Da Milano il Dopolavoro Magneti Marelli. Dalla Canottieri Padova il presidente ing. Boscolo, che purtroppo pagò con la vita il suo impegno
MILANO,
26 novembre 2014 - Il
canottaggio italiano in questi
giorni ha voluto esprimere con la
regata “via le mani” un sentimento
di solidarietà a persone che in
certe, purtroppo gravi occasioni,
hanno pagato di persona azioni di
forte gravità, in un clima di
tensione sociale che spesso si
accanisce verso i più deboli. In
questo caso la tensione verso la
fascia più debole era di natura
umana. I canottieri, abituali ad
agire aiutandosi vicendevolmente,
hanno la capacità di esprimere con i
fatti la loro volontà di essere
espressione di un mondo civile, in
cui danno orgogliosamente
dimostrazione di valore in ogni
direzione.
E vogliamo ricordare a distanza di
63 anni dalla disastrosa alluvione
del Polesine di fine 1951, le cui
gravi conseguenze sono state
ricordate nel recente periodo per la
nuova pericolosa piena del Po [anche
con l'accompagnamento di immagini
altrettanto gravi da numerose
regioni italiane], quando – ed erano
numerosi – i gruppi di canottieri e
canoisti italiani allora si
impegnarono nei soccorsi.
All'Idroscalo di Milano era fiorente
la sezione dei canottieri del
Dopolavoro Magneti Marelli,
organismo sportivo oggi non più in
attività, che mise a disposizione un
gruppo operativo per i soccorsi,
basandosi anche sulla capacità di
azione ai remi dei vogatori su
barche di grossa portata.
Ottenuta l'autorizzazione della
direzione aziendale, il gruppo
composto dal presidente Lindo
Santambrogio, che fungeva da
capospedizione, con i consoci Ivano
Botton, Piero Brambilla, Giuseppe
Fraschetti, Sandro Inglese,
Salvatore Abordi, Angelo Renesto,
Mario Rossi, e Carlo Perego che
guidava il camion (aziendale) con 4
imbarcazioni, l'equipaggiamento
operativo, nonché materiale di prima
necessità. Dopo varie peripezie
(interrotta anche la strada tra
Vicenza e Padova) si presentarono
alla Prefettura di Padova, dove la
delegazione militare diretta dal
Col. Vizitano constatava che la loro
struttura nautica era idonea per la
zona di Corbola, li faceva ripartire
via Monselice, Nogara, Ostiglia,
Ferrara, Codigoro (pensate che giro:
praticamente un viaggio di due
giorni da Milano, che oggi si
risolverebbe in poche ore). A sera
arrivarono all'approdo militare di
Corbola, da dove il mattino dopo, in
base alle disposizioni del Comando
militare le 4 imbarcazioni partivano
(a remi) alla volta di Adria.
“Durante
tutta la giornata – riferisce un
diario dell'epoca, ripreso da “Il
Canottaggio” - sotto una pioggia
incessante ed in mezzo ad una
fittissima nebbia, i componenti la
spedizione si sono prodigati nel
trasporto di vettovaglie e nel
salvataggio di persone e
masserizie”. E nel corso della
giornata intanto il loro automezzo
veniva impiegato per il trasporto di
donne e bambini da Ponte di Corbola
a Codigoro e Ferrara.
Nel corso
della seconda giornata operativa, a
causa della forte corrente e dei
detriti trascinati dal fiume una
delle imbarcazioni subì la rottura
di 3 remi e con non poche difficoltà
per il forte vento riuscì ad essere
agganciata dagli altri equipaggi e
condotta in salvo con tutto il suo
carico di persone e cose. Alla fine
della terza giornata di intenso
impegno (e con poche ore di riposo
nella notte), essendo arrivati gli
operatori del Genio Pontieri con
mezzi motorizzati di maggiore
portata e più veloci, la missione di
soccorso milanese cessava il suo
compito. Ma anche il rientro non fu
semplice: costretti a pernottare a
Modena vinti dalla fatica e dal
freddo, rientrando a Milano il
giorno successivo. E al capo
delegazione furono consegnate
attestazioni dalla Parrocchia di
Santa Maria Maddalena di Corbola sui
servizi operativi di trasporto di
donne e bambini in cooperazione con
la Pontificia Opera di Assistenza,
mentre il Generale Paolo Petroni,
comandante delle operazioni nella
zona rilasciava altra attestazione
per il servizio effettuato
dall'automezzo, barche e 8
operatori, “autorizzandoli” a
rientrare a Milano.
E' l'animo del canottiere, che in
ogni circostanza sa esprimere gesti
di solidarietà, ed in questi anni
più volte se ne è avuta
testimonianza.
Ma i vecchi canottieri ricordano
pure che in qualche circostanza tali
impegni ebbero anche non felici
conclusioni. Il Polesine anche negli
anni successivi ebbe a patire nuove
intemperanze per le esondazioni del
Po, la grande arteria vitale che sin
dall'antichità ha consentito gli
spostamenti di genti e di merci e
che in più occasioni è andato fuori
dagli argini. Cosa accaduta anche
nel 1953, due anni dopo la grande
esondazione del 1951, furono a
rischio nuovamente altre zone del
Delta del Po ed il presidente della
Canottieri Padova, ing. Umberto
Boscolo, già attivamente impegnato
nella prima circostanza per la sua
esperienza nel campo idraulico e
minerario ed in particolare nei
lavori di bonifica, anche nel 1953
fu in prima linea nella zona di
Isola Camerini, dove purtroppo
riportò una violenta infezione che
in pochi giorni ne stroncò la sua
pur forte fibra, vittima
nell'impegno solidale.
Ferruccio Calegari