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L’altra metà del cielo

lunedì 14 Ottobre 2013

L’altra metà del cielo

ROMA, 14 ottobre 2013 – Non si era mai visto nella storia millenaria di Roma tanto entusiasmo per una regata di canottaggio. Complice l’ottobrata romana, una “location” davvero unica e soprattutto un nutrito gruppo di donne scese in acqua senza timori reverenziali per ottenere il classico miracolo italiano. Ha vinto, come nei pronostici, l’equipaggio azzurro che ha spinto il proprio otto yole a velocità vertiginosa, ma dietro non c’è stato il vuoto, solo una manciata di secondi, anzi in qualche occasione di decimi di secondo. Gabriella, Sara, Valentina, Diana, Sveva, Enrica, … non si sono risparmiate. La posta in gioco era molto alta: occorreva partecipare per far vincere la convinzione della sacralità dell’ universo femminile, minacciato dal più bieco dei reati: il femminicidio.

Scendere in acqua per dire no alla violenza di genere non è cosa da poco, ma implica il coinvolgimento di tutti quei valori morali che sono alla base dell’ esistenza umana. Alle 9,30 di una mattina calda ed assolata i giudici di regata, che per l’occasione hanno rinunciato ai loro rimborsi per devolverli a favore di “Casa Luciana”( la struttura che ospita donne vittime di violenza), hanno dato il via alle regate che si sono succedute con un ritmo serrato. Ma a farla da padrone è stato l’entusiasmo che è salito alle stelle quando l’ equipaggio della “Nazionale Attori” ha sfidato le campionesse in rosa. Non si era mai visto tanto pubblico in riva al Tevere per una gara di canottaggio e nella zona di arrivo le architetture severe di Castel S.Angelo contrastavano con i colori e la festa.

Una festa contagiosa che ha sorpreso tutti, cominciando dal presidente federale Giuseppe Abbagnale con il vice presidente federale Marcello Scifoni, artefice della manifestazione, e Stefano D’Elia vice presidente del Comitato regionale Lazio. Tutti impegnati a svolgere il ruolo organizzativo che gli competeva, ma tutti partecipi degli avvenimenti che si succedevano nel “parterre”. Il Tevere ha dato il meglio di se: una corrente costante ed un contesto unico al mondo. Per fare canottaggio basta poco: due boe per la partenza, due boe per l’arrivo e la voglia di battersi per una medaglia.

Tutto questo c’è stato, condito dalla genuina passione e dalla tecnica di voga raffinata. Lo spettacolo non è mancato ed anche i distratti non hanno potuto fare a meno di osservare incuriositi. In scena c’erano le donne, solo donne che chiedevano il rispetto del proprio diritto di vivere serenamente. La violenza di genere uccide a vari livelli: da quello della personalità a quello della mancata realizzazione personale, fino ad arrivare alle forme estreme di cui sono ricche le cronache. Una regata per testimoniare la civiltà ed il rispetto che l’idea di sport porta con se, senza reticenze o tentennamenti, ma con le certezze del confronto leale e disinteressato.

Questa volta, però, regatare ha avuto direttamente il senso di aiutare le donne in difficoltà. Presto sapremo con precisione quanto sarà il contributo che le atlete hanno destinato a “Casa Luciana” tenendo conto che si è cercato di risparmiare su tutto per far si che l’aiuto concreto potesse essere in qualche modo significativo. Tutti hanno lavorato gratuitamente per realizzare una occasione non solo di sport, ma di autentica civiltà. La speranza di tutti è che l’obiettivo sia stato raggiunto. Nel frattempo si pensa già alla edizione 2014 di “Via le Mani”.

Giuseppe Lattanzi