News

Lacrime, sogni e stelle

lunedì 9 Agosto 2010

Lacrime, sogni e stelle

ROMA, 09 agosto 2010 – Troppe lacrime. Da un lato la gioia, dall’altro la delusione: sono, guarda caso, le due facce delle medaglie. Ciò che è stato e forse non doveva essere. Ciò che forse doveva essere e non è stato. Non si fa la storia con i sé e con i ma. L’umiltà, la forza di volontà, il desiderio di non accontentarsi se non della perfezione (che non esiste). Ma, più di ogni altra cosa, è la fame di vittorie che spinge i nostri Junior a pensare sempre in grande, a voler metter le ali a tutti i costi come i neocampioni del mondo under 23.

Dalla Bielorussia alla Repubblica Ceca, c’è un filo conduttore, qualcosa di concreto che lega le squadre giovanili. Il desiderio di emergere, non specchiarsi mai per vedere quanto si è belli ma guardare sempre oltre e traguardare il proprio futuro in grande. Ventidue ragazzi (su 29) in medaglia significa che il Gruppo di Racice merita a pieno titolo la G maiuscola. Gioie e difficoltà si superano prendendosi per mano andando al di là di ogni metafora. Solo soffrendo insieme si impara a volare.

Il silenzio per il quattro di coppia: tre di loro, Baluganti, Ferracci e Calamaro, parlano pochissimo e preferiscono spendere tutte le loro energie per il decollo. Manzoli (secondo Mondiale) è il pragmatico della barca: tutto ha una logica per il diciottenne di Cremona. Balu viene dall’Elba, felice scoperta di Leo Pettinari, ed è un motore potentissimo. Il ternano Ferracci capovoga tutta la vita perché sa bene quando innestare il turbo. E il napoletano Marco Cal? Un sorriso stampato in faccia cela una grande cattiveria agonistica. L’argento della forza nella finale più veloce vinta dalla Germania.

Giada ed Elena, le gemelle diverse. L’una sembra fatta per l’altra, una barca che nei 1000 metri centrali è irresistibile tanto è curato l’assieme in ogni suo minimo dettaglio. Futuro da Senior per Giada, da PL (ma ancora un anno da Junior) per Elena che fanno tesoro dell’esperienza di Brive vivendo un Mondiale da protagoniste. Sorprese solo dalla Francia che a dire il vero sorprende tutti e non solo loro. Che partenza e che finale! Chapeau. Ma l’inaspettato dominio francese non cancella la gioia delle nostre ragazze, felici per aver tenuto a stecchetto le teutoniche, e festeggiano insieme a Trudy, l’immancabile orsetto che Josy porta sempre con sé nel suo zainetto sin dai tempi dei lanci a Marit e Kirsten. L’argento dell’eleganza.

Quel furetto di nome Pietro Tassan dice bene. “Chi ha più palle vince!”. Si, timo, hai ragione. A dire il vero questa Svizzera scopre le sue carte dalla batteria ma Max, Mauro, Davide e Nikolas tirano fuori tutto. I rossocrociati meritano la vittoria ma il verdetto del campo non scoraggia gli azzurri che stroncano le velleità dei cangurini australiani, costretti stavolta a saltare più in basso. Un ‘quattro con’ azzurro mai domo, capace di confermare in pieno le buone sensazioni della vigilia e crescere giorno dopo giorno. L’argento della tenacia.

A proposito di crescita, il doppio di Emanuele ed Edo è il migliore esempio di come si possa far saltare il lucchetto delle cassaforti più impenetrabili. Prendete il loro equipaggio, quinto a 500 metri dal traguardo. Grecia e Romania non sono certamente due sparring partner, venderebbero l’anima al Diavolo piuttosto di far passare l’Italia. Così forse è ma non basta, non basta perché “amor vincit omnia”, l’amore per il canottaggio che porta magari ad accettare sfide difficilissime in una specialità dove i pezzi da novanta si sprecano. Un pianto sincero per entrambi. Il bronzo del voler crederci sempre.

Bravo Manuel, il gigante buono di Calcinaia: un tenerone di oltre due metri che va in finale quattro anni dopo Bruno Rosetti. Generose Arianna, Sara, Gaia, Cecilia e Paola che danno il massimo nelle loro gare non sfigurando. Davide sempre concentrato e pronto a intervenire in caso di bisogno.

Cosa dimentichiamo? La “felicità faticata”, si proprio quella di Brive La Gaillarde dove la festa per il bronzo iniziò sul pontile e durò tutta la notte. Parliamo ovviamente dell’otto, un otto che raggiunge la zona premiazione con la lacrime agli occhi, le lacrime di chi per 2000 metri si sente sprofondare verso l’Inferno. Un cox box non funzionante. Enrico afono, grida grida ma dal terzo carrello in avanti non ti si sente. Peppe ed Enzo arrabbiati e senza parole, Roby e Marco in lacrime. I nuovi (Fabio, Simone, Bernardo e Teo) stanno un pochino meglio ma anche nelle loro facce è scolpita la delusione. Dopo la batteria (vinta, come nel 2009) le speranze si moltiplicano e si sente forte il profumo dell’oro. La Germania non sembra esser il mostro degli ultimi tre anni. La Gran Bretagna e la Romania già battute. Gli Stati Uniti per poco ci lasciano le penne nel recupero, per un pelo risucchiano la Russia. La gara della vita non arriva, troppe difficoltà e l’inno americano si ode a fine gara. Come è strana la vita. Gli americani erano una fontana di lacrime a Brive, l’Italia li aveva preceduti per soli 12 centesimi cacciandoli giù dal podio. Per un battito di ciglia, perché gli azzurri li avevano controsorpassati a pochi metri dal traguardo. Ieri, invece, mano sul cuore e sorrisi a 360 gradi. Sorrisi anche per i tedeschi, altezza media 1,97, che poi tanto allegri non dovrebbero essere perché passano alla storia come coloro che perdono il titolo mondiale dopo tre anni. Noi invece? Gli unici musi lunghi in quegli interminabili momenti che dovrebbero esser di gloria e, invece, sono di pensieri sul perché del sogno mancato. Piangiamo, ragazzi, piangiamo anche se potevamo esser noi gli Stati Uniti di un anno fa, parte ingrata che tocca invece alla Romania per soli 18 centesimi. Sotto le tribune i rumeni passano avanti, sono galvanizzati dalle belle sensazioni della rimonta che va concretizzandosi, ma qualcosa in noi scatta senza che ce ne accorgiamo. Ci passano, sono più fluidi ma la nostra rabbia può più della loro forza. Il bronzo dell’orgoglio che c’è ma adesso non si sente. Magari si capirà tra qualche giorno, a mente fredda. Quando ci ricorderemo anche che i sogni da realizzare sono come le stelle. Magari oggi non li vediamo ma basta alzare gli occhi e sono sempre là. (MC)