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Giornalisti per caso: ovvero di interminabili controlli e caffè dispettosi

venerdì 5 Luglio 2013

Giornalisti per caso: ovvero di interminabili controlli e caffè dispettosi

KAZAN, 05 luglio 2013 – La Russia del Cremlino e degli zar, del caviale e della vodka, delle Zenith comperate a poco prezzo, ai colbacchi nel grande magazzino vicino alla Piazza Rossa, dello splendido campo di gara, dei remi ancora di legno da raspare per portare a misura le impugnature, questo mi era rimasto dell’unica mia trasferta a Mosca, risalente a 36 anni fa. A distanza di così tanto tempo, ritorno dalla Grande Madre Russia che si prepara ad accogliere le Universiadi di Kazan, con uno spiegamento di forze ed un impegno economico ed organizzativo da paura. Iniziava giovedì mattina la mia nuova avventura che per il grande Paese in cui andava a svilupparsi, rendeva la stessa un’incognita ai più a me invece curiosità e grande attese per un evento importante.

“Sono al Terminal 3, banco 361”, mi informava giovedì mattina Claudio, mentre assonnato per aver voluto allenare i miei prima di partire, ero sceso dal volo che mi portava nella nostra capitale dalla quale saremmo partiti per Kazan. Al chek in il mio compagno di viaggio mi consegna passaporto con un bel nuovo visto che occupa tutta la pagina, e gli incartamenti, assicurazione sulla mia persona compresa, che rassicurante, garantisce anche il rimpatrio della salma (la mia… accidenti a loro!).

“Il bagaglio arriverà a Mosca, dove dovrà essere da voi ritirato. Lì ci sarà un controllo a campione della dogana russa, dopo il funzionario vi dirà su quale nastro metterlo per spedirlo a Kazan.” Beh…un controllino del genere è normale…e ci allontaniamo per cercare di farci fare delle fotocopie, che in un aeroporto come Roma, riesce solo al terzo tentativo, visto che la maggior parte delle fotocopiatrici, destino…erano fuori uso (epidemia?). Ok. Fatta. Andiamo all’imbarco, che causa la crisi economica diffusa, vede file chilometriche (anche di vacanzieri) che per fortuna saltiamo all’apertura di un nuovo sportello. Via dai…tutto nel cestino, laptop, cintura, orologio, marsupio, zaino…e che sarà mai…routine…e passiamo oltre.

Saliamo sul volo per Mosca…una tratta sufficientemente lunga, con l’aereo al completo con atleti, accompagnatori, turisti e neonati urlanti (in russo ovviamente…). Copertine blu sui sedili…In prima classe le hostess chiudono le tendine di separazione con la nostra. Curioso: cosa staranno dando ai più ricchi del volo per non farcelo vedere? Il servizio di bordo ci somministra prima da bere, poi uno snack ed infine ancora da bere. Lo steward accidentalmente versa il caffè bollente sui pantaloni di una signora italiana nella fila davanti alla nostra. La donna fa un salto sollevando le terga dal sedile causa la temperatura della bevanda ed il fatto che l’indumento bagnato non è il massimo per un viaggio ancora lungo. Succede. Il personale di bordo si prodiga nell’aiutare la malcapitata, scusandosi ripetutamente, mentre, nella disavventura un sorriso abbozzato come quando vedi uno cadere in modo buffo. Lo so, non è giusto, ma penso sia spontaneo. Ok. Stiamo finendo di consumare quando accidentalmente Claudio si versa il caffè sui pantaloni…La bevanda si spalma omogeneamente sulle braghe di lino, assumendo una tonalità leggermente diversa … lo aiuto con delle salviette rinfrescanti, tanto oramai il danno è fatto. Equilibri precari, o caffè dispettosi hanno mietuto la seconda vittima, mentre tengo il mio bicchiere saldamente in mano per non essere io la terza. Il volo procede. Portiamo gli orologi due ore avanti, così è il fuso orario della località meta del nostro viaggio.

Arrivati. Controllo: Via dai…tutto nel cestino, laptop, cintura, orologio, marsupio, zaino…e che sarà mai…routine…e passiamo oltre.

Vediamo i primi volontari delle universiadi, sorridenti, che ci vengono incontro. Ci aggreghiamo ad un gruppo di atleti ed accompagnatori in partenza anche loro per le Universiadi, mentre un consigliere Cusi racconta a Claudio che cosa sia il Centro Universitario Sportivo Italiano e come faccia a selezionare le squadre per mondiali universitari ed universiadi…”interessante”…Controllo passaporti e visto…routine…Il gruppo a cui ci accodiamo ha un tecnico russo che padroneggiando il suo idioma, slalomeggia portandoci ad arte tra hostess e volontari al posto giusto. Nella grande sala del chek in siamo affidati ad altri volontari: riconsegniamo il bagaglio: vorrebbero anche lo zaino che però difendiamo con i denti…Si unisce a noi Ubaldo, arbitro di pallavolo simpatico. Ci spostiamo verso i gate di partenza mentre bisogni fisiologici e un discreto languorino si fanno sentire. In un aeroporto così grande, fila per fare la pipì. Il volo non è ancora uscito e decidiamo per mettere qualcosa sotto i denti sempre si riesca a pagare: niente euro, solo rubli. Ok, per fortuna accettano l’american express di Claudio. Pollo (con tanto aglio) e patatine, un pezzetto di dolce…acqua. Ubaldo prova il vino russo. Si lascia bere…Sono quasi le 23 e l’aeroporto è pieno zeppo. Ci avviciniamo al gate 11: pullula di atleti pronti all’ultima tratta fino a Kazan. Oltre agli italiani, vedo Messico, Ungheria, Bahamas, Jamaica, Mongolia, tanti giovani, alcuni non si direbbe nemmeno universitari.

Saliamo sul nostro aereo. “Ma questo è un super aereo!” Fa Claudio meravigliato della limousine del cielo sulla quale ci imbarcano per un volo interno. In effetti, la necessità di trasferire un numero così importante di persone, ha fatto sì che l’Aerflot mettesse a disposizione un airbus davvero superlativo. Partenza. Il sonno presto ha ragione di molti. L’aereo atterra a Kazan lievemente in ritardo: è la 1,45. La maggior parte è in piedi, ritira i bagagli dalle cappelliere. Poi l’annuncio di mettersi a sedere comodi comodi. Quaranta minuti di attesa per dar tempo di scaricare i bagagli dalla stiva. Musi lunghi ed occhiaie, ma tutti al loro posto. Finalmente si scende. Sono le 2,30. Ci avviamo al controllo: …tutto nel cestino, laptop, cintura, orologio, marsupio, zaino…e che sarà mai…routine…e passiamo oltre. Al ritiro dei bagagli un’attesa interminabile, con il miraggio dell’hotel, ma soprattutto del letto, sempre più distante. Fuori un corridoio di volontari applaudono a chi passa con il bagaglio in mano. Noi per gli applausi dobbiamo ancora aspettare. Sono quasi le 3 quando applaudono anche noi, mentre cerchiamo ai banchetti come raggiungere il nostro albergo, anche se i nostri presentimenti ci dicono che dovremo prima passare per l’accreditamento. Troviamo chi ci dà le indicazioni corrette, e ci accompagna ad un pulmino dove una giudice tailandese attende già da un po’. Intanto, e sono passate di poco le 3, albeggia! Si unisce a noi Nikolas un giudice arbitro di canottaggio francese. Alla fine, il mezzo parte ed a velocità controllata (ci sono pattuglie lungo le strade), ci accompagna nella sede dell’accreditamento, per strada grandi immensi spazi verdi, il Villaggio Universitario, e finalmente arriviamo.

All’entrata la polizia locale. Un addetto passa un attrezzo sotto il pulmino facendone il perimetro, controllando immagino non ci siano ordigni (!!), poi nel piazzale scendiamo, veniamo presi in consegna dai volontari, che ci portano ad un altro controllo: tutto nel cestino ancora una volta cintura, orologio, marsupio, controllo ancora una volta del passaporto…e che sarà mai…routine…e accidenti a ‘sta routine delle 3,30! Ci accompagnano all’accreditamento. Ci consegnano il tesserino che ci darà libero accesso un po’ ovunque. Siamo stravolti. Nikolas si sta provando il vestiario che danno ai giudici: vestito grigio, due camicie bianche, scarpe…Sarte solerti accorciano il fondo dei pantaloni, cuciono, aggiustano. Noi vorremmo raggiungere il Golfstrim Hotel in Azinskaya 2. Risaliamo sul pulmino che ci ha accompagnato, ma dobbiamo aspettare gli altri due. Oramai è giorno. Stiamo per abbioccarci sui sedili quando la volontaria di turno ci propone di cambiare mezzo. Un enorme pullman accompagnerà me e Claudio all’albergo. Saliamo fiduciosi. Si parte. Il tragitto è lungo e la velocità è bassa. Ad un certo punto, il mezzo si ferma. Due volontarie sul ciglio della strada stanno, credo, aspettando un passaggio. Noi sempre dentro in attesa. Dopo un quarto d’ora ci vengono a prendere. L’albergo è lì dietro. Consegniamo i documenti, organizziamo la giornata, e saliamo ognuno nella sua camera. Sono le 5 passate, la luce irrompe prepotentemente nella mia stanza. Per fortuna, prima di entrare in bagno non c’è nessun controllo documenti… Mi sdraio quasi vestito, mi addormento subito. I pantaloni di Claudio hanno assunto un colore uniforme…quasi non si vedeva la macchia del caffè…Kazan…aspettaci…

Maurizio Ustolin