaggio

di Giorgia Garberoglio

TORINO, 10 marzo 2016 Se ieri al pubblico del Cinema Massimo di Torino fosse stato chiesto di alzare la mano per chi di loro fosse un canottiere, ecco, sarebbe stato forse almeno la metà della sala. Per il 15esimo “Piemonte Movie Glocal Film Festival” è stato proiettato “Venanzio Revolt. I miei primi 80 anni di cinema” documentario dedicato a Lorenzo Ventavoli. In apparenza si parlava di cinema, perché Lorenzo ne è parte integrante da 80 anni. In verità il fiume, e il canottaggio, c’era sempre: sotteso qualche volta, evidente, spesso. “Quando gli abbiamo proposto di fare un documentario su di lui e sulla sua vita nel cinema – dice Fabrizio Dividi, regista assieme a Marta Evengelisti e Vincenzo Greco – dapprima si è schernito, la sua modestia è straordinaria, poi ha detto che ‘conditio sine qua non’ era parlare anche del canottaggio”.

E si parte da lì. Dal fiume, raccontato in una panoramica delle acque torinesi e dalla voce di Nanni Moretti. Un filo rosso che unisce tutte le memorie di Lorenzo, per tutti i canottieri semplicemente Renzo. In una vita intrecciata indissolubilmente con quella dello schermo bianco. “Mio nonno era muratore, mio padre Giordano Bruno, antifascista, comprò il cinema Diana nel ‘31. Non si era mai occupato di cinema prima. Passavo giornate intere a guardare i film”. Ricorda Renzo, con un dettaglio di particolari che fa innamorare, chiacchierando in questo documentario con Steve Della Casa. Ma, generoso nell’animo e generoso sempre, racconta anche al Circolo, o quando lo incontri al Cinema Romano, o nei suoi uffici. Racconta sempre, generoso di storie, di aneddoti, di pellicole o puntualizzazioni storiche. Ricorda quando durante la guerra un loro cineoperatore è stato ucciso da un cecchino in via della Consolata. Di quando è sfollato nelle Valli di Lanzo. La montagna, sua altra passione.

Il documentario a colpi di remo, che cadenzano il ritmo (con il rumore del fruscio delle pale, e il tonfo del remo in acqua, quasi a guidare lo spettatore, anche digiuno di fiume), scivola su tutti i ricordi di questo uomo che è stato esercente, distributore, produttore, storico, presidente del Museo del Cinema e del Torino Film Festival, persino attore. “Mimmo Calopresti mi ha voluto fortissimamente per una sua pellicola – ricorda Renzo – poi mi ha visto recitare e mi ha detto che ero un cane”. Sempre autoironico, ironico, divertente. In sala c’era anche un suo amico, compagno di viaggi e di avventura, ma soprattutto di barca, Vittorio Soave, per tutti – sul fiume – “Toio”. Seguiva la pellicola e ne affiancava un controcanto, riempiendolo di ulteriori dettagli. La cultura, smisurata, dal cinema appunto, alla pittura, letteratura, alla danza e la musica, si incontrava in barca. Amicizie di otto, di raid, di gare.

“Ho iniziato canottaggio a 18 anni – dice Renzo sullo schermo – non ho mai smesso”. Vero, lui e Toio hanno gareggiato anche a questa ultima D’Inverno sul Po. Il cinema: ottant’anni sono difficili da riassumere, da “Ombre Rosse” a “Biancaneve”, da “Sepolta viva” a “Il settimo sigillo”, i ricordi sui film proiettati in tempo di guerra, la censura, i film ungheresi, quelli americani, le pellicole imbastite su una canzone; dall’incendio della pellicola al cinema Dora ai testi per l’avanspettacolo al Romano (si firmava Venanzio Revolt, da qui il titolo del documentario). E ancora l’incontro con la Nouvelle Vague, la fondazione della Medusa, le risate con Buñuel, e poi Truffaut, la prima multisala (“Mi dicevano che era una pazzia”). Mille storie che si completano sempre nel fiume e sul fiume: “Sul Po sono tornati i germani, e gli aironi grigi e bianchi”.

Le immagini conclusive sono di un raid Torino Londra. Chiosa Vittorio Soave, di cui è appena scemata sullo schermo una sua foto con cappello di paglia: “Deve essere il Raid del 1975. C’eravamo Renzo, io, Beppe Girone, Gigi Matteoli, Piergiorgio Zeppegno, Ugo Saccone, Umberto Mauro, Sergio Morcaldo Giuseppe Ottavio Oddone, detto ‘Spazzola’. Renzo era al due, perché lui è soltanto pari. Io ambidestro un po’ al tre un po’ al 4. Beppe Girone capovoga”. Impossibile dimenticare i carrelli, perché il canottaggio resta, per sempre e in ogni momento. Il protagonista della serata non c’era, si è ammalato e come ha detto suo figlio Bruno “L’abbiamo dovuto ributtare nel letto”. Renzo Ventavoli è quindi intervenuto al telefono, salutando il suo pubblico. E la sala piena (di canottieri, tanti) ha ricambiato con mille applausi. Un documentario che racconta un pezzo di storia del cinema italiano, va assolutamente visto. Magari nei circoli, sul fiume. Renzo ha vogato ovunque, quindi si sente sicuramente sempre a casa. Basta che ci siano remi e barche. E uno schermo.

Nelle immagini: Lorenzo Ventavoli al Circolo Canottieri Cerea, nella foto del fotografo Davide Greco; sala piena al Cinema Massimo di Torino, per “Venanzio Revolt”; Lorenzo Ventavoli fotografato da Davide Greco; un’altra immagine di Lorenzo Ventavoli; Lorenzo Ventavoli con Steve Della Casa in un fotogramma del film

ESTRATTO DEL FILM per Gentile concessione della Dinamovie Pictures