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Intervista a Lisanna Bartolovich

giovedì 15 Ottobre 2015

Intervista a Lisanna Bartolovich

TRIESTE, 16 ottobre 2015 – Lisanna Bartolovich, giovane allenatrice di canottaggio, tesserata per la Canottieri Trieste, è stata scelta dalla nazionale italiana di Pararowing per fare esperienza nella squadra azzurra che ha come obiettivo i Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro 2016. “Dopo aver praticato dieci anni la pallavolo, ho iniziato a remare presso la Canottieri Trieste nel 2010, guidata da Valentina Mariola, così mi sono allenata l’estate e l’inverno successivo. Nel 2011 ho iniziato la mia stagione agonistica gareggiando come esordiente, nello stesso anno, insieme ad Eloisa Dutra abbiamo vinto il campionato italiano nel doppio femminile nella stessa categoria. Ho continuato  con l’agonismo fino l’anno successivo. Prima di conseguire il brevetto di allenatore di primo livello, ho partecipato a diverse iniziative sportive con ragazzi diversamente abili presso la Calicanto onlus, e presso l’ANFFAS di Trieste. Da 4 anni seguo i corsi estivi e da un anno e e mezzo aiuto negli allenamenti e trasferte la squadra agonistica. Sto per conseguire la laurea in scienze e tecniche psicologiche, e nello stesso tempo ho terminato il corso triennale di counselling presso l’istituto Gestalt Trieste. Infine è da tre estati che lavoro come istruttrice educativa presso i ricreatori comunali di Trieste. Mi sto preparando per conseguire il brevetto di secondo livello proprio in questi giorni”.

Come ti sei avvicinata al canottaggio e che cosa ti ha attratto di questo sport? “Mi sono avvicinata al canottaggio tramite amici. Di questo sport mi ha entusiasmato soprattutto la possibilità di stare all’ aria aperta e il contatto con il mare”. Che ruolo ricopri nella tua società? “Sono allenatrice di I livello”. Quando e come hai scoperto il Pararowing? “Ho scoperto il pararowing tramite la mia allenatrice, Valentina Mariola,  attraverso una serie di iniziative in collaborazione con le società Adria e Saturnia rivolte alla promozione di questa disciplina, per poi fare uno stage a Roma presso la nazionale italiana di pararowing”. Quali differenze dal canottaggio “abile”? “Quello che cambia sono i tipi di adattamenti della barca all’atleta, in relazione al tipo di disabilità, ma non sicuramente la grinta e la voglia di fare: l’energia e l’entusiasmo di questi ragazzi è incredibile, tramite lo sport hanno ritrovato la motivazione, anche di vita”. Raccontaci della tua esperienza con la nazionale Pararowing “E’ stata un’esperienza costruttiva, di crescita personale. Mi sono integrata subito sia con gli atleti che con i tecnici. Sono stati tutti gentilissimi e molto disponibili. Mi hanno trattata come una di loro, ho seguito dando una mano, gli allenamenti, e osservato il percorso che porta ad un evento così impegnativo come il mondiale”. Che ruolo ha avuto il Comitato Regionale Federcanottaggio FVG (e d’Ambrosi) in questa tua “avventura”? “Ho avuto modo di vivere questa esperienza grazie al Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia. Massimiliano D’Ambrosi in particolare, mi ha assistita durante la mia permanenza a Roma e ad Aiguebelette, occupandosi totalmente degli aspetti organizzativi”.

Perchè secondo te questo settore non ha ancora trovato il suo spazio in regione? Ci sono società che si stanno avvicinando? “Sicuramente per avviare un’attività di questo tipo sono necessarie attrezzature particolari, soprattutto per la sicurezza degli atleti. Inoltre c’è bisogno di strutture adeguate a livello di barriere architettoniche per accedere agli spogliatoi, alle docce, ai pontili..  quindi comporterebbe un’investimento notevole di energie”. Pensi possibile trasferire le tue conoscenze, i tuoi entusiasmi per il Pararowing a Trieste? “Spero che la mia esperienza possa esser l’inizio di un percorso che un giorno, porterà alla formazione di una sezione pararowing più strutturata in regione”. I tuoi progetti futuri con il Pararowing? “Ancora non saprei,  Sicuramente mi piacerebbe poter mettere in pratica quello che ho appreso. Sopratutto perché si tratta di creare un percorso a 360° per gli atleti, anche dal punto di vista riabilitativo. Perché quello che mi ha affascinata sono state le storie di due ragazze,  dove non si trattava solo di allenamento, per loro era un percorso di recupero di abilità, sia dal punto di vista psicologico che fisico,  ed è questa alla fine l’essenza del lavoro,  se manca questa parte qui,  non si può arrivare lontano e raggiungere gli obiettivi”. 



Ufficio Stampa Comitato FIC FVG