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Plovdiv Capitale Europea del Cultura 2019

domenica 26 Luglio 2015

Plovdiv Capitale Europea del Cultura 2019

PLOVDIV, 26 luglio 2015 – La prima capitale europea della cultura fu Atene, nel 1985, e la seconda Firenze, nel 1986. Poi, per l’Italia, ci sarebbero state Bologna nel 2000 e Genova nel 2004 e, nel 2019, toccherà a Matera, che condividerà il titolo di capitale europea della cultura con la bulgara Plovdiv. Sarà la prima volta per una città bulgara, un Paese europeo e una città tra le meno conosciute dagli europei. Eppure, come dice lo scrittore Nedyalko Slavov, è in Bulgaria che si trova “la più antica città europea vivente”, con i suoi ottomila anni di storia, coeva di Troia, di Micene e delle città dell’isola di Creta, una città che per la mitologia fu fondata dal re trace Eumolpo – secondo alcuni figlio di Emo e di Rodope, secondo altri di Poseidone e di Chione – e per questa ragione nel XII secolo avanti Cristo fu chiamata Eumolpia. Plovdiv è questa città. E al di là delle discordanze della mitologia, Emo e Rodope si chiamano ancora oggi le due montagne in cui vennero trasformati per punizione i genitori di Eumolpo, che grazie alla loro rara bellezza avevano osato spacciarsi per Zeus ed Era.

Due montagne, Emo e Rodope, che stanno a indicare l’intera penisola balcanica, che i greci e i bulgari ancora oggi chiamano anche “penisola di Emo”. I primi, perché la mitologia è cosa loro. I secondi, perché sono rimasti indifferenti all’uso denigratorio del termine “balcanico” – quale sinonimo di disordine, frammentazione, conflittualità permanente di tutti contro tutti – e ne vanno anzi orgogliosi al punto che, unici tra tutti i popoli balcanici, quasi non hanno istituzione, impresa, associazione, ente, che non abbia inserito la parola Balkan nella propria denominazione. Questo orgoglio, questa fierezza, vengono da lontano, da quella Tracia che generò Spartaco e conobbe lo splendore dell’Impero romano e da quella Bulgaria a cui i fratelli tessalonicesi Cirillo e Metodio diedero un alfabeto e una lingua nuova, il cirillico, che fu il pilastro della religione cristiana e ortodossa. La particolarità di Plovdiv, ai suoi tesori archeologici, gli edifici di culto, le sue tradizioni, le facce della gente, sono le coloratissime case del centro storico costruite tra il XVIII e il XIX secolo, sul finire della dominazione Ottomana che, con la loro particolare struttura architettonica, hanno dato vita a uno stile, definito “Casa di Plovdiv” meritando, per la città antica, il riconoscimento Unesco di patrimonio dell’umanità.

Plovdiv risulta più antica di Atene e di Roma, dunque, Plovdiv la più antica città d’Europa che l’Europa a malapena sa dove si trova, Plovdiv che cambia nome nel 342 a.C., quando viene conquistata da Filippo II il Macedone, il padre di Alessandro Magno, che dà sfogo alla propria vanità e la chiama come lui, Filippopoli, proprio come aveva fatto nel 356 a.C. con Filippi, in Macedonia (luogo della famosa vittoria di Ottaviano e Antonio su Bruto e Cassio nel 42 aC), e oggi grande sito archeologico attraversato dalla Via Egnatia, che percorriamo per andare a Plovdiv. I Traci, dopo la fine dell’impero di Alessandro, chiameranno la città Pulpuveda, nella loro lingua, ma giusto fino all’arrivo, nel 72 aC, dei Romani, i quali, ventisei anni dopo, quando la Tracia diventa provincia romana, la ribattezzano Trimontium, perché la città è adagiata su tre colline, anche se in realtà è attraversata dal fiume Maritza, come Roma dal Tevere, e il luogo in cui sorge ha sette colli proprio come la capitale dell’Impero romano.

Con la breve parentesi di Khan Krum compare, per la prima, volta il nome Plovdiv (nell’812), che poi, dopo i centocinquant’anni di dominio bizantino, diventa Filibe con gli Ottomani, che conquistano la città e il Paese nel 1364 e se ne andranno dopo oltre cinquecento anni. Una città che, con i suoi 500 mila abitanti, è la seconda della Bulgaria dopo la capitale Sofia, ma la prima a essersi scrollata di dosso il grigiore dell’ancien régime, ci si perde tra musei, gallerie d’arte, accademie musicali, siti archeologici, chiese e monasteri ortodossi, chiese cattoliche, moschee e sinagoghe. Una città in cui si vede anche tanta romanità con grande stadio da 30 mila spettatori per i giochi atletici e le corse dei cavalli, il teatro da settemila spettatori del II secolo dC, imperatore Traiano, il Foro e gli splendidi pavimenti a mosaico dello stesso periodo, sembrano insistere nel ricordare che questa parte dell’Europa era Tracia e Macedonia, e vi si parlava greco, che era la lingua ufficiale anche per i Romani.

Terminando questa digressione storica ci piace ricordare che l’antico Spartaco, orgoglio della Tracia, nato a Sandanski, è raffigurato da una statua in bronzo alta sette metri, ma senza la spada, e allora ecco arrivare in suo aiuto lo Spartaco nostrano che, senza spada che serviva al suo omonimo per combattere, brandisce remi e contacolpi per combattere contro le nazioni che vogliono superare i “suoi” uomini nelle moderne naumachie.